Le Monde lo ha definito superbo e il Premio Goncourt lo ha subito selezionato tra i candidati come miglior esordiente, non potevo quindi lasciarmi sfuggire la lettura di Nessuna pretesa, romanzo della oggi ventiseinne Blandine Rinkel, uscito in Italia per Enrico Damiani Editore.
Complice poi il Salone Internazionale del Libro di Torino, ho avuto la possibilità d’intervistare l’autrice, trovando conferma del suo grande talento e scoprendo che questo esordio autobiografico è stato un grande atto d’amore.
Nessuna pretesa
Non è forse un romanzo la vita di ognuno di noi?
Certamente lo è quella di Jeanine, madre della Rinkel, che oggi troviamo protagonista nelle pagine di Nessuna pretesa. La vita di un’insegnante d’inglese, ormai in pensione, che ha il vizio di annotare pensieri sparsi, domande esistenziali e profonde riflessioni su decine di post-it rosa, appuntati per casa.
Una madre che sa essere buffa e leggera, nel senso più positivo del termine, ma sa anche rendersi snervante e insopportabile, con le sue insicurezze e il continuo scivolare tra una situazione e l’altra.
Jeanine ha sognato di vedere il mondo, allontanandosi poi raramente dalla piccola provincia francese, che oggi accoglie immigrati e seconde generazioni, e che le cronache dei giornali dipingono come fucina di gruppi filoterroristici.
Per scoprire il mondo, Jeanine non poteva fare altro che avvicinare individui estranei al suo. Le padronanza del francese la salvò dal piccolo contesto della Bretagna, poi l’inglese fu il pretesto per lasciare la Francia. Seguì poi lo studio dell’italiano, dello spagnolo, del portoghese, e ben presto approdò all’arabo e a un’infarinatura di russo. Se le venissero dati altri cento anni di vita arriverebbe a conoscere tutti i dialetti del mondo. Ma non c’è dubbio che dietro ognuna di queste esplorazioni linguistiche ci sia la volontà di incontrare esseri sempre diversi, sempre più lontani, un desiderio di confrontarsi con l’irregolare per allargare lo spettro dei possibili esistenziali.
È quindi attraverso l’incontro e lo scambio emotivo con persone che arrivano da luoghi lontani che Jeanine viaggia e scopre, scava e impara.
Jeanine è stravagante e umorale. Oculata ma generosa, vuole sempre aiutare gli altri ma s’irrigidisce, fino a diventare sgradevole, quando sono gli altri a chiederle aiuto. Toglie paletti ma costruisce argini, perchè gli incontri di cui vive sono con persone non certo comuni: emarginati, delinquenti, artisti, creativi della vita senza regole e inibizioni.
E Blandine, che ascolta, indaga, legge i post-it e s’interroga, racconta questa madre estrosa e mai banale, con occhio impietoso e prosa ficcante ma altrettanto carezzevole. Come una figlia che guarda la madre, senza alcuna pretesa.
Non sentirete mai dire a Jeanine che è disperata, triste o addolorata. Che esistono in lei sentimenti negativi, dolori o preoccupazioni, lo ammetterebbe volentieri se quegli stessi sentimenti occupassero un territorio distinto da quello riservato alla bontà, alla gioia e al piacere. Ma lo spazio dedicato al dramma, che in tanti individui si estende su valli di lacrime, quella grotta destinata ad amplificare il dolore, nel suo cuore non esiste. Quando è triste, qualcosa dentro di lei ride, quando è allegra qualcosa nel suo profondo va in pezzi; non potreste mai ridurla all’emozione che accetta di mostrarvi: il suo viso è eternamente cangiante. Jeanine sfugge.
un libro per chi: ama l’auto-fiction e vuole leggere il ritratto di una donna comune ma speciale
autore: Blandine Rinkel
titolo: Nessuna pretesa
traduzione: Annarita Stocchi
editore: Enrico Damiani Editore
pagg. 211
€ 16
Blandine Rinkel
Blandine Rinkel è stata segnalata da La Lettura – Corriere della Sera tra i dieci scrittori francesi da non perdere, tra personalità del calibro di Antoine Volodine e Maylis De Kerangal.
Non solo scrittrice ma anche artista, cantante e performer, durante il nostro incontro al Salone di Torino ha rivelato qualche chicca sulla nascita di Nessuna pretesa.
Buongiorno Blandine, benvenuta in Italia! Una domanda un po’ banale, che le avranno già fatto in tanti: come ha preso Jeanine l’arrivo di questo romanzo?
Non ho fatto leggere il romanzo a mia madre prima della pubblicazione, non perchè temessi le sue reazioni ma perché avevo paura che mi facesse sistemare alcuni piccoli dettagli che non avrebbero cambiato nulla della realtà del libro e della verità che volevo raccontare. Gliel’ho fatto inviare un mese prima dell’uscita, come è stato fatto con i giornalisti, e per una settimana non ci sono state reazioni; stavo iniziando a preoccuparmi, quando poi ho ricevuto tre sms: il primo diceva “commossa”, il secondo “molto commossa”, il terzo “non sapevo di avere una vita così interessante”. A quel punto anche io ho inziato a commuovermi e credo che anche lei sia stata davvero toccata dal libro. Io e mia madre abbiamo una sorta di pudore che ci separa, così come racconto in Nessuna pretesa, ma a modo nostro ci siamo dette tutto.
