Si può raccontare la violenza della morte e il dolore della perdita senza farsi sopraffare dalla retorica delle emozioni?
È ciò che ha fatto, in maniera chirurgica e ineccepibile, Gabriela Ybarra con il romanzo breve Il commensale, pubblicato da Alessandro Polidoro Editore e finalista al Man Booker International Prize nel 2018.
Il commensale
La memoria è il bagaglio più prezioso che abbiamo, non importa se a volte risulti pesante e ingombrante, è in essa che confidiamo per collocarci nel mondo.
Lo comprende e ce lo racconta così bene l’autrice, che non conosceva fino in fondo il passato della propria famiglia e solo in età adulta – in seguito alla precoce scomparsa della madre – indaga sulla morte del nonno, assassinato dall’ETA, l’organizzazione terroristica basco-nazionalista che a suon di feroci attentati lottò violentemente per oltre cinquant’anni per chiedere l’indipendenza dei Paesi Baschi dal governo spagnolo.
Mio nonno fu sindaco di Bilbao tra il 1963 e il 1969, Presidente del Distretto di Vizcaya tra il 1947 e il 1950, del giornale El Correo Espanol – El Pueblo Vasco e del Tribunale dei Minori. Fu anche consulente di varie aziende, membro della Real Academia de la Historia e autore di dieci libri sulla provincia di Vizcaya. Era leggermente zoppo, era stato ferito al ginocchio destro nella battaglia dell’Ebro durante la Guerra Civile.
L’ETA lo aveva individuato come obiettivo perché lo considerava il referente intellettuale di Neguri e perché apparteneva a una delle famiglie che storicamente avevano ricoperto alte cariche nella provincia. Il gruppo riconosceva in lui l’emblema del potere spagnolista. Tre giorni prima della sua morte, il 15 giugno del 1977, si erano tenute in Spagna le prime elezioni democratiche. L’assassinio di mio nonno fu condannato dai media e tutti i gruppi politici si indignarono, ma nessuno si mobilitò. «Se lo hanno ammazzato sarà perché avrà fatto qualcosa di male».
Non è certo questa, però, la più grande perdita di Gabriela: è un tassello fondamentale del passato, utile a comprendere scelte e atteggiamenti della sua famiglia; è un rimando alla Grande Storia, quella che si studia sui libri e che si rintraccia in archivi ed emeroteche; è parte degli incubi del padre e degli zii, quindi ormai inscritto nel DNA dell’intera discendenza.
Ma non è il dolore intimo e scarnificante del lutto causato dalla prematura perdita della madre, portata via da un feroce e divorante cancro, capace di distruggerne le speranze di salvezza in poche settimane.
Una madre elegante e delicata, discreta ma presente, tenace ma pronta ad andarsene con compostezza di fronte alla sentenza finale.
Quella mattina in ospedale la sua richiesta d’aiuto mi colse di sorpresa. Non pensare di chiamare nessuno. Mise il braccio dietro la sua schiena e l’aiutai e tirarsi su. Subito si stancò. Ci fermammo alcuni minuti per farle riprendere fiato. Quando il suo respiro tornò normale, le afferrai le gambe e le spostai con attenzione finché non penzolarono dal letto. Poi riposammo ancora un momento. Così continuammo ad avanzare un po’ alla volta, finché riuscì a mettersi in piedi e a raggiungere il bagno. Arrivata alla doccia si fermò, alzò le braccia e attese che la spogliassi.
Mentre la madre inizia il suo viaggio senza ritorno, la figlia annota e racconta con dignitoso distacco la perdita penosa e inaspettata, che la porterà a voler fare chiarezza su ciò che è stato per tanto tempo non detto in famiglia.
Perché il DNA non mente mai e quello degli Ybarra, ormai, porta in sé il gene della tragedia e quello della sopravvivenza.
Il commensale è un romanzo che, per quanto breve ed essenziale, dimostra una tale potenza da deflagrare, anche a distanza di giorni, nel cuore dei lettori.
Da leggere.
un libro per chi: ama la prosa di Annie Ernaux
autore: Gabriela Ybarra
titolo: Il commensale
traduzione: Maria Concetta Marzullo
editore: Alessandro Polidoro Editore
pagg. 153
€ 16