Leggendo Più donne che uomini di Ivy Compton Burnett – romanziera non troppo conosciuta in Italia e oggi portata nuovamente alla ribalta da Fazi Editore – ci si trova immersi nella stessa atmosfera classista, snob ma anche decisamente ironica, tagliente e sorprendente di Downton Abbey, la serie televisiva che ha conquistato milioni di spettatori.
Un mondo, quello inglese di inizio Novecento, in cui le differenze sociali tra aristocratici, ricchi borghesi e semplici popolani sono state spesso spunto di una narrativa spietata e altrettanto divertente.
Più donne che uomini
Diversamente da Downton Abbey, però, in Più donne che uomini ben poco accade.
Tra le pagine non ci sono amori passionali, guerre che mietono vittime, patrimoni sperperati, stupri e assassini.
C’è solo una scuola femminile, diretta da Josephine Napier, donna volitiva e irreprensibile, al limite del maniacale, e solido faro per studentesse, insegnanti e familiari opportunisti e sornioni.
«Se una donna si presenta da sola a un ricevimento tra uomini, deve saper restare al posto suo e conformarsi alle usanze. Non credo si possa pensare altrimenti. È sola con se stessa, e non deve rammaricarsene. Non mi pesa affatto, stare in compagnia di me stessa: mentre so bene che, in un certo senso, potrebbe pesare a qualcun altro. E con questo, l’argomento è chiuso»
Al rientro dalle vacanze la direttrice accoglie le vecchie e nuove insegnanti, assicurandosi che ognuna abbia una camera confortevole, tè caldo e un efficace programma da portare avanti nei mesi a venire.
Le stanno accanto l’inutile marito Simon, il figlio adottivo Gabriel – già figlio di Jonathan, pigro e vizioso fratello settantenne di Josephine, mantenuto dal giovane amante Felix, a sua volta mantenuto dal vecchio padre – e la ritrovata amica Elizabeth, ex fiamma di Simon e ora governante a casa Napier, accompagnata dalla figlia Ruth.
Quando Felix si propone di entrare a far parte del corpo insegnanti, Josephine non può che accettare di buon grado, pur mantenendo un certo sarcasmo sulla questione.
«Trovate che gli uomini siano più bravi delle donne a insegnare, signora Napier?»
«No, ma trovo che lo facciano altrettanto bene; quindi non c’è ragione d’impedirglielo».
Pure l’atteggiamento sfrontato di Elizabeth, incapace di rispondere agli ordini dell’amica direttrice, contribuisce a far crescere la tensione all’interno della scuola, fino a quando un incidente improvviso rende Josephine vedova e ancora più attenta alla forma, senza mai dimenticare l’arguto sguardo che getta sul mondo che la circonda.
Di lì in poi, finalmente, qualcosa si muove e i segreti pian piano vengono a galla, sempre accolti con un invidiabile aplomb, sia da Josephine che dal suo corollario di parenti, amici e sottoposti.
Sono i dialoghi il punto forte del romanzo, capaci di delineare ambientazioni e atmosfera, seppur nulla venga mai realmente descritto e molto rimanga nel limbo del non detto.
Come si preannunciva, nulla di veramente importante accade lungo le duecentosessanta pagine scritte con teatralità dalla Burnett, eppure non mancano tradimenti, vendette, piccole idiosincrasie familiari, rapporti al limite dell’incestuoso e molti altri malevoli atteggiamenti, sempre raccontati in punta di piedi, con tipica eleganza inglese.
Un testo che non è certo adatto a tutti i lettori, ma che saprà soddisfare quelli più sagaci, nonché i più cinici e pazienti.
un libro per chi: sa offendere chiunque, con cortesia, grazia ed eleganza
autore: Ivy Compton Burnett
titolo: Più donne che uomini
traduzione: Stefano Tummolini
editore: Fazi
pagg. 260
€ 19