Articolo a cura di Metella Orazi.
Una donna che indossa un cappello, dallo sguardo dritto e il sorriso appena accennato, ci osserva dalla copertina di Storie di vite diverse di Bette Howland, la scrittrice nella foto, che la casa editrice SEM ha riscoperto e pubblicato in Italia per i lettori e le lettrici che possono così godere della scrittura di una outsider della letteratura.
Storie di vite diverse
Guidavo lungo un’autostrada che attraversava una grande città. Svincoli, rampe di entrata e di uscita, ponti, sottopassaggi. Il traffico scintillava, i lavori stradali si estendevano davanti a me all’infinito. Continuavo ad andare nella direzione sbagliata. Lo sai anche tu com’è: la corsia sbagliata, la svolta sbagliata, e ti ritrovi in trappola. Non puoi fare altro che continuare, sempre avanti, fino all’uscita successiva.
Inizia così il viaggio attraverso gli undici racconti che compongono la raccolta, con strade sbagliate e incidenti, ma anche la voglia di andare avanti e non arrendersi.
Howland sembra raccontare ciò che conosce bene: la famiglia, i legami, la tirannia dei sogni che ci fa lottare contro tutto e Chicago, la città del vento, che non fa solo da sfondo per i movimenti dei personaggi, ma invade anche i loro gesti, li condiziona.
Ma a me sembrava che fosse questo il modo in cui stavo passando gran parte della vita: aspettando. Aspettando sugli autobus, aspettando sui tram, in automobile, aspettando sulle panchine, sulle scale, in grembo, sulle ginocchia. Aspettando in mezzo alla folla, negli studi medici, nelle cliniche. Aspettando sui letti coperti di cappotti ruvidi alle feste di famiglia. Aspettando al buio. Aspettando da sola. Aspettando inutilmente. Era questa la vera tirannia dell’infanzia. Volevo diventare adulta e finirla con questa storia – finirla con le attese -, solo crescendo nessuno avrebbe potuto imporsi su di me in quel modo.
In Storie di vite diverse la scrittura di Howland riesce contemporaneamente ad essere molto realistica e concreta nelle descrizioni e onirica e frastagliata nel racconto.
La compassione (il cum patior latino) per la vita e i suoi attori è palpabile, chi scrive soffre e vive con ciò che racconta e per questo è impossibile non ritrovare in una frase o in una situazione qualcosa che c’è anche in noi che leggiamo.
Le dita di mia nonna sono ricurve – fuse – nella posa con cui il prete fa il segno della croce. Piuttosto strano, eh, per una vecchia signora ebrea con tutte le sue infermità ebree. Con queste mani apre le scatolette avanzando lungo il coperchio frastagliato con un vecchio apriscatole di quelli a foratura, di quelli che non so usare. Gli unici che sa usare lei. Non ha presa. Porta il cibo in tavola, pentole pesanti e roventi che praticamente le penzolano dalle punte delle dita. Ha le spalle sollevate e la testa abbassata. Ora, cosa direbbe se sapesse che non faccio altro che pensare che assomiglia al Papa?
Non c’è disperazione, perché un sottile senso dell’umorismo si diffonde nella narrazione e lo stile unico di Howland ci fa inciampare in realtà diverse dalla nostra ma che potrebbero diventare amiche e familiari.
Tra queste storie di vite diverse incontriamo esseri umani disfunzionali, inquieti, strani, normali e straordinari, difficili da inquadrare e certamente impossibili da dimenticare.
Un libro molto bello e molto difficile da definire, come spesso accade alle letture che restano.
un libro per chi: ha amato Jean Rhys o i racconti di Lucia Berlin, un’altra emarginata dall’Olimpo della letteratura che meriterebbe invece a pieno titolo uno scranno in prima fila
autrice: Bette Howland
titolo: Storie di vite diverse
traduzione: Tiziana Lo Porto
editore: SEM
pagg. 409
€ 19