Articolo a cura di Metella Orazi.
Nelle piccole comunità spesso ci si conosce per essere figli di qualcuno e ci si illude in tal modo di sapere qualcosa gli uni degli altri, David Joy con Quelli che pensavamo di conoscere, pubblicato da Jimenez Edizioni, racconta proprio di un microcosmo montano della Carolina del Nord, apparentemente tranquillo, ma che cela la vera sostanza di cui è composto.
Quelli che pensavamo di conoscere
Toya Gardner è una giovane e brillante artista nera che vive ad Atlanta, dove la madre si è trasferita anni prima, che per concludere la tesi di laurea, torna nel paese da cui è andata via, a Sylva, nel Nord della Carolina, dove è rimasta la nonna Vess.
«Ora riesco a collocarti» disse Vess. La vita qui era sempre stata questione di collocare le persone. Sapere da chi e da dove veniva qualcuno ti diceva tutto quello che c’era bisogno di sapere.
Al centro di questa cittadina in cui tutti si conoscono, Toya scopre l’esistenza di un monumento confederato che la spinge a ripercorrere la storia dei suoi antenati e ad attivarsi perché il passato non venga seppellito. Il nonno nelle estati che passava lì, le aveva sempre fatto conoscere gli alberi, i boschi, gli animali del luogo, perché sapesse da dove veniva.
… lui aveva sempre cercato di farle conoscere la terra perché aveva una paura tremenda che la città avrebbe raschiato via le montagne dal suo sangue.
In parallelo con la storia di Toya la polizia locale ferma un forestiero, che dorme nel suo pick-up; l’uomo ha con sé una cappa bianca e nel cruscotto portaoggetti tiene un taccuino con una lista di nomi, alcuni molto conosciuti in città. Le vicende di Willian Dean Cawthorn, questo il nome del vagabondo sospettato di appartenere al ku kus klan, e di Toya sono unite dalla presenza dello sceriffo Coggins che indaga sul primo ed è legato da una vecchia amicizia con la famiglia della seconda.
Coggins è costretto, insieme all’intera comunità a fare i conti con degli accadimenti terribili che si susseguono e scuotono le coscienze all’apparenza tranquille.
«Alla gente piace pensare che il razzismo si manifesti in un certo modo, che sia un cartello “Solo bianchi” nella vetrina di un ristorante o una croce che brucia davanti alla casa di qualcuno, ma non è detto che sia così. Può essere molto più sottile di così. Può accendersi di tanto in tanto come quelle lucciole laggiù, in modo molto sottile. Al punto che se non ci fai attenzione probabilmente neanche lo vedi».
Joy, astro nascente di quello che è stato definito l’Appalachian Noir, prende un tema scottante e lo distribuisce in più voci – oltre ai personaggi già citati infatti troviamo la detective Leah e l’agente Ernie – e crea un intrigo nero che si allarga subdolo in ogni parte della città, tra le persone che, come dice il titolo, pensavamo di conoscere.
Quelli che pensavamo di conoscere è un viaggio nell’America che non ha ancora chiuso i conti con il passato che tace su quei conti e li nasconde come se non parlandone non esistessero.
Da non perdere.
un libro per chi: dell’America vuole conoscere tutto, non solo le Bud Light o le partite di baseball
autore: David Joy
titolo: Quelli che pensavamo di conoscere
traduzione: Gianluca Testani
editore: Jimenez Edizioni
pagg. 361
€ 19