Esce domani per Mondadori il nuovo breve romanzo di Marco Franzoso, L’innocente.
Franzoso, autore che mi aveva già profondamente turbata con Il bambino indaco, torna in libreria con una storia sulla natura umana, altrettanto attuale e sconcertante.
L’innocente
È un’estate torrida e accecante quella che stanno vivendo Matteo e sua madre.
La loro vita è stata stravolta da un incolmabile lutto e tutto è così difficile da sembrare insormontabile.
Il pianto isterico della madre si contrappone al silenzio serafico del figlio, in un ritmo familiare che mette immediatamente a disagio il lettore, stordito da fatti accennati appena, che fendono comunque le pagine con una prepotenza tale da farci male.
Matteo ha una sorellina piccola e due nonni materni che non fanno altro che aumentare le lacrimevoli nevrosi della madre, ed è per questo che prende respiro rifugiandosi nei bei ricordi condivisi con il padre, camionista, contadino e pescatore, capace di spiegargli la vita in tre semplici ma fondamentali mosse: misurare, scavare e poi dimenticare.
Ed è così che il dodicenne cerca di affrontare il pesante fardello che lo attende.
Un incontro con una Giudice e una Psicologa, in quella che definisce la Stanza delle parole. Un luogo in cui ciò che viene detto e non detto può cambiare lo scorrere della vita.
Le parole hanno due facce, una visibile e una nascosta, perché tutto è doppio, non ci possiamo fare niente.
Non sono figure femminili accomodanti quelle che stanno di fronte a Matteo.
La Giudice ha fretta di chiudere il caso, la Psicologa congela l’empatia e non va oltre il rigido confine professionale, perché quel minore, bisognoso e fragile, è pur sempre e solo un testimone da cui spremere informazioni necessarie a condannare un imputato.
Così vuole la legge, così impone la prassi.
Matteo, quindi, viene crudamente posto di fronte ai fatti che lo hanno condotto fin lì. Non ci sono guanti bianchi o gesti affettuosi, ci sono solo parole che devono condurli alla verità.
Chi è l’innocente? Chi ha la colpa?
Ripercorrendo i fatti in un dialogo doloroso e serrato, pregno di contraddizioni tra il pensato e il detto, Matteo è costretto a rivivere il passato e guardare in faccia la realtà, non senza farsi attraversare da questioni potenti.
Qualcuno lo ha ferito o è stato lui stesso a provocare?
Parla Matteo, così vogliono Giudice e Psicologa. Parla e vedrai la fine di questo incubo.
La sua famiglia, si partiva sempre da lì, dopo le domande sulle caramelle. E lui avrebbe iniziato come volevano e detto che la sua era stata una famiglia unita ma dopo la morte di suo padre le cose erano cambiate. Era cambiato lui ed era cambiata sua madre, era sempre stanca, svogliata, e ogni cosa le costava fatica, vestirli, preparare da mangiare, fare la spesa, pulire la casa, le bollette da pagare. Seguire lui e Clarissa era diventato troppo pesante per lei, e piangeva sempre. Almeno c’erano i nonni, per loro era tutto facile, anzi, da quando era mancato suo padre parevano ringiovaniti perché potevano fare quello che volevano senza chiedere a nessuno.
Con la solita capacità di osservare senza giudicare, Franzoso ci porta su un terreno vischioso, da cui è difficile uscire puliti.
Lo fa raccontandoci una storia di abuso dal punto di vista della giovane vittima, aggiungendo al carico emotivo il doloroso turbamento della perdita e della mancanza.
E se c’è forse un unico giudizio che traspare, è quello sul difficile lavoro della magistratura, tragicamente divisa tra diritto alla difesa, tutela della parte lesa ed efficacia delle sentenze.
L’innocente è un insolito romanzo di formazione, che stringe lo stomaco e toglie il fiato.
Una storia che ci lascia l’amarezza di un subdolo dubbio: esiste qualcuno totalmente innocente?
Siamo esseri umani, ed in questo, forse, risiede la nostra colpa.
un libro per chi: non teme di affrontare il profondo e oscuro abisso che si cela in ognuno di noi
autore: Marco Franzoso
titolo: L’innocente
editore: Mondadori
pagg. 156
€ 18