Keller non mi delude mai.
Porta in Italia libri che lasciano in me un segno profondo; romanzi brevi ma intensi come La Casa delle Parole, della giovane francese Cécile Coulon.
Una trama distopica, ambientata in un futuro imprecisato e in un mondo in cui i libri diventano una droga capace di sconvolgere le masse, per poi addomesticarle.
Poteva non essere un libro perfetto per me?
La casa delle parole
Le librerie non potevano vendere una sola opera classificata come letteratura: i testi complessi costituivano un intralcio al buon svolgimento del Programma. Le biblioteche vennero svuotate, i reparti riorganizzati. Cassoni pieni di romanzi, di raccolte di racconti, saggi politici partivano verso le Discariche in periferia dove la carta dei vecchi libri veniva riutilizzata per i nuovi. Il successo delle Case delle Parole aveva distrutto le teorie di genere, registro o persino di forma letteraria.
In questo inquietante futuro i libri che noi conosciamo non esistono più.
Nessuna copertina dalla grafica accattivante, nessun titolo incisivo, nessuna grande trama che diventi vera letteratura.
Pure le famigerate fascette sono state abolite.
Ora i libri sono classificati sotto l’emozione o la reazione che generano nei lettori.
Abbiamo quindi Libri Tristezza, Libri Brividi, Libri Odio, Libri Tenerezza, Libri Risate a Crepapelle. Studiati da quelle che un tempo erano case editrici e che oggi sono Case delle Parole, questi testi semplici, che ben si guardano dall’essere capolavori, hanno un unico scopo: soggiogare le masse di lettori, dando loro le forti emozioni necessarie a sfogare la parte più intima dell’animo umano.
Questo è il metodo inventato dalla dottoressa Lucie Nox, inizialmente impiegato per disintossicare un popolo sempre più dedito alla droga e all’eccesso: dare all’uomo emozioni forti, così che possa soddisfare le proprie necessità senza l’uso di sostanze psicotrope.
È stato il Governo – una sorta di Grande Fratello – a imporre il metodo Nox al di fuori delle cliniche specializzate, con l’intento di dominare il popolo rendendolo schiavo delle proprie emozioni.
Il culmine di questa insolita pratica di plagio psicologico si raggiunge durante le Manifestazioni ad Alto Rischio, quando migliaia di lettori affamati di parole si riuniscono in enormi stadi, pagando caro un biglietto che garantisce l’ascolto di un libro, recitato da un Lettore.
Lo stadio tremò allora con le sue migliaia di membra.
Mostro di carne e di ferro, di urla e di risate inumane. Il Lettore, galvanizzato dalla furia delle sue pecorelle, sfoderò le parole più rapidamente, più forte. Sotto le raffiche, gli spettatori non avevano il tempo di riprendersi. Urlavano.
Chi meglio di un analfabeta, incapace quindi di lasciarsi travolgere da quelle emozioni così devastanti, può sorvegliare questa massa di lettori eccitati, pronti a tutto pur di soddisfare il proprio delirio?
Le Guardie vengono accuratamente selezionate da un efficiente sistema di tutor e dopo una lunga serie di prove sia fisiche che psicologiche.
Chi riesce a superare la selezione perde la propria identità, venendo quindi identificato da un semplice numero; in cambio ottiene una vita agiata, in una grande casa, con domestici a disposizione.
Il sogno di lasciare la povertà per diventare una persona importante muove centinaia di aspiranti, ma solo alcuni potranno rendersi utili al Governo e al Progetto Nox.
Pochi candidati venivano dalle campagne in decomposizione attorno alle grandi città. Lui ne faceva parte.
Da quei deserti bruni, oppressi da piogge assassine e soli fumanti, si effondeva l’amore consunto fino all’osso. I camini sputavano sempre la loro nicotina agricola. Gli abitanti vivevano in semiautarchia, ogni famiglia insediata sul suo pezzo di terra da più di cinque generazioni. Conoscevano la natura quanto il fondo delle loro tasche bucate: la terra li aveva nutriti, costruiti, il vento tagliava i visi, sfondava i petti, il tabacco forava denti e polmoni, ingialliva baffi e unghie. I paesini sopravvivevano, regioni alla deriva fiere della loro improbabile solitudine.
Il migliore dei guardiani si rivela 1075, analfabeta, di famiglia contadina, con grande prestanza e resistenza fisica, che appare gelido e incapace di provare alcuna emozione.
Il soggetto perfetto per mantenere la calma e tenere sotto controllo le migliaia di lettori invasati durante L’Ora di Grazia.
1075 non lasciava trasparire nulla. Contrariamente ai suoi colleghi, nella sua infanzia aveva ricevuto un po’ d’amore: la vita era dura e mancavano i soldi, ma a volte l’affetto faceva capolino con una carezza.
Durante una manifestazione, però, 1075 viene ferito da un molosso feroce, addestrato all’attacco dei cittadini più squilibrati; il ricovero in ospedale, in un reparto specializzato dove riceve le migliori cure dalle infermiere più servizievoli, coinciderà con la scintilla della ribellione e il desiderio di imparare a leggere.
Svegliatosi dal suo ultimo incubo, 1075 si era reso conto che non la smetteva di rivoltare l’alfabeto in lungo e in largo; lo scuoteva, lo maltrattava, lo obbligava a torcersi sotto le sue dita. 1075 lo domava, le zanne del molosso avevano aperto una ferita ben più profonda di quella che gli lacerava i muscoli: la sua coscienza era stata forzata.
In un mondo dove la letteratura è stata fatta a pezzi e sepolta, per far spazio alla volgarità del pensiero banale, 1075 fagocita letture su letture, nella speranza di sentir muovere almeno un’emozione.
Ci riuscirà?
La Casa delle Parole è un romanzo intelligente e inquietante, con una morale ben chiara: un attacco diretto ai libri spazzatura e alla semplificazione di pensiero che essi provocano, in un mondo sempre più assuefatto alla mancanza di profondità intellettuale.
Una storia che inevitabilmente ci fa pensare che il Montag di Bradbury avrebbe avuto, in questo caso, molta carta straccia da incendiare.
un libro per chi: ha amato Fahrenheit 451 di Ray Bradbury
autrice: Cécile Coulon
titolo: La casa delle parole
traduzione: Tatiana Moroni
editore: Keller
pagg. 160
€ 14