Esattamente venticinque anni fa, l’11 luglio 1995, veniva perpetrato il più grande genocidio della recente storia europea, da tutti ormai conosciuto con il nome di massacro di Srebrenica.
Il giornalista e scrittore Ivica Đikić ha lavorato per oltre dieci anni per dare alla luce, nel 2016, il romanzo documentario Metodo Srebrenica, ora pubblicato in Italia da Bottega Errante.
Metodo Srebrenica
La dissoluzione della ex Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia è un capitolo della storia ancora oscuro a parecchi. Sono fatti troppo recenti per essere affrontati con cura negli odierni programmi scolastici, mentre appaiono molto distanti e sfocati per chi era già adulto negli anni 90.
Nonostante le gravi lacune di molti di noi, è sempre apparso come semplicistico dare alla smania di potere tutta la responsabilità delle mire espansionistiche di Croazia e Serbia, tralasciando le questioni etniche che furono alla base dei tentativi di annessione dei territori della Bosnia ed Erzegovina.
Quel che accadde tra il 1992 e il 1995 in quel pezzetto d’Europa andò ben oltre la spartizione di terre e la rielaborazione di confini.
C’erano di mezzo la religione, la cultura, le tradizioni e la razza.
C’era una pulizia etnica da portare avanti, senza nemmeno nascondersi troppo davanti agli occhi di un resto del mondo disinteressato, se non addirittura consenziente.
A quel punto su Srebrenica, Bratunac e Zvornik, la sera dell’11 luglio cominciò a calare un pesante sipario. Nei sei giorni successivi, nessuno nel mondo intero vide, né volle vedere, ciò che succedeva dietro quel sipario. Non vollero vedere né reagire i soldati olandesi delle Nazioni Unite e neppure i loro superiori, neppure quelli che vedevano sullo schermo del computer vibrare le immagini satellitari delle uccisioni in massa e della realizzazione delle fosse comuni. Non vollero rischiare un soldo bucato per salvare i musulmani di Bosnia ed Erzegovina. Li avevano consegnati ai loro carnefici.
Nelle pagine del libro di Đikić non si elencano però in modo accademico le cause che portarono all’uccisione di 8000 musulmani bosniaci, piuttosto si analizzano – con puntualità derivata da un’accurata ricerca storica – i metodi che furono applicati per massacrare una parte di popolazione a cui nessuno voleva dare un’opportunità di vita e libertà. Ed è proprio mettendo in fila i fatti, che per il lettore emergono – tra rabbia, impotenza e disgusto – le motivazioni profonde di quel genocidio: un odio radicato da sempre e nutrito da anni di maltollerarata convivenza.
Un odio che qui vediamo personificato nel colonnello Ljubisa Beara, che ricevette dal generale serbo Ratko Mladic l’incarico di sterminare nel minor tempo possibile ragazzi e uomini musulmani innocenti, nonostante quel territorio si trovasse in quel momento sotto la tutela di un contingente olandese della Forza di protezione delle Nazioni Unite.
Chi avrebbe ucciso? Chi sarebbe stato direttamente incaricato di sparare sui prigionieri, al fianco di tutti coloro che ardevano dal desiderio di uccidere o cui, per un gioco della sorte, stava per offrirsi l’occasione di scoprire l’assassino che era in loro? Bisognava prendere in seria considerazione la scelta degli uccisori, e con senso di responsabilità, soprattutto in rapporto al gran numero di vittime destinate e in relazione alla cornice temporale entro la quale tutto doveva essere concluso.
Ivica Đikić con Metodo Srebrenica ha messo in atto un mastodontico lavoro di ricerca delle fonti e di incrocio di dati, fatti e notizie, redendo fruibile ai lettori un libro che scorre come un romanzo distopico e che risulta attendibile come un reportage da Premio Pulitzer.
Ma non è davvero importante inquadrare il genere di questo libro.
Importante, sopra ogni cosa, è leggerlo per sapere e non dimenticare.
un libro per chi: vuole conocere la verità
autore: Ivica Đikić
titolo: Metodo Srebrenica
traduzione: Silvio Ferrari
editore: Bottega Errante
pagg. 264
€ 17