Articolo a cura di Metella Orazi.
Urlando con i cannibali è il secondo libro di Lee Maynard pubblicato da Mattioli 1885 della cosiddetta trilogia di Crum, dal nome dealla cittadina americana situata sul confine tra West Virginia e Kentucky.
Urlando con i cannibali
La vita è monotona per gli abitanti di Crum e in particolare per Jesse Stone, che non vuole finire a spaccarsi la schiena in una delle miniere di carbone del paese ed è impaziente di lasciare le montagne che racchiudono, soffocandolo, tutto il suo mondo.
Crum, West Virginia
Era lì che abitavo.
Ma questo libro non parla di Crum, West Virginia.
Quella miserabile città sorgeva su un fondovalle pianeggiante ai margini del fiume Tug, poco sopra le pendici del monte Bull. Nessuno che io abbia mai conosciuto è mai riuscito a spiegarmi perché si trovasse lì, perché esistesse, perché qualcuno potesse desiderare di vivere in quel posto. Per me, era solo un altro di quei luoghi da cui dovevo andarmene.
Così si apre il secondo capitolo della storia di Jesse che, inquieto, nel 1954 lascia Crum ma attraverso i ricordi continua ritornarci, con episodi del passato e di quando l’occupazione preferita dei ragazzi era fare a botte o tirare sassi ai “cannibali” dell’altra sponda del fiume che divide i due Stati.
Non ha una meta precisa, sa solo che dopo la morte accidentale dello zio, il silenzioso Long Neck – che lo ha iniziato alla lettura – nulla lo trattiene tra gli Appalachi, e decide quindi che è giunto il momento di andarsene, con una valigia di cartone e un immancabile libro.
Zio Long Neck se ne stava lì a occuparsi della distillazione e leggeva dei libri sbrindellati che sembrava sempre far spuntare fuori come per magia dalle tasche profonde della salopette da lavoro. E poi un giorno trovai uno di quei libri nel mio nascondiglio, appoggiato su un piccolo ceppo. Me lo rigirai fra le mani cercando di capire cosa zio Long Neck volesse dirmi, poi capii che desiderava solamente una cosa: che leggessi quelle maledette pagine.
Jesse di una cosa è sicuro, non vuole andare nello Stato che confina con il suo, perché si sa che gli abitanti del Kentucky mangiano i loro figli.
Purtroppo però, un incidente e alcune peripezie è proprio lì che lo conducono, a svolgere un lavoro che non avrebbe mai immaginato sapendo a malapena fare qualche bracciata: il bagnino.
Come un Huck Finn molto più scurrile e teppista, Jesse affronta varie avventure, incappando nella sua nemesi nei panni di uno scorretto poliziotto che lo perseguita e nell’amore forse nuovo, forse ritrovato.
Maynard con un linguaggio schietto fino a diventare sboccato mostra la realtà rurale di chi cerca di sopravvivere in un luogo estremo, in condizioni economiche spesso difficili. È inevitabile per Jesse cercare il distacco dallo squallore, ma impossibile al contempo dimenticare le radici che lo hanno nutrito, da cui malinconicamente si sta allontanando.
Vorrei ci fosse altro da raccontare sul Kentucky, almeno sul tempo che vi trascorsi, ma non c’è. Per lo più era come il West Virginia, solo un po’ più piatto. Le persone che incontrai lì non erano cannibali. Non erano nemmeno inchiappetta-maiali, come gridavamo dall’altra parte del fiume a Crum. Per lo più, erano come la gente di Black Hawk Ridge: famiglie chiuse nel loro mondo, che sudavano durante le lunghe giornate estive nelle fattorie e cercavano di sopravvivere nei giorni freddi e pesanti dell’inverno, che si susseguivano in silenziosa, grigia e soffocante processione.
Urlando con i cannibali è un racconto on the road a tratti violento e malinconico, che sa essere anche divertente e inebriante quanto il diventare grandi mentre si cerca di capire chi si è.
un libro per chi: ha bisogno di quelle maledette pagine per andare anche se non sa dove
autore: Lee Maynard
titolo: Urlando con i cannibali
traduzione: Nicola Manuppelli
editore: Mattioli 1885
pagg. 326
€ 20