Poche cose come la narrativa e la letteratura sanno raccontare i fatti storici in modo tale da coinvolgere lettori e lettrici in necessari approfondimenti spesso mancati per mera ignoranza scolastica.
La restauratrice di libri di Katerina Poladjan, pubblicato da SEM, ha sicuramente questo dono, accendendo un lume sul genocidio armeno di cui ancora la massa fatica a prendere atto e conoscere la sequenza degli eventi, nonostante le vittime siano state stimate in 1.200.000.
La restauratrice di libri
Trascorsi più di cento anni dal massacro che i turchi perpetrarono ai danni degli armeni, cosa resta ai discendenti delle vittime ormai sparsi in tutto il mondo?
Helene Maziavian è una di questi.
Tedesca di origini armene da parte di madre, restauratrice di libri antichi, Helene raggiunge Erevan, in Armenia, per prendersi cura di un antico evangeliario del XVIII secolo e imparare l’arte della legatoria tipica di quella cultura.
È una donna riservata e distaccata Helene. Con la madre Sara, artista figurativa che per un certo periodo ha creato opere dedicate ai tanti bambini armeni morti per mano dei turchi, parla a malapena, guardandosi bene dal chiamarla “mamma”.
Con il compagno Danil, divenuto tale più per circostanza che per sentimento, comunica telegraficamente, in telefonate che hanno spesso del surreale tra botte e risposte incronguenti.
Helene è la prima a sentire distanti gli orrori del passato e non tanto con l’intento di proteggersi dal dolore, quanto per non aver mai sentito il richiamo delle proprie radici.
L’Armenia, però, con il gelido clima che si scioglie nell’accoglienza cordiale del suo popolo, ha intenzione di rivedicare il cognome, il sangue e i geni di Helene.
«È il nostro Caucaso» intervenne Arayik. «Lo sapeva, Helene, che quando Dio ha distribuito le terre tra i popoli ha dimenticato gli armeni? Accortosi dell’errore, gli ha dato la terra che aveva tenuto per sé».
Alcune annotazioni che trova sull’evangeliario che sta restaurando, la portano a farsi domande sulla famiglia che lo possedeva proprio negli anni del genocidio. Ed è qui che la narrazione schietta portata finora avanti da Katerina Poladjan prende una piega dolorosa e sentimentale, con l’arrivo nella storia di Anahid e Hrad, sorella e fratello, adolescente lei e ancora troppo piccolo lui, in fuga dai turchi che hanno già sterminato la loro famiglia.
La loro marcia del 1915 si alterna alle vicende odierne di Helene che improvvisamente – complice anche l’attrazione e il sentimento che crescono per Levon, soldato e musicista armeno, figlio di Evelina, soprintendente al lavoro della restauratrice – inizia a riscoprirsi armena e privata per troppo tempo di una memoria che deve invece essere conosciuta, conservata e condivisa.
«Gli armeni credono di essere speciali, degli eletti. La scrittura, il pane, la scarpa più antica, il primo stato cristiano del mondo. Un giorno si ritroveranno tutti in paradiso nell’Hayastan. Tu ti occupi di manoscritti armeni. L’Armenia è anche quello».
Inizia così il vero viaggio di Helene attraverso la ricerca delle proprie origini familiari, che la portano fino in Turchia, per cercare di contenere un dolore troppo grande persino da dire ed espiare il troppo tempo trascorso a non farsi domande.
Afferrai l’oggetto, era senza peso. Ilay scavò ancora e apparvero altre ossa. Guardai quello che avevo in mano cercando di capire. Era un frammento di materiale delicato, poroso in qualche punto, altrove levigato dal tempo, sbiancato dalle intemperie, non mostrava segni di danni imputabili ad animali. Guardai di nuovo Ilay. Ai suoi piedi c’erano altre ossa. Mi chinai e prese disporle.
La restauratrice di libri scorre veloce in quell’equilibrio perfetto tra narrazione della quotidianità e grande Storia, connubio raro e speciale in grado catturare l’attenzione di lettrici e lettori e rendere fruibili temi e messaggi che di norma raggiungono decisamente meno interlocutori.
Senza dimenticare quell’affascinante parte che l’autrice dedica ai libri e alla loro conservazione – qui valorizzati come fiaccole che restano sempre accese a illuminare la memoria – che rende ancora più piacevole l’incontro con questo romanzo.
«So cosa pensa, Helene,» aggiunse Evelina nella mia direzione «è quello che pensano tutti gli occidentali che arrivano qui: come si fa a lasciare questi libri antichi sugli scaffali senza protezione? Glielo spiego io. Se fossero fasciati o conservati nelle casse non potrebbero parlare tra di loro, né respirare. Una cassa è come una tomba, il libro da solo muore, capisce?»
un libro per chi: del genocidio armeno sa poco e nulla ma vuole rimediare
autrice: Katerina Poladjan
titolo: La restauratrice di libri
traduzione: Emilia Benghi
editore: SEM
pagg. 214
€ 18