Non sarà semplice, per me, raccontarvi il nuovo romanzo di Chiara Marchelli, La memoria della cenere, in uscita il 24 gennaio per NN Editore.
Non sarà facile perché questo libro è entrato nella mia vita in giorni in cui una mia fragilità stava diventando ossessione. Giorni in cui un malessere costante mi consumava, convincendomi che ci fosse qualcosa di strano nel mio cervello, pronto a esplodere da un momento all’altro.
Io, che non credo nelle coincidenze ma sono fermamente convinta che i grandi libri spesso nascondano tra le pagine segnali necessari a chi sa coglierli, ho vissuto la storia della protagonista, mia omonima, come se fosse la mia, scongiurando quindi i miei timori e ridando nuova linfa alla mia ricerca di equilibrio e benessere.
La memoria della cenere
Elena è una scrittrice scampata alla morte. Il suo cervello è esploso in un’emorragia subaracnoidea per la rottura di un aneurisma dell’arteria comunicante anteriore.
È accaduto una notte a New York, mentre stava per fare l’amore con il compagno Patrick, professore universitario di origini francesi.
Ricoverata d’urgenza e salvata grazie a una procedura innovativa, Elena non riporta danni gravi e permanenti.
Sopravvissuta e consapevole che la ripresa sarà complessa e richiederà pazienza e cura, Elena sente che l’aneurisma le ha frantumato la vita: quella di prima s’è sbriciolata, lasciando dei vuoti che sono anche fessure utili a ridarle respiro e necessarie a far defluire ciò che ora le appare inutile e dannoso.
Provo, e ascolto il corpo che un giorno dopo l’altro ritrova la curiosità, il movimento, la fame. Bevo un poco di vino. Il vino delle caraffe, l’acqua nelle bottiglie riempite al rubinetto. Come quelle di quando ero piccola, che i miei genitori mettevano in tavola tutte bagnate.
Siamo tornati indietro, penso ogni tanto. O forse soltanto io, che nella convalescenza devo ridurre tutto all’essenziale. Dicono sia imprevedibile. Non doveva succedere a me, quindi potrebbe riaccadere con la medesima illogicità.
Ma io so perché.
Credo esista una misura di saturazione oltre la quale non si può andare. Nei sentimenti, nei pensieri. Colmi quella misura e, se non ti fermi, il corpo si ferma per te.
È Patrick a proporre di partire e cambiare vita, tornando a un ritmo umano distante dalla frenesia della grande metropoli, ed Elena, stanca quanto lui di quella vita vorace ed effimera, accetta con slancio il trasferimento in Francia, dove una vecchia casa di famiglia li attende, in un paese poco distante dall’irrequieto vulcano Puy de Lúg.
Guardando il vulcano dalla finestra, Elena programma le proprie giornate in questa terra nuova. Un giro in paese, un caffè con Bruno, il vecchio maestro di Patrick, qualche parola buttata giù al computer per non perdere l’abitudine di scrivere, anche se ora le storie faticano a fluire, e definirsi ancora una scrittrice pare un’impresa impossibile.
A ravvivare le consuetudini paesane, arrivano in visita i genitori dall’Italia, presenti anche in quei terribili giorni di malattia newyorkesi.
Elena è di nuovo figlia, un ruolo che ormai fatica a sentire e che a tratti la indispone, da cui s’è allontanata prima scegliendo New York e poi la Francia.
Piano piano le tensioni familiari iniziano a farsi largo e a mostrarsi, mentre qualcosa accade al di fuori delle mura domestiche: il Puy de Lúg si risveglia con una forte scossa, che mette in allarme tutta la popolazione, costringendo gli aeroporti a chiudere e il governo ad evacuare la zona.
Mentre fuori dalla porta incombe l’apocalisse, il focolare domestico diventa un confessionale calustrofobico, dove va in scena l’estremo tentativo di sciogliere l’irrisolto familiare.
Patrick e mia madre si girano intorno mentre faccio pensieri inutili. Non ho perso l’abitudine delle riflessioni vuote, come se non mi fidassi ancora della realtà secondo cui sono tornata a vivere un tempo normale, che non è quello orizzontale della malattia e non è quello verticale della memoria. Il tempo senza geometria della vita, che vuole azione, energia e progetti. Vuole futuro, pretende di sapere che fra tre ore ci saremo ancora tutti e bisognerà impastare la sfoglia per gli agnolotti che mangeremo stasera e saranno ottimi, anche se poi io rovinerò tutto.
È quando il Puy de Lúg erutta con violenza che Elena vive la propria personale discesa agli inferi, in un vortice di ricordi che si muovono inarrestabili nel flusso di coscienza che è magma rovente.
Un magma che esplode in una fuga, che ferisce e che rimette in discussione anche il rapporto con Patrick.
Chiara Marchelli con sguardo algido, preciso e tagliente racconta i delicati meccanismi della coppia e della famiglia, anche i più sgradevoli e consunti, senza mai condannare i suoi personaggi, uomini e donne che passano attraverso la vita e che ne vengono trafitti, cercando di afferrare il senso più profondo dei ruoli: mentre Elena s’interroga sul suo essere scrittrice, compagna, amica, figlia, noi lettori facciamo altrettanto, certi di non avere tutte le risposte in tasca e altrettanto sicuri che alla fine del libro avremo una speranza in più di trovarle.
La memoria della cenere – con il suo fiume di parole nitide e potenti, di quelle che sanno pungolare a ogni pagina – smuove nel lettore un turbinio di sensazioni discordanti, tra gli alti e bassi di un ottovolante emozionale che lascia adrenalinici e sconnessi.
Una lettura capace di fare emergere e al tempo stesso esorcizzare le nostre paure, anche le più inconfessabili.
un libro per chi: si guarda allo specchio e non si riconosce più
autore: Chiara Marchelli
titolo: La memoria della cenere
editore: NN Editore
pagg. 297
€ 18
Recensione puntuale e da cui traspare la passione con cui leggi e che riesci a trasmettere ,incuriosendo verso questo libro
Grazie Maria, ma è davvero facile appassionarsi quando i libri sono così belli, intensi, importanti!