Il mio amore per Oliver Sacks ha messo le radici nel lontano 1987, quando a 13 anni, vagando nella biblioteca del paesello, m’imbattei in Risvegli. Fu una lettura non facile ma talmente affascinante da rendermi eternamente devota al grande neurologo e psichiatra inglese.
Sacks se n’è andato nel 2015, ormai ottantaduenne, lasciandoci un saggio postumo, scritto poco prima di morire: Il fiume della coscienza oggi è in libreria pubblicato da Adelphi e, ancora una volta, sottolinea la grandezza dell’uomo, dello studioso e dello scrittore che tanto ha dato a tutti noi lettori.
Il fiume della coscienza
Il fiume della coscienza è una raccolta di dieci saggi piuttosto brevi, che spaziano tra diverse discipline care allo scienziato: non solo neurologia, quindi, ma anche botanica, biologia, filosofia, chimica e anatomia, umana e animale. Un ventaglio di conoscenze che in questo libro scorrono travolgenti, divenendo vera e propria letteratura, grazie alla straordinaria capacità di Sacks di trasformare in racconto appassionante ciò che apparentemente è asettica scienza.
Un omaggio alle opere e agli studi di Charles Darwin, Stephen Jay Gould, Sigmund Freud, Jorge Luis Borges, che sottoline quanta rispettosa sete di sapere fosse insita in Sacks e quanto fosse per lui necessaria la condivisione attraverso la parola scritta.
Diventa allora un’eroina la cara Drosera che cattura gli insetti e altre forme organiche per nutrirsi, così come Darwin, che la osserva, diviene agli occhi del lettore un amico intimo di cui essere profondamente orgogliosi.
Conoscere la mia unicità e la mia antichità biologica, sapere che sono biologicamente imparentato con tutte le altre forme di vita, mi riempie di gioia. Questa conoscenza mi radica, permette che io mi senta a casa nel mondo della natura, che io abbia una percezione del mio significato biologico – quale che sia il mio ruolo nel mondo degli esseri umani e della cultura. E benché la vita animale sia di gran lunga più complessa di quella vegetale, e la vita umana di gran lunga più complessa di quella degli altri animali, io riconduco questa percezione del significato biologico all’epifania di Darwin sul significato dei fiori, e gli indizi che io stesso ne colsi, in un giardino londinese, ormai quasi una vita fa.
Stuzzicato da H.G. Wells, Sacks si addentra pure nei meandri della fisica, dandoci spunti efficaci per una rilettura dello scorrere del tempo.
Spesso si dice che, quando si invecchia, il tempo sembra andare più velocemente e gli anni corrono: o perché quando si è giovani i giorni sono pieni di impressioni nuove ed emozionanti; o perché invecchiando, un anno diventa una frazione sempre più esigua della propria vita. Ma se è vero che gli anni sembrano scorrere più rapidamente, questo non vale per le ore e i minuti, che restano gli stessi di sempre. Almeno così sembra a me (che ho passato la settantina), benché alcuni esperimenti abbiano dimostrato che mentre le persone giovani sono notevolmente accurate nella stima di un intervallo di tre minuti misurato interiormente, a quanto pare i soggetti anziani contano più lentamente, e quindi tre minuti da essi percepiti sono in effetti più vicini a tre minuti e mezzo o anche a quattro. Non è chiaro, però, se questo fenomeno abbia qualcosa a che fare con la sensazione esistenziale o psicologica di un più rapido scorrere del tempo quando si invecchia.
Da questa riflessione, poi, si parte in una veloce analisi di affascinanti casi di mutamenti della velocità umana, dovuti a patologie e sindromi che gli amanti dei medical drama televisivi avranno già sentito più volte nominare.
Poco dopo ci si ritrova a chiacchierare benevolmente del Freud neurologo e anatomista, altre specializzazioni dello psichiatria, sconosciute ai più. Ed è sempre più evidente l’umile ammirazione che Sacks provava per questi studiosi di epoche precedenti.
Ma il capitolo che più colpisce è quello dedicato alla memoria. Sacks s’interroga sulla veridicità di certi ricordi che maturano nella memoria e diventano così concreti da essere considerati vissuti. In realtà, scopriamo che alcuni di essi provengono dalla rielaborazione di racconti altrui che facciamo nostri e che trasformiamo, inconsapevolmente, in vicende personali da tramandare ad altri.
Ecco quindi che prende piede una teoria, capace di giustificare anche i plagi artistici.
Riguardando i miei vecchi taccuini, scopro che molti dei pensieri che vi ho appuntato restano dimenticati per anni, per poi riprendere vita ed essere rielaborati come fossero nuovi. Ho il sospetto che tutti incappino in tali dimenticanze, forse comuni soprattutto in chi scrive, dipinge, compone, giacché è probabile che la creatività ne abbia bisogno per riportare alla luce ricordi e idee, e osservarli in contesti e prospettive nuovi.
Sull’argomento, infine, il neurologo ci rassicura come farebbe un dio paterno e amorevole.
Come essere umani ci tocca una memoria fallibile, fragile e imperfetta – ma dotata anche di grandissima flessibilità e creatività. La confusione a proposito delle F
fonti, o l’indifferenza verso di esse, può essere un paradossale punto di forza: se potessimo identificare l’origine di tutta la nostra conoscenza, saremmo sopraffatti da informazioni spesso irrilevanti. Il disinteresse per le fonti ci consente di assimilare quello che leggiamo, quello che ci viene raccontato, quello che altri dicono, pensano, scrivono e dipingono, con la stessa intensità e ricchezza di un’esperienza primaria. Questo ci permette di vedere e sentire con altri occhi e altre orecchie, di entrare in menti altrui, di assimilare l’arte, la scienza e la religione attingendo alla cultura nella sua totalità, di penetrare e contribuire alla mente collettiva, al commonwealth della conoscenza. La memoria non emerge soltanto dall’esperienza, ma anche dal rapporto tra molte menti.
La voce di Sacks prosegue amichevole e familiare, soprattutto nel condividere i propri problemi d’udito e le magie che il cervello crea per colmare le lacune dell’ascolto. Così vicino a noi, con il suo tono pacato e confidenziale, da farci sussultare seriamente preoccupati di fronte al racconto del cancro e delle metastasi che crescono nel suo fegato.
Un medico e uomo straordinario, capace di fare divulgazione scientifica anche sulla propria pelle.
Ed è questa, infatti, la preziosa eredità che rimane dalla lettura de Il fiume della coscienza: un’opera di ampio respiro, un testamento che è soprattutto un inno alla vita di tutto e di tutti, uomini, piante e animali.
Dottor Sacks, ci mancherà tantissimo leggerla.
un libro per chi: non si stanca mai di analizzare e apprendere
autore: Oliver Sacks
titolo: Il fiume della coscienza
traduzione: Isabella C. Blum
editore: Adelphi
pagg. 203
€ 19