Ci si può sentire stranieri in mezzo alla natura?
In terra straniera gli alberi parlano arabo, struggente memoir dell’iracheno Usama Al Shahmani pubblicato da Marcos y Marcos, racconta la vita di un profugo costretto a lasciare la propria terra per costruire una vita altrove.
Il libro sarà protagonista dell’incontro del gruppo di lettura Babele il prossimo 27 aprile.
In terra straniera gli alberi parlano arabo
Usama è fuggito dall’Iraq nel 2001.
Era troppo rischioso per lui, letterato che con i suoi scritti e le sue opere si opponeva al regime di Saddam, restare a vivere accanto alla sua famiglia, nella terra delle palme e dei datteri, una tempo culla della civiltà e oggi luogo dove la dittatura e la corruzione impediscono addirittura di respirare.
Arrivato in Svizzera, Usama alloggia in un centro per rifugiati e cerca di capire che ne sarà di lui in quella terra straniera dove in molti sono gentili ma dove tutto è estremamente diverso dal suo mondo di prima.
Al centro conosce Bilal, anche lui iracheno, che in Svizzera ha una zia che aveva lasciato l’Iraq moltissimi anni prima del regime di Saddam, e s’è talmente adeguata alla vita europea da aver dimenticato la condizione femminile nella sua terra d’origine, tanto da non portare in faccia l’amarezza della terra straniera come i segni di un melanoma.
L’incontro con questa donna così distante dal suo passato e così integrata tra gli svizzeri, accende in Usama una scintilla, un pensiero che non aveva mai fatto prima: camminare nel bosco, avventurarsi tra gli alberi, può fare bene alla sua anima ferita?
Non riuscivo a capire perché gli svizzeri avessero l’abitudine di andare a piedi – nei boschi, sulle montagne, nelle valli, su sentieri impervi – per fare una semplice camminata. Pensavo fosse una battuta quando ci raccontò che quasi tutti i fine settimana andava a camminare con il marito.
È così che iniziano le passeggiate di Usama nei boschi svizzeri, dove si siede a parlare con gli alberi, raccontando loro le sue inquietudini, le mancanze ma anche la speranza di avere un futuro, di ritrovare la pace in se stesso.
Il bosco si fa rifugio anche quando viene a sapere che suo fratello minore Ali è scomparso a Bagdad, probabilmente sequestrato, torturato e ucciso dalle milizie di Al Qaeda.
Immergermi nel bosco mi è sempre di grande aiuto per far tacere il passato e per pensare a un nuovo inizio. Piegati e muoviti, sii come gli alberi nel vento, comportati come un albero e lascia scorrere tutto perché tutto passerà. Anche ciò di cui ti preoccupi ora è effimero, pensai e guardai le gemme sui rami.
Nonostante il costante dolore per la perdita di Ali, nell’incertezza che sia vivo o morto, Usama continua a camminare, a scalare le montagne, a vivere, ad amare, a costruire un mondo migliore per sé, dal quale, diversamente da molti altri profughi, non esclude la famiglia di origine, alla quale rimane fortemente legato, mentenendo viva la memoria non solo delle persone che ha amato ma anche degli alberi del medioriente, così diversi da quelli svizzeri.
Quando dico ‘patria’, il mio occhio interiore vede una palma da datteri. Gli alberi sono come li vediamo? Da quando vivo in Svizzera la palma da datteri è scomparsa dalla mia vita e ha lasciato un vuoto dentro di me. Davanti alla finestra non vedo le palme, vedo meli e ciliegi. Sono diventati una componente essenziale della vita, ma non hanno colmato il vuoto.
In terra straniera gli alberi parlano arabo è una toccante testimonianza sull’essere profughi, sul dover recidere le radici con la propria terra per poter sopravvivere alla distanza, sul trovare in se stessi la forza di andare avanti senza mai dimenticare da dove si è partiti.
Un libro lieve, delicato eppure capace di farci sentire l’amarezza e la fragilità di Al Shahmani e di chiunque sia costretto nella sua stessa condizione.
Da leggere.
un libro per chi: spesso non sa dove rifugiarsi
autore: Usama Al Shahmani
titolo: In terra straniera gli alberi parlano arabo
traduzione: Sandro Bianconi
editore: Marcos y Marcos
pagg. 183
€ 16