Articolo a cura di Paola Migliorino.
Romanzo a tinte forti, duro, crudo, a tratti violento, ma che non perde mai né la speranza né l’orizzonte del riscatto.
È lo stesso Dario Levantino a introdurre così La violenza del mio amore, il suo terzo romanzo – ancora una volta pubblicato da Fazi – dedicato alle vicende di Rosario, un giovane difficile, quasi costretto ai margini, indotto alla violenza e alla criminalità pur di non vedere spegnersi le persone che ama.
La violenza del mio amore
La violenza di cui parla il titolo non è quella delle cronache o dei femminicidi, ma qualcosa di intenso, perfetto, puro: è l’integrità di un amore circolare, che nutre chi lo dona e rende ancora più affamato chi lo riceve, è la meraviglia di un amore sincero, istintivo, protettivo, perfettamente rappresentato in una scena quasi mistica in cui si intrecciano l’amore sensuale e quello materno, e la cui potenza sana ogni sofferenza.
È questa la violenza dell’amore: esaurisce chi lo dona, saziandolo; sfama chi ne necessita, affamandolo.
Rosario ha perso da poco la madre, è appena uscito da una casa-famiglia in cui ha scoperto l’ipocrisia delle istituzioni, frequenta con fatica un liceo rinomato di Palermo, lontano da Brancaccio, il quartiere degradato in cui vive; suoi unici amici sono Jonathan, un cane quasi magico, e padre Giovanni, il classico prete eroico e anticonformista che si ostina ad aiutare tutti fino allo sfinimento.
Nella vita di Rosario però torna Anna, l’amore vero, fatto di impulsi, in cui non c’è bisogno di parole o spiegazioni perché è già tutto chiarissimo; Anna aspetta un figlio da Rosario, e tocca a lui prendersi cura della sua famiglia.
Rosario sarà costretto a rinnegare la propria purezza e a cedere agli ingranaggi della malavita che avanza dove lo Stato arretra, pur di avere una casa, pur di avere un lavoro.
La coerenza è solo un privilegio.
La violenza del mio amore è quindi anche un romanzo sociale, una fotografia non photoshoppata delle periferie vere, non quelle a 15 minuti di tanti proclami politici, ma a migliaia di anni luce anche da una mediocre normalità.
Potremmo essere in un quartiere degradato di qualunque città, potremmo essere a Napoli o Milano, ma scopriamo Palermo grazie agli squarci improvvisi di mare, alle bancarelle colorate e alla lingua inconfondibile: sembra quasi di sentire quella litania minacciosa, quelle vocali interminabili, quei dialoghi stereotipati! Per fortuna Palermo è anche altro, è fatta di sapori e profumi, di cupole colorate di rosso e di palazzi barocchi, che sembrano reggersi l’un con l’altro.
Palermo, per colori è una bancarella di leccornie il due di novembre, agli occhi tuoi di bambina avvinghiata a tuo padre. È il disorientamento che crea sortilegio e meraviglia. Il mare scroscia onde colorate dalle nuvole, le montagne si tingono di castagno oscuro coi temporali, oppure di smeraldo quando l’alba le bagna, il cielo in certi giorni d’agosto è una spiga di grano che ondeggia docile. Palermo, per colori, è una cassata siciliana la domenica in pasticceria dopo la messa, agli occhi tuoi di bambina in braccio a tua madre. È il rito che genera incanto e seduzione. Le pale di fico verdeggiano sui cigli delle strade, i mandarini tempestano le campagne di pioggia arancione, i fiori di zagara seminano il bianco nei cortili in centro, le cupole rosse dei monumenti incendiano i tramonti. Palermo per colori è la volta stretta della passeggiata di Ballarò agli occhi tuoi che hai perso tutto e che quando alzi il mento trovi un cielo di tendoni tutti diversi.
Dall’apparato immondo che l’autore racconta in modo così schietto e veritiero si può provare a uscire solo con la cultura, con lo studio, con il pensiero, anche se sappiamo che purtroppo spesso tutto questo non basta a sconfiggere il male e per sopravvivere talvolta è necessario cedere.
Finii per convincermi che la cultura fosse proprio questo: la capacità di diffidare del visibile per consegnarsi alle percezioni dell’invisibile.
Levantino scrive un romanzo di denuncia contro le ipocrisie di un sistema corrotto, che ingloba nelle sue maglie sporche qualunque ambito: la scuola, dove non si premia il pensiero ma il conformismo; la sanità, dove più si è ricchi più è possibile essere sani; il sociale, dove si ottiene solo se prima si corrompe.
Nei luoghi della nostra espiazione ci serve sempre un fiore reciso a guardia del dolore. La sua lezione, per quello che ne so, è il più forte anestetico per la vita, e la sua esperienza uno squarcio attraverso il velo delle illusioni.
Dietro ci ho trovato l’amore.
La speranza però, soprattutto quando c’è l’amore, è sempre l’ultima a morire e La violenza del mio amore lascia anche aperto uno spiraglio di luce che tutto può illuminare.
un libro per chi: ancora prova a resistere
autore: Dario Levantino
titolo: La violenza del mio amore
editore: Fazi
pagg. 260
€ 16