In un mondo abituato da sempre a considerare le madri come sante devote al proprio ruolo, quanto può fare rumore una storia come quella raccontata da Susy Galluzzo nel suo romanzo d’esordio Quello che non sai, pubblicato da Fazi?
Il libro sarà protagonista dell’incontro del prossimo 13 ottobre del gruppo di lettura Absolute Beginners.
Quello che non sai
Michela, che molti anni prima ha iniziato a farsi chiamare da tutti Ella – il nomignolo scelto dal marito Aurelio -, è un ex chirurga che ha abbandonato la professione per dedicarsi alla figlia tredicenne Ilaria.
Oggi Michela lavora part time in un laboratorio di analisi, mentre Aurelio ha proseguito nella carriera ed è diventato uno stimatissimo cardiochirurgo, sempre lontano da casa e dalle dinamiche familiari.
Ella ha dedicato tutto il suo tempo a Ilaria e alle sue paranoie, diventandone l’ombra e dimenticando tutto ciò che sognava per sé.
La ragazzina, giovanissima promessa del tennis, mette ogni giorno in atto una lunga serie di rituali che l’aiutano ad affrontare la vita, ossessioni e compulsioni che la madre contiene, giustifica e continua, più o meno consciamente, ad alimentare, mentre il padre finge di non vedere.
Un giorno, però, il rapporto simbiotico tra le due si spezza: Ilaria, dopo un allenamento, attraversa la strada per raggiungere la madre e, distratta dal cellulare, rischia di finire investita da un’auto, mentre Ella, silente e immobile, osserva la scena senza fare nulla per impedire il peggio.
Da quel momento nulla sarà più come prima.
Dopo l’allontanamento di Ilaria, spaventata dalla mancata reazione di chi avrebbe dovuto proteggerla, Ella inizia a scrivere un lungo sfogo rivolgendosi alla madre, morta anni prima, sviscerando man mano tutto ciò che l’ha portata fino all’attimo in cui tutto è cambiato.
Ieri sera, dopo averti scritto, sono tornata in stanza e, mentre lei se ne stava di spalle affacciato al balcone, ho iniziato a preparare le valigie.
Mi sono abbandonata volutamente al pianto, senza pudore. Tutti sembrano autorizzati a mostrare i loro sentimenti, la loro rabbia, tranne io. Io sono sempre controllata, sono sempre quella in silenzio, a sopportare tutto. Invece, mentre rifacevo i bagagli che avevo disfatto solo poche ore prima, sentivo su di me la sconfitta, l’ingiustizia della mia sconfitta. E non potevo che piangere. Non volevo che piangere.
È così che scopriamo che l’apparente vita perfetta e felice della famiglia nasconde conflitti, distacchi e soprusi nati in tempi lontani e ormai così radicati da non riuscire più a far distinguere il confine tra il prima e il dopo, tra ciò che si era e ciò che si è.
Chi era Ella prima di Aurelio? Perché Michela era così diversa da lei? Dov’è andata a finire? È svanita assorbita da sua figlia o c’è dell’altro nascosto ancora più in profondità?
Non mi riconosci più, vero, Mamma? Sono così da moltissimo tempo, ho l’impressione di esserlo da sempre, ormai. Tanto che penso a quella ragazza così ligia al dovere, che mai avrebbe disertato il lavoro per piacere personale, come a un’altra persona. Ora sono svogliata, pigra, non ho alcun interesse per quello che faccio. Arrivo tardi, vado via prima, faccio come mi pare. Per me il laboratorio è una specie di libertà vigilata che mi ha imposto Aurelio, dovrei presentarmi ogni giorno e lavorare le mie sei ore di part-time, ma per fortuna riesco a sottrarmi.
L’entrata in scena di Rebecca Castelli, la psicoterapeuta a cui Ella affida la figlia contro l’iniziale opposizione di Aurelio, è il passo decisivo per scoperchiare i non detti sepolti sotto il peso di anni trascorsi a fingere che tutto andasse bene.
Se inizialmente Ella è la vittima incompresa, la santa madre che ha rinunciato a tutto pur di seguire la figlia, lasciando spazio al marito per coltivare una carriera da cui lei si è volutamente auto esclusa, man mano che le pagine del romanzo scorrono e che il diario viene rimpinguato di nuovi fatti, di vecchi ricordi, di terribili ammissioni spiattellate con l’innocenza del male che non sa riconoscere il bene, emerge una verità pesantissima da elaborare e digerire.
Mia figlia ha detto delle cose orribili stasera su di me, Mamma. Mi ha denigrato come donna, mi ha umiliata. Poteva limitarsi alle osservazioni su me e Aurelio, cattive anche quelle, ma giuste, invece è voluta andare oltre, e oltre, mi ha dipinto come una mentecatta, che attira la pietà della gente, priva di ogni femminilità. L’ho sentita così estranea a me, stasera, come se non avessimo sangue e carne da condividere.
Galluzzo sceglie con abilità di non porre fine al peggio, di continuare a scombinare le carte in tavola, mantenendo altissima la tensione narrativa.
E se per un attimo ci illude di aver scovato e compreso il trauma da cui tutto è nato, subito dopo ci costringe a prendere atto che c’è ancora molto da scoprire su tutti i protagonisti di Quello che non sai.
Aurelio, ti presento Ilaria, la tua figlia normale. […] Vivere costantemente nella paura di una catastrofe imminente. Scegliere le parole, una per una, evitando quelle che “portano sfortuna”; conoscere i percorsi da fare, e sempre e solo quelli, per andare a scuola, in palestra, a fare la spesa; ricordare tutto quello che potesse destabilizzarla, anche un pochino, perché una stupidaggine poteva trasformare un giorno buono in uno infernale. Uno di quelli in cui tu, Aurelio, tornavi a casa e mi rivolgevi uno dei tuoi sguardi di biasimo mentre lei correva da te e ti saltava il collo.
Il romanzo d’esordio di Susy Galluzzo ha il ritmo vertiginoso di un thriller psicologico in cui tutti appaiono colpevoli, in cui ognuno ha qualcosa di scomodo da rivelare, e riesce quindi a raccontare con godibile originalità un tema che è ancora tabù: il lato oscuro della maternità.
Cosa succede quando qualcosa dentro una mamma s’incrina? Quando quel qualcosa diventa un enorme macigno da nascondere soprattutto a se stesse?
La risposta è in questo libro.
un libro per chi: cerca nuova storie di maternità
autore: Susy Galluzzo
titolo: Quello che non sai
editore: Fazi
pagg. 266
€ 16