Articolo a cura di Paola Migliorino.
Delicatissimo romanzo generazionale, I segreti del giovedì sera, ultimo lavoro di Elvira Seminara, scrittrice e giornalista siciliana che con con Einaudi aveva già pubblicato Atlante degli abiti smessi, è in realtà una somma di racconti, tanti quanti sono i componenti di questo ben assortito gruppo di amici quasi sessantenni, anzi, colti proprio nel momento del passaggio da un decennio all’altro, piuttosto liberali e benestanti, soliti incontrarsi il giovedì sera e scambiarsi così pensieri e spaccati di vita.
I segreti del giovedì sera
Attorno a un tavolo per una pizza o una granita, stipati in macchina o a piedi per una camminata lungo la scogliera fra Catania e Acicastello, conosciamo dunque, oltre Elvis/Elvira, soprattutto Sophia, Miriam, Olivia, Cesare, Pietro, Mauro, alcuni in coppia fra loro, altri semplicemente amici, con il loro vissuto più o meno felice, tutti diversamente angosciati dall’incedere inclemente del tempo. E dalla perdita dell’amore.
Tu dove lo prendi l’amore che ti serve?… Tutti abbiamo bisogno di una quota d’amore al giorno, … senza quel minimo cadi in depressione e ti ammali, è come un piano dietetico, devi assumere energie, comunque le prendi, anche a pezzi, intervalli, in modo discontinuo. A volte raccogli un mucchio di amore tutto in un punto, e per un po’ sei a posto, …, altre volte raccatti briciole qua e là, metti insieme e impasti, ma ti basta appena per un giorno. Tu non fai mai l’accattona? A rovistare tra i resti, fra gentilezze buttate a caso, nemmeno rivolte a te, o fra ricordi ancora buoni, li rimaneggi e stai un po’ meglio … Nei tempi di magra, quando finiscono le riserve, ti aiuta avere le tue risorse, quelle segrete. I tuoi granai.
Ognuno di loro è portavoce di una diversa malinconia, di un diverso modo di affrontare i cambiamenti nella propria vita, ma soprattutto nella propria vitalità.
Assistiamo così alle tipiche crisi di mezz’età, mai banalizzate, tutt’al più rappresentate con sagace ironia, ma senza giudizi o false morali: esplodono, allora, gli amori improvvisi e imprevisti, gli abbandoni, la decadenza, il corpo che non regge, e talvolta, purtroppo, nemmeno la mente, il tutto rimescolato con gli avvenimenti del mondo ordinario, che resta sfocato sullo sfondo, e le elucubrazioni stravaganti di questi personaggi così diversi e di qualche figura secondaria, ma non per questo meno significativa.
Abbiamo trent’anni, è questo che ci uccide … e ci dà la febbre e l’inquietudine, abbiamo di nuovo trent’anni nel cuore e nella testa e non ce l’aspettavamo … Abbiamo trent’anni, con figli di trenta e genitori di novanta, e noi in mezzo schiacciati, carne viva, hamburger tra le fette, siamo senza lavoro, lavoriamo troppo, ