Questo è un romanzo che parla di disobbedienza civile.
Un romanzo magnifico e necessario, di cui si sentiva forte il bisogno.
Una storia di lotta e sopravvivenza, raccontata sapientemente da Marco Balzano, già Premio Campiello nel 2015 con L’ultimo arrivato, e oggi, con quest’ultima pubblicazione, tra i quaranta nominati al Premio Strega.
Resto qui
Nel 2014 ha iniziato a farsi largo tra i pensieri di Marco Balzano la storia di Curon, ce lo confessa lo stesso autore in una nota in calce al romanzo, rammentando il disagio di vedere frotte di turisti in coda per farsi un selfie davanti a quel campanile che sorge in mezzo all’acqua. A partire da quella sua prima volta al Lago di Resia, Balzano ha raccolto materiale, ha studiato, ha incontrato i sopravvissuti, ha parlato con le istituzioni, per arrivare a comporre quello che oggi è un romanzo che coinvolge e sconvolge fin dalle prime pagine.
Con un linguaggio preciso e privo di retorica, Balzano ci racconta la vita in quella piccola realtà rurale dell’Alto Adige, e per accompagnarci nella discesa verso la durezza di quegli anni lontani ci presenta Trina, che sogna di fare la maestra con le amiche del cuore, Maja e Barbara.
In questo memoir che è fiction ma pure romanzo storico, l’io narrante Trina rievoca l’arrivo dei fascisti in Sud Tirolo, con i loro modi sprezzanti e violenti.
I fasci hanno l’ordine di italianizzare l’area a ridosso dell’Austria, imponendo che nelle scuole sia abolito il tedesco, che negli uffici pubblici sia impiegato solo personale di lingua italiana, che le strade siano rinominate e le tradizioni cancellate, erodendo così l’identità di Curon, di Resia e di San Valentino, così ben radicata negli abitanti, semplici contadini e artigiani.
La comunità, già scossa da questa invasione, viene messa a dura prova dall’inizio della guerra, che vede gli uomini, giovani e meno giovani, partire per il fronte, per combattere un conflitto a cui sentono di non appartenere.
Trina, nel frattempo, ha sposato Erich, un amico del padre, ed è diventata mamma di Michael e Marica. Quest’ultima, la figlia tanto desiderata e amata, all’età di dieci anni lascia Curon inaspettatamente, portata via dalla zia, sorella di Erich. Lascia una lettera in cui confessa di voler fuggire da quel buco di paese, che non offre prospettive e nel quale, forse, un giorno tornerà.
Quest’improvvisa perdita diventa il cruccio di Trina, un dolore così grande che trova sfogo in un quaderno, colmo di migliaia di parole dedicate alla figlia.
Sono proprio i pensieri e le parole a fare di Trina una prigioniera della propria condizione, come le ha sempre rimproverato Ma’, la madre risoluta e pragmatica, poco avvezza alle elucubrazioni intellettuali della figlia.
In quel momento si era impadronito di me un desiderio nuovo, che non ho più provato. Volevo svuotarmi di tutto ciò che avevo. Delle mie cose, delle bestie, dei pensieri. Volevo soltanto chiudere le fibbie e partire. Andarmene da qui.
Scrissi una lettera al Peppi, in cui lo pregavo di venire al più presto a prendersi Ma’. Non pensai a Michael che forse non avrei più rivisto. Non pensai alla guerra né alle montagne che ci avrebbero nascosto o su cui saremmo morti. Non pensai a te. Per quattro anni, ogni sera, ti avevo scritto su un vecchio quaderno. Lo rilessi tutto d’un fiato, poi lo appoggiai nel camino. Le braci scarlatte venavano la cenere. Il fuoco lentamente s’infilava tra le pagine crepitando, riprendeva vita. Non mi sono mai sentita più libera.
La liberazione di Trina coincide con la fuga sui monti accanto a Erich, ormai disertore. I due scappano da Curon e si rifugiano dapprima in una grotta, poi in una baita abitata da altri fuggitivi. La piccola comunità si fa forza ogni giorno, procurandosi il cibo per sopravvivere e resistendo al gelo invernale.
Nulla è più impietoso della neve che ti cade addosso.
È in quella condizione estrema, ai limiti dell’umanità, che Trina riprende a scrivere un diario, pieno di ricordi e di lettere indirizzate alle amiche.
Le parole ancora una volta la salvano ma al tempo stesso la imprigionano nella malinconia del passato, unico rifugio che riesce a concedersi per trovare un poco di speranza nel futuro.
Passano gli anni e la guerra finisce, non senza lasciare vittime innocenti anche sui monti più sperduti.
Trina ed Erich rientrano a Curon, dove pian piano la vita tenta di ritrovare la sua normale cadenza. Sono tanti i morti, è stata enorme la distruzione, ma la voglia di ricominciare è forte ed è proprio Trina, questa donna che ha perso una figlia, che ha lasciato il figlio nelle vesti naziste, che ha seppellito un padre morto di crepacuore, che ha scaricato la madre al fratello lontano, a trovare l’energia per rimettere in piedi il suo piccolo mondo.
Un’altra guerra però sta per iniziare. Sono arrivate le ruspe e i camion, gli ingegneri e gli operai della Montecatini, la notizia che la diga si farà e che presto le terre saranno sommerse.
Inizia la vera lotta per salvare la valle ed Erich è in prima fila, con sempre al fianco la moglie. Una lotta atavica, scolpita nel DNA dei montanari: qualcuno combatte per le proprie radici, qualcun altro combatte per rendersi libero.
Era diventata vecchia Ma’, aveva gli occhi scoloriti e la faccia rugosa come una foglia secca. Eppure ancora stringeva i pugni, ancora lottava per non farsi derubare i giorni dai troppi pensieri.
«Sono tenaglie i pensieri, lasciali perdere», diceva quando lavavamo i panni al fiume o certe sere che andavamo avanti a rammendare fino a tardi.
Curon e il maso erano sì la sua vita, eppure dai ricordi, persino dalle radici, Ma’ se ne sapeva staccare un attimo prima che la rendessero prigioniera. Non si perdeva mai come fanno i vecchi in racconti d’altri tempi, e anche quando parlava di Pa’ più che rievocare certi momenti sembrava rimproverargli di essersene andato alla chetichella, lavandosene le mani di lei che da sola aveva dovuto continuare a vivere. Davvero era una donna libera, Ma’.
L’epilogo è tristemente noto, ma la prosa limpida, essenziale eppure estremamente coinvolgente di Balzano ci costringono a rivivere quei momenti come se ne fossimo noi stessi i protagonisti.
Struggente e doloroso, Resto qui è un romanzo che inevitabilmente cambia la prospettiva di chi lo legge. E quel campanile in mezzo al lago non sarà più solo una meta turistica.
un libro per chi: non teme di scavare nel passato e per chi vuole approfondire uno dei periodi più oscuri di questo nostro paese che non impara mai…
autore: Marco Balzano
titolo: Resto qui
editore: Einaudi
pagg. 192
€ 18
Allora aspetta un attimo che aggiorno la lista…dicevamo, Ota Pavel, poi, Marco Balzano.
Fatto, segnati tutti e due! Ah, la gioia che mi procurano le liste!
Che ci possiamo fare se leggiamo un sacco di libri bellissimi!?!
Povere ma felici!