Nell’editoria italiana, che pubblica molti più libri di quanti ne vengano letti, gli esordi potenti e davvero belli, capaci di mettere radici nella memoria di chi li legge, sono una preziosa rarità.
È in questo piccolo nucleo abitato da parole che rimangono a lungo che si posiziona Tutta la vita che resta, il primo romanzo di Roberta Recchia, pubblicato da Rizzoli.
Tutta la vita che resta
È una storia dolorosa ma piena di dolcezza quella che ci racconta Recchia, portandoci indietro nel tempo, dapprima agli Anni 50, con il boom economico che vide l’Italia ritrovare un certo benessere dopo la guerra, poi negli Anni 80, dove tutto sembrava semplice e scintillante, mentre lo spettro dell’inquietudine giovanile iniziava a farsi realtà concreta.
Marisa ha commesso un errore, che per la società patriarcale degli anni cinquanta una brava ragazza non dovrebbe mai fare: si è innamorata e ha ceduto al desiderio, rimanendo incinta di Francesco Malpighi, il bellimbusto che subito l’abbandona.
Ed è proprio il cuore di Marisa il primo spezzato in una storia che ne vedrà molti altri, dilaniati da sofferenze indicibili; un cuore che viene ricucito e reso enorme dall’amore di Stelvio Ansaldo, il garzone che lavora nella bottega del padre della giovane donna, che con grande pazienza – quella inscalfibile generata da sentimenti puri e sinceri – la conquista e diventa il compagno di una vita intera.
E Stelvio? Lui sì che era reale, vero, un rifugio talmente solido da togliere al cuore ogni palpito. Le loro anime si erano incontrate, legate in modo indissolubile da eventi che niente avrebbe mai potuto cancellare. Lui le aveva offerto tutto, alla fine persino la libertà di sottrarsi a un fidanzamento nato da un gesto di generosità. Perché l’amava. E lei? Lo poteva amare Stelvio? Lo amava, sì.
Molti anni più tardi ritroviamo la famiglia Ansaldo in vacanza sul litorale laziale. Stelvio, dopo la morte del suocero, si occupa in prima persona della bottega, mentre Marisa ha scelto di accudire gli adorati figli: Ettore, che porta il nome dell’amato nonno, ha un grande talento per la musica e studia ormai lontano da casa, e Betta, il raggio di sole che illumina tutto, una sedicenne vivace e brillante, il cui carattere spumeggiante va di pari passo con una fisicità appariscente.
Nell’agosto del 1980, nella casa vacanze degli Ansaldo c’è anche Miriam, figlia di Emma, sorella di Marisa e lanciatissima stilista più propensa a frequentare il jetset che all’essere una madre empatica, amorevole e presente.
In verità quella nipote così estroversa, chiassosa, naturalmente sensuale, a Emma non era mai piaciuta. L’aveva sempre trovata rozza, con quella schiettezza che dal suo punto di vista troppo spesso rasentava la maleducazione. E le voci, le chiacchiere sul suo conto di cui Marisa e Stelvio non si curavano abbastanza. Quell’andirivieni di ragazzi, per un’adolescente, le era sempre sembrato di cattivo gusto. Con il dovuto tatto ne aveva anche parlato alla sorella. Lei aveva sorriso delle sue perplessità. «Lasciala fare le sue esperienze. Purché stia attenta…» Alla luce dei fatti era evidente che Betta non era stata capace di stare attenta.
Il 10 agosto 1980, nella notte delle stelle cadenti, Betta, la stella più luminosa di tutte, è vittima di un brutale stupro e rimane inerme, senza respiro né vita, sulla spiaggia. Accanto a lei, vittima della stessa feroce violenza, sopravvive la timida e riflessiva Miriam.
La vita di tutti sarà sconvolta da quella tragedia inaudita, che Roberta Recchia racconta con una penna tanto accurata quanto lieve, indugiando sui sentimenti ma mai sui dettagli scabrosi, senza però nascondere l’orrore della violenza più becera. Un talento, quello della scrittrice, che è un dono per chi legge pagine amarissime e strazianti, e si ritrova naturalmente parte della storia di una famiglia di sopravvissuti.
Addirittura, di fronte ai colpevoli Recchia compie un miracolo narrativo: non punta il dito ma espone i fatti, lasciando ai lettori e alle lettrici la scelta di comprendere o meno dove e quando si è incrinata la loro umanità.
In ultimo, dalla storia della famiglia Ansaldo emergono riflessioni importanti sulla colpa, che se dai padri e dalle madri non deve ricadere sui figli, non può altrettanto muoversi in direzione contraria, caricando i genitori delle leggerezze, degli errori e delle malefatte di una prole ribelle e corrotta.
Tutta la vita che resta è certamente un racconto tragico, in grado di cogliere tutte le strazianti sfumature del dolore, ma è soprattutto un inno all’amore in ogni sua declinazione, che spesso sa ricomporre anche i più piccoli cocci di un cuore e di una vita in frantumi.
Da leggere.
un libro per chi: da troppo tempo non si affeziona ai personaggi di un romanzo
autrice: Roberta Recchia
titolo: Tutta la vita che resta
editore: Rizzoli
pagg. 398
€ 18