Tutto perfetto tranne la madre è il terzo volume della tetralogia che Fabio Bartolomei sta scrivendo e che sarà interamente pubblicata da edizioni e/o.
Dopo il tema del lutto, affrontato in Morti ma senza esagerare, e quello del diventare grandi in fretta, raccontato in Diciotto anni in dieci giorni, lo scrittore romano ci parla dei vuoti familiari che lasciano crepe interiori e diventano ossessione e continua a farlo a modo suo, con la solita sensibilità e il consueto ironico umorismo, che si mescolano in quella che ormai è diventata una vera e propria cifra stilistica unica e subito riconoscibile.
Tutto perfetto tranne la madre
Pietro ha appena rischiato di morire in un frontale con un tir.
In quell’attimo prima dello scontro, come vuole la tradizione, ha visto scorrere davanti agli tutta la sua vita.
In questa estasi contemplativa, Pietro ripensò al collage di immagini che gli era passato davanti agli occhi. Ne fa di scherzi la mente. Più che un film, come a volte aveva sentito definire quell’estremo omaggio alla vita, avrebbe tu un trailer, con scene selezionate e tagliate da un premio Oscar per il miglior montaggio. Infanzia, adolescenza ed età adulta si erano succedute esaustive e annichilenti in poche manciate di fotogrammi.
Qualcosa però di quel film non gli torna. Immagini cupe, sfocate, con dettagli inquietanti come le minacciose e appuntite dita di una mano, la sacca di una flebo, degli anfibi neri e pesanti.
Può la mente di Pietro aver mescolato i ricordi di vicende vissute in prima persona ai racconti di qualche amico o a immagini viste al cinema o in tv?
Inutile chiederlo al padre Aurelio, un medico importante ormai in pensione, oggi anziano e malato.
Il papà migliore del mondo, un burlone alla Amici miei che ha cresciuto Pietro da solo, sforzandosi di mantenere sempre una mente aperta, facendo vivere al figlio ogni tipo di esperienza nella speranza di crescerlo libero e sereno, come avrebbe voluto la madre, morta per un tragico incidente casalingo quando il bambino aveva solo sei anni.
Pietro lo sa, il vecchio non è nuovo a quel tipo di scherzi, ma come ha potuto proprio ora? C’è qualcosa di macabro, di malsano. A turbarlo ancora di più è il pensiero che quell’uomo non sia mai stato lucido, che abbiano entrambi vissuto una sorta di psicosi familiare in cui il padre migliore del mondo e il figlio modello non erano un altro che due malati di mente. Spiegherebbe tutto.
Sono tante le questioni irrisolte tra padre e figlio.
Perché Aurelio non ha mai più nominato la moglie? Perché Pietro non ne ha alcun ricordo? Perché non gli è mai stato raccontato nulla della madre?
Nell’attimo in cui il tir lo ha quasi ucciso, nel film della vita di Pietro non c’era nemmeno una scena con la sua mamma.
Di lei non sa nulla e ora che ne ha preso coscienza, le nevrosi e l’insonnia che lo hanno sempre accompagnato diventano insopportabili, la mancanza di quella donna, figura fondamentale per ogni bambino, lo soffoca e annienta.
Quel fantasma ora è ingombrante come un Golem, che invece di difenderlo lo assilla e lo espone al dolore.
Che profumo usava? Un figlio dovrebbe conoscere l’odore della madre.
Nel tentativo di ricostruire anche solo pochi frammenti del passato vissuto accanto alla madre, Pietro vede diventare sempre meno confusi i dettagli angoscianti riemersi qualche giorno prima.
Alla sacca della flebo si aggiunge l’ombra di un ago e di un tubicino, poi un braccio sottile, infantile.
E mentre la mente cerca di colmare i vuoti e fare i conti con un passato che gli rende impossibile andare avanti, l’impensabile e dolorosa verità arriverà roboante come un tuono, spezzando finalmente il silenzio che per troppo tempo padre e figlio avevano tenuto in piedi.
C’è un’insolita tensione narrativa in queste pagine, che Bartolomei padroneggia abilmente pur essendo sempre stato ben distante, nei precedenti romanzi, da atmosfere cupe e misteriose.
Sono due i piani temporali su cui scorre la storia di Pietro e di Aurelio, in un’alternanza dei capitoli che ricongiunge tutto nel finale: il primo, dal momento dell’incidente e nei giorni subito successivi, si identifica con l’uso di numeri romani, mentre il secondo, identificato dai numeri arabi, accade un paio di mesi dopo il quasi incidente, negli ultimi nervosi giorni tra padre e figlio.
Un efficace espediente narrativo che accresce il pathos e mette in luce il perenne tormento interiore di due uomini che, per motivi molto diversi, non hanno mai davvero potuto trovare pace.
per chi: cerca spesso di colmare le mancanze e i vuoti del passato
autore: Fabio Bartolomei
titolo: Tutto perfetto tranne la madre
editore: edizioni e/o
pagg. 130
€ 12