Dopo il bel romanzo L’anno che Bartolo decise di morire, torna in libreria Valentina Di Cesare con Tutti i soldi di Almudena Gomez, pubblicato da Alessandro Polidoro Editore.
Una storia sulle persone che sembrano solo comparse nel grande gioco della vita, mentre nascondono in sé moltitudini sfaccettate e prismatiche, capaci di generare arcobaleni.
Tutti i soldi di Almudena Gomez
Fin dalle prime pagine sappiamo che Almudena Benedicta Conchita Gomez è stata denunciata per falsificazione e manomissione del testamento olografo della signora Ivetta Cols, l’anziana di cui si è presa cura per ben quindici anni nell’indifferenza seccata e glaciale dei figli Alberta e Pier Giorgio.
Ma questo non è né un giallo né tantomeno un romanzo che si limita a raccontare la storia di una badante.
Almudena arriva dal Perù, dove ha lasciato a malincuore la matrigna Dona Felipa e il fratello minore Edmundo.
È silenziosa, pacata e remissiva, talvolta quasi trasparente; osserva e ascolta il mondo non tanto per semplice curiosità quanto per desiderio di capirne l’essenza intrinseca e recepire i segni di cui ha bisogno per andare avanti; Almudena sa celarsi da tutti e da tutto, perché la sua indole timida nasconde il desiderio di essere amata e il terrore inconscio che questo non avverrà mai.
Ad Almudena volevano bene in molti, ma nessuno glielo dimostrava come lei in fondo desiderava, eppure non sapeva di volerlo e così restava prigioniera del suo cuore inconsistente.
Il suo rapporto con la signora Cols è sempre stato schietto e sincero, fatto di tantissime parole ascoltate e pochissime pronunciate.
Parole che spesso sono sentenze, quelle di Ivetta, che dall’alto dei suoi tanti anni vissuti si sente libera di istruire Almudena sul senso della vita, sulle impervie vie che talvolta si percorrono, sui dolori che segnano e su quelli che passano, sui desideri inespressi e su quelli che sono assolutamente da inseguire e realizzare.
Alle parole Almudena non dava peso che per pochi istanti, ecco perché lei ne pronunciava poche, giusto quelle necessarie. Eppure non le davano fastidio quelle degli altri, anzi tutt’altro: nei quindici anni trascorsi al servizio della signora Cols ne aveva sentite moltissime e tutte diverse da quelle cui era abituata.
Nonostante la differenza d’età e la dignitosa distanza che mantengono l’una dall’altra, Almudena e Ivetta sono legate da un affetto profondo e da una complicità fatta anche di piccoli riti, come quello del Gratta e Vinci, da grattare insieme nella giocosa speranza di veder comparire tanti simboli uguali e provare quindi emozioni fortissime.
O quella del cappuccino al bar, dove ogni tanto incontrano il bel Nicola, figlio della migliore amica di Ivetta e da sempre attratto dalla bella e timida peruviana.
L’amore di Ivetta per la vita è presente in ogni parola, in ogni gesto, in tutti gli attimi che può ancora accaparrarsi, mentre tenta di passare questo testamento di esperienze ad Almudena, che invece pare bloccata in un limbo di attesa, senza pretese, senza ambire a qualcosa di più di quel poco che ha.
Ad assillarla non era la vecchiaia ormai conclamata, né il timore di veder svanire la sua antica bellezza era il motivo di tanto zelo per quei quotidiani riti di cura del corpo. La signora Cols amava così tanto la vita da non volerne sprecare nemmeno un sorso. Che il tempo a sua disposizione avesse una fine lei lo sapeva e lo accettava e, negli anni, pur con tutti gli agi che avevano caratterizzato la sua esistenza, non lo aveva mai dimenticato. Proprio per questo era grata alla vita, e non si stancava di renderle onore in ogni piccolo gesto.
Tutto precipita alla morte della signora Cols, che sconvolge Almudena non tanto per la perdita del lavoro quanto per quella dell’affetto silenzioso e sottinteso sul quale poteva sempre contare.
I perfidi e avari figli di Ivetta non avranno alcuna compassione per lei e per il ricordo della madre, che nascondeva un segreto capace di dare un senso ancora più profondo alla sua sagace saggezza e al suo irruente approccio alla vita.
Almudena, che ha sempre galleggiato sul tempo, senza mai saperlo (o volerlo?) afferrare, che sa rendersi invisibile al mondo per poterne percepire il nucleo più vero, riuscirà a superare il dolore di un’accusa così infamante?
Il tempo per Almudena Gomez quasi non esisteva perché non sapeva afferrarlo e se tentava di prendersene un po’ per sé contraeva gli artigli come un felino impaurito e gli dava le spalle. Abituata com’era a galleggiare avanti e indietro sopra ai giorni, Almudena non distingueva più le ore, i minuti e i secondi né intravedeva differenza tra un orizzonte e un altro.
Tutti i soldi di Almudena Gomez racconta una storia non eclatante, quasi ordinaria, che potrebbe accadere ogni giorno più e più volte, ma che qui diventa spunto per ribadire che ogni essere umano può essere speciale, può contenere trame infinite e spesso straordinarie.
Un romanzo sulle piccole cose, sul vivere senza grandi pretese o inseguendo sogni ambiziosi, talvolta piegandosi al volere altrui e al corso del destino, senza però mai allontanarsi troppo da se stessi, snaturandosi per sentirsi meno soli o aggregandosi a qualcosa che non si sente proprio.
Talvolta l’eccesso di riflessioni sull’animo umano, sul perché delle cose, sulla vita in generale appare slegato dalla storia stessa, come se fosse un groviglio di appunti presi e inseriti tra le pagine a ogni costo, ma di certo non si può dire che queste parole non sappiano colpire e seminare, così da rendersi comunque giustificate.
Valentina Di Cesare si conferma una penna onesta e aggraziata, capace di raccontare la vita per quello che è, riuscendo sempre a lasciare una traccia in cui ritrovare qualcosa di sé.
un libro per chi: in metropolitana osserva gli altri e immagina le loro storie
autrice: Valentina Di Cesare
titolo: Tutti i soldi di Almudena Gomez
editore: Alessandro Polidoro Editore
pagg. 217
€ 14