Che razza di libro è quello che ti catapulta in un mondo terrificante ma lo fa con una grazia tale da renderlo luminoso e pieno di poesia?
È un libro speciale e importante, come L’arte di legare le persone di Paolo Milone, pubblicato da Einaudi.
L’arte di legare le persone
Milone è uno psichiatra genovese che sa riconoscere il dolore della malattia mentale e della dipendenza.
Lo vede, lo sente, lo annusa. Lo immagina.
Le sue memorie di medico in prima linea nel reparto ospedaliero di Psichiatria d’urgenza sono raccolte, in forma di poetici frammenti, in questo libro che sa di epopea a noi comuni mortali che certi temi li abbiamo solo sfiorati.
Se non hai mai provato il dolore psichiatrico, non dire che non esiste. Ringrazia il Signore e taci.
Non c’è però alcuna ostentazione di eroismo in Milone.
La sua è una missione, è vero, con un’attenzione rivolta ai pazienti che è merce rara, soprattutto in un’epoca di sanità colabrodo.
Ma dello psichiatra ci colpisce soprattutto la schiettezza nell’ammettere che le relazioni con i malati sono rapporti in cui il dare ha tanto peso quanto l’avere, in cui l’empatia è il mezzo per prelevare acqua da pozzi oscuri.
Acqua sì marcescente, torbida, maleodorante, ma pur sempre capace di irrorare la terra generando vita anche per chi sta lì ad ascoltare, a curare.
È un corpo a corpo fisico e mentale quello tra psichiatra e paziente.
Con Lucrezia, autolesionista intelligente e beffarda, è uno scambio sfinente, ossessivo, stimolante.
Con Carmelo, delinquente tossicodipendente, è un inseguirsi senza tregua negli anfratti delle menzogne.
Con tutti i pazienti che troviamo tra le pagine e che ricorderemo per sempre, ma anche con tutti coloro di cui non sappiamo nulla, migliaia e migliaia di persone, talvolta insospettabili.
Non li vedrete mai.
Non li sentirete mai.
Non sospettate neppure la loro esistenza.
Eppure sono tanti: centinaia, migliaia in una città.
Pazienti che non è sempre possibile salvare, che diventeranno rimorsi e sensi di colpa attutiti solo dall’esperienza ma comunque presenti come fantasmi, impossibili da dimenticare.
Pazienti che a volte devono essere legati, altre volte solo presi per mano.
Ma questa è la cosa bella del nostro mestiere:
si passa dalla tauromachia
a distendere la mano perché una farfalla in volo vi si posi leggera.
A fare da sfondo alle storie raccontate in queste pagine c’è Genova, città pulsante come un cuore tachicardico, che sa nascondere nei suoi vicoli i tanti dolori di chi la abita, che sa sospendere ogni giudizio, che può fare sentire infinitamente soli ma anche simili a tutti gli altri.
Milone è compassionevole – nel significato più semplice del termine, senza le sovrastrutture aggiunte con cui si tende a modificarne l’essenza più vera -, perennemente in ascolto, pronto a tendere una mano, consapevole che esserci davvero e che rispettare e farsi carico del dolore altrui – sentendolo, dichiarandolo e non occultandolo – siano le basi di un tentativo di cura della patologia mentale.
L’arte di legare le persone illumina l’ignoto che tanto ci spaventa e ci fa dono di frammenti di vite che non sono le nostre ma che, da oggi, faranno comunque parte di noi.
un libro per chi: è disposto a sentire, ad aprire le braccia per accogliere e a tendere una mano
autore: Paolo Milone
titolo: L’arte di legare le persone
editore: Einaudi
pagg. 191
€ 18.50