Com’è nata l’idea di scrivere questo libro con protagonista sua madre? C’è stata una scintilla creativa particolare?
Molto banalmente, io scrivo da quando ero quasi adolescente. Ho sempre preso molti appunti, senza veramente sapere a cosa mi sarebbero poi serviti. Scrivo sistematicamente, è il mio modo di stare al mondo. Avevo scritto due romanzi prima di questo, ma erano brutti e non mi sono sentita di mandarli a un editore, non erano abbastanza interessanti.
Jeanine mi lascia sempre tanti messaggi nella segreteria telefonica. Un giorno ho pensato di trascriverne uno, in cui mi raccontava uno dei suoi aneddoti, e di colpo, sorprendendo persino me stessa, ho intuito che in quello scritto c’era qualcosa di importante, da cui emergeva la classe media francese e che riguarda il nostro rapporto con lo straniero e con l’estraneità. È stato come se, descrivendo una situazione così vicina a me, io fossi riuscita a toccare qualcosa di più ampio. La cosa mi ha davvero sorpresa e mi sono improvvisamente accorta che mi stavo allontanando dalle nevrosi più intime di Jeanine per arrivare a qualcosa di più universale.
Immagino che pubblicare un romanzo così autobiografico, che parla di una piccola cittadina di provincia e di vite reali, possa avere conseguenze personali. Ci sono state particolari reazioni di rabbia o delusione da parte di persone citate nel libro?
No, sono stata molto attenta e ho fatto dei piccoli aggiustamenti alla realtà, raccontando una verità autobiografica ma facendo attenzione ad alcuni aspetti della forma e ad alcune persone che sapevo avrebbero potuto essere un pochino più difficili, trasformandole leggermente o che non leggessero assolutamente il libro. D’altro canto, non era nemmeno mia intenzione mettermi a nudo e scoprirmi totalmente.
In origine il libro doveva essere in terza persona singolare, facendo di Jeanine un personaggio di fiction ma poi mi sono resa conto che non mi stavo davvero mettendo in gioco, che non stavo prendendo dei rischi, come se stessi barando senza rivelare davvero perchè io possedessi così tanti dettagli sulla protagonista. Allora ho deciso che sarebbe stato più interessante svelare che lei è la madre e io la figlia, mantenendo comunque una certa distanza e dissimulando alcuni nomi di luoghi e persone.
Che pregi e che difetti pensa di aver ereditato da sua madre?
È difficile, credo di essere poco lucida quando parlo di me stessa. Credo di avere ereditato da lei un certo amore per gli incontri con gli stranieri e con l’estraneità, una sorta di attitudine a guardare tutto quello che c’è intorno, come se entrando in un museo io non mi soffermassi solo sul dipinto ma osservassi con interesse anche quello che c’è fuori dalla cornice, fino alle macchie sul muro. È un modo di osservare il mondo che si concentra sulle cose che stonano e Jeanine, in questo, è molto più brava di me, forse per questioni d’età o forse perchè parla molte lingue, o ancora perchè, come dico nel libro, mia madre ha abbandonato le pretese lasciandosi davvero andare.
Questa dote può anche essere un difetto perchè, molte volte, può mettere a disagio chi stiamo osservando, anche perchè questo gusto per tutto ciò che è oltre, a volte mi e ci spinge a incalzare le persone ad andare al di là di certi confini.
Un altro difetto è il rapporto con il denaro: Jeanine viene dalla classe operaia e si è integrata a fatica con la classe media, e questa difficoltà è un’eredità che m’ha lasciato, infatti sono molto a disagio con la spensieratezza borghese nel dispendere i soldi.
Jeanine non ha paura dello straniero, si apre, non giudica, va oltre. In Francia, oggi, dopo gli attacchi terroristici, ci sono più Jeanine o Jeanine è una perla rara?
Jeanine non è una santa, anche se mi rendo conto che dal libro sia facile trarre questa conclusione. La maggior parte degli incontri che lei fa nel libro, sfociano poi nella solitudine. Mia madre è più curiosa che benevola, è molto contradditoria, infatti va verso gli altri ma poi, in qualche modo, si ritira.
Per quanto riguarda il terrorismo, gli attacchi hanno colpito soprattutto Parigi, quindi le piccole realtà come Rezé non hanno cambiato il proprio modo di vivere, non si sono scatenate particolari inquietudini.
O perlomeno questo è ciò che manifesta Jeanine, non posso parlare a nome di tutti i francesi.
Un’ultima curiosità, importantissima per chi ha amato e amerà Nessuna pretesa: sta scrivendo?
Sì, sto scrivendo un libro che uscirà entro il 2019, forse all’inizio del 2020. Sono ripartita con l’idea di scrivere un romanzo ma sento di non riuscirci, voglio mettermi in gioco ancora una volta e, seppur meno autobiografico di Nessuna pretesa, il nuovo libro prenderà spunto da qualcosa di molto vicino a me e alla mia vita. Mi interessa la non-fiction, un’andata e ritorno tra realtà e finzione, il dibattito di idee che sono in grado di creare scrittori come Emmanuel Carrère e Maggie Nelson.
Mi spiace ma non posso dire di più, è ancora un segreto.
Un ringraziamento speciale alla sempre bravissima Sonia Folin, che ha tradotto il mio incontro con Blandine.