Articolo a cura di Paola Migliorino.
Dopo il meritato successo di Frieda, Ponte alle Grazie pubblica il secondo romanzo di Christophe Palomar, La crisi colpisce anche di sabato, che già dal titolo si preannuncia completamente diverso dal precedente.
La crisi colpisce anche di sabato
Grazie a un fil rouge che lega luoghi e persone, seguiamo le vicende dei vari protagonisti che si muovono lungo le pagine del libro e i cui destini si intrecciano in maniera imprevista, ma al tempo stesso naturale.
E il fil rouge purtroppo è la crisi, sia quella collettiva che quella più intima e individuale dei singoli personaggi.
Si inizia da Roma, Testaccio, quasi centro città ma non così tanto da non poter essere un quartiere popolare, delimitato a nord da Via Marmorata, un lungo viale che unisce la Piramide al Tevere, e più a sud dalle Mura Aureliane, che cingono il Monte dei Cocci e le case popolari che gli sono sorte attorno.
È un sabato sera e il pensionato Adriano Pasciuti, affacciato a una finestra dell’appartamento in cui è cresciuto e cha ha poi accolto il fallimento del suo matrimonio con Angelica, osserva i nuovi giovani che si divertono, così diversi da come era lui, timido ragazzo di origini ciociare.
Questi ragazzi non valgono niente, pensa ridendo che è un piacere. Hanno i giorni contati come le farfalle: il tempo di invaghirsi di un altro paio di cellulari nuovi e dovranno lasciare il posto alla prossima generazione di ebeti che è già lì che freme! Essere giovani richiede un minimo di riflessione e di impegno.
La vita di Adriano è triste, senza grandi emozioni, priva di rapporti umani, a parte quelli frettolosi e clandestini con prostitute straniere dalle lunghe gambe, e si consuma ormai quasi esclusivamente all’interno di un grande condominio popolare, perfetta ambientazione per un film di Ozpetek.
Adriano è nostalgico, ripensa al suo passato, all’entusiasmo per il posto fisso, un lavoro alle Poste, al primo bacio con Angelica.
Uno stormo di uccelli passa maestoso sopra i millenni dell’Aventino mentre un motorino si allontana scoppiettando. Angelica porge le labbra e per Adriano si tratta del primo bacio vero. Il primo bacio della storia del mondo. Il bacio perfetto. Capitale e lavoro possono allentare la presa.
Poi tutto è cambiato, si è ingrigito, è finito.
La crisi personale di Adriano è metafora e pretesto per la crisi morale universale, per analizzare il venir meno dei valori, la decadenza dei popoli e di Roma Capitale.
Solo Baumgartner, colto vicino di casa di Adriano e forse ennesimo amante di Roma mignotta, sembra incantato dalla città e dalla sua storia.
Quanti forestieri ricorderanno che questa città era vestita da gran serata quando il resto d’Europa era tutto un inquietante bosco? E che è stata invidiata, scimmiottata, saccheggiata e violentata come nessun’altra femmina nella storia del mondo? E quanti romani ricorderanno di avere un dovere morale nei confronti di chi ha adornato la loro città dei marmi più belli del mondo antico?… L’impressione è che questa città potrebbe spegnersi da un momento all’altro. Invece non morirà perché Roma non è stata progettata per morire. Roma rimarrà ancora a lungo al centro della Via Lattea a porgere il seno agli sconosciuti, lupa clemente persino con chi è venuta a depredarla.
Poi all’improvviso siamo catapultati a Milano con Gioia, HR manager di una multinazionale di successo, intrappolata in riti di coaching e termini inglesi che consentono di mutare la realtà delle cose senza in realtà cambiare nulla.
La crisi che colpisce Gioia in un triste sabato sera la porta a ripercorrere tutta la sua vita, i suoi matrimoni, la sua maternità e i rapporti con la famiglia di origine.
Alla maternità non c’è scampo. Né tantomeno la possibilità di incontrare un orecchio benevolo. È lecito lamentarsi di tutto tranne che di questo. È lecito parlare di tutto tranne che di questo. La verità è che la maternità non fa per tutte le donne e ovviamente non fa per tutte le tasche. La gente lo sa eppure tace. La donna soffre eppure tace.
È incredibile come il pensiero sia diverso, sincopato, ubriaco, in una città tesa al successo e al guadagno, in cui le crisi dell’ultimo ventennio hanno ridotto il tempo da dedicare agli altri: niente più telefonate ma ben più efficaci WhatsApp, poi messaggi vocali ed emoji, perché il tempo è denaro e denaro non ce n’è.
A Milano vive anche Ugo, il professorino fratello di Gioia, completamente diverso da lei: lui preferisce gli sconosciuti ai parenti e i libri alla gente, vive in periferia, dove la bruttezza persistente può lenire l’insostenibile venir meno delle cose, in un bilocale un po’ malandato in cui le stoviglie sporche si accumulano nel lavandino e i libri proliferano ovunque.
Ugo adora i colori pastello delle edizioni Adelphi, li sfoglia, li annusa, li accarezza. Ugo mangia in trattorie consumate, come i vecchi soli, e va in giro a fotografare soggetti vari che hanno segnato urbanisticamente i cambiamenti dovuti ai momenti di crisi: i mutamenti dell’edilizia popolare, il razionalismo fascista, il caos del boom economico, la speculazione immobiliare della Milano da bere.
Ma Ugo non è solo, ha un’amica, una compagna, un’amante che lo ascolta.
E pensa, tanto. Si fa domande, riflette, ricorda.
La parte di Milano che piace meno a Ugo è il centro. Il nucleo dei navigli per intenderci, il nucleo della gente liquida che sculetta e va veloce anche quando non serve.
Infine, Ferrara, città di provincia i cui abitanti coltivano interessi e valori diversi.
Un gruppo di amici si ritrova un sabato sera per una pizza e andare a rivedere Avatar. Non hanno nomi, anzi non ci vengono presentati per nome ma – volutamente – solo per numero.
All’inizio si fa un po’ fatica a distinguere l’uno dall’altro. Poi, pian piano le differenze emergono e le storie si intrecciano; ognuno diventa riconoscibile per i pensieri che gli attraversano la mente mentre sta seduto con gli altri attorno a un tavolo, per i desideri e le passioni, per i timori e gli obiettivi.
Emerge così il ritratto di una generazione triste, senza ideali, senza futuro.
Nell’epilogo di questo romanzo corale così ben scritto da Palomar, alcuni dei protagonisti si ritrovano per mettere un punto alla storia e ricordarci che non sempre le cose vanno come vorremmo.
La crisi colpisce anche di sabato è uno spaccato sincero dei giorni che viviamo, talvolta angoscianti e sempre più contraddistinti da un individualismo che l’autore qui riesce a raccontare con grande accuratezza.
un libro per chi: cerca nella lettura anche spunti per riflessioni profonde, senza paura
autore: Cristophe Palomar
titolo: La crisi colpisce anche di sabato
editore: Ponte alle Grazie
pagg. 432
€ 18