La ragazza che non c’era, il primo giallo di Cinzia Bomoll pubblicato da Ponte alle Grazie, è un romanzo di genere ben costruito e ambientato in una terra che già di suo ha qualcosa di misterioso e a volte cupo: la nebbiosa e umida Ferrara, città tanto bella quanto malinconica, a due passi dalle valli palustri del Delta del Po.
La ragazza che non c’era
Una giovane donna bionda viene ritrovata morta tra le mura abbandonate del vecchio ospedale psichiatrico di Aguscello, un luogo spettrale, che sicuramente ha visto orrori ben più grandi e indicibili.
A indagare viene chiamata anche l’ispettrice di Polizia Nives Bonora, che quei luoghi li conosce fin troppo bene, avendo abitato lì accanto negli anni dell’infanzia e dell’adolescenza.
Figlia di un maresciallo dei Carabinieri ruvido e con un’eccessiva passione per l’alcool, Nives ha visto sparire la madre quando era solo una ragazzina ed è riuscita a diventare grande solo grazie all’amore della nonna paterna Argenta, una figura di riferimento importantissima, una signora ancora arzilla e con l’occhio lungo, capace di scorgere gli umori e i dolori della nipote.
Per come era stata cresciuta da suo padre, scrivere poesie rassegno di fragilità e debolezza. E poi non si confaceva il suo lavoro di ispettore. Eppure, in un angolo della sua mente, c’erano dei pensieri fatti di parole incastrate l’una con l’altra in una maniera che le dava soddisfazione. Non faceva nulla di male, lo sapeva bene, ma ugualmente non voleva che si sapesse. Come se fosse un delitto, dovevano nascondere la sua ‘passione randagia’. Scriveva quando non riusciva a dormire. Sui taccuini riportava anche i suoi appunti di lavoro, spesso riguardo a elementi carpiti sulle scene del crimine. Era come se le vittime in cui si imbatteva le parlassero con una voce silenziosa che le dettava parole da fissare sulla carta.
Indagare sulla morte di Silvia Gallerani, così pare chiamarsi la ragazza, potrebbe essere un caso abbastanza semplice, se non fosse che qualche ora dopo il ritrovamento il cadavere scompare nel nulla, sparendo dall’obitorio senza lasciare alcuna traccia.
Ancora più strano è il fatto che in verità Silvia Gallerani sia viva e vegeta e che quindi quella bellissima ragazza morta e poi tornata in vita sia impossibile da identificare.
Nives Bonora però ha un carattere cocciuto e volitivo, supportato da un intuito e una sensibilità decisamente sopra le righe, che di certo non la fermano nel cercare la verità su quello strano mistero.
Se non fosse per la faticosa relazione con il commissario Brandi, per quella passione capace di toglierle lucidità ed energie, Nives – già provata dai traumi del passato – riuscirebbe a non perdersi e a non mettersi continuamente in discussione.
Ma quell’uomo la fa impazzire, rendendola gelosa e ancor più fragile e insicura.
Aveva sempre amato le copiose nevicate degli inverni padani. Quando si dice che nel nome c’è il proprio destino… Sua madre aveva scelto per lei quel nome così poco comune ma che preannunciava il suo amore per il nord Europa, dove si sarebbe rifugiata.
Nives: ‘delle nevi’.
Quella sera il commissario Brandi si era presentato stringendole la mano e nonostante i guanti lei aveva avvertito una scossa. Dopo aver dato qualche disposizione, era rimasto a guardarla da dietro il bavero del cappotto. Si era resa conto di sudare sotto il giaccone della divisa con i cinque gradi sottozero. Una cosa del genere non le succedeva da molto. Per fortuna.
Mentre indaga sul caso, che coinvolge anche famiglie bene della Ferrara più borghese, Nives si lascia attrarre pure da Pizzi, un giovane collega della scientifica, un bel ragazzo gentile e solare ben diverso da Brandi.
A fare da sfondo a questi intrecci amorosi e al mistero da risolvere c’è una terra, l’Emilia e in particolare la bassa ferrarese, che qui viene immortalata con grande schiettezza e veracità.
… intonò la canzone di Patty Pravo: Portami al mare, fammi sognare e dimmi che non vuoi morire…
Nives era convinta che Vasco l’avesse scritta per Patty pensando alla nostalgia più per il mare emiliano vicino al delta del Po, che non per quello solare e vivace della Romagna. Del resto, stava tutta lì la differenza tra l’Emilia e la Romagna, come se il confine non fosse stato tracciato a caso. E lei preferiva il realistico disincanto dell’Emilia al cromato pragmatismo romagnolo. Almeno, si sentiva così: delusa ma ancora desiderosa di sfidare il destino.
Riuscirà l’ispettrice Bonora a risolvere il caso nonostante le proprie difficoltà relazionali?
Saprà farsi rispettare dai colleghi maschi, che non si fanno certo mancare battute sessiste e che dubitano del suo intuito e delle sue capacità analitiche?
Nives Bonora con i suoi alti e bassi rischia inizialmente di rendersi antipatica anche ai lettori e alle lettrici, risultando però alla fine un personaggio forte, dalle caratteristiche molto ben delineate da Bomoll, che nel cuore dell’ispettrice ha riversato la stessa malinconica nebbia che spesso aleggia sulle terre ferraresi.
Il finale aperto ci fa intuire una prossima serialità, che punta già alla televisione.
D’altronde l’autrice è anche sceneggiatrice e regista, pertanto non stupisce lo stile cinematografico di alcune scene, che si arrivano a vivere in prima persona.
Peccato per gli errori e i refusi di troppo, che infastidiscono un poco durante la lettura.
un libro per chi: ama la serialità nei gialli e cerca una nuova protagonista femminile da continuare a seguire
autrice: Cinzia Bomoll
titolo: La ragazza che non c’era
editore: Ponte alle Grazie
pagg. 207
€ 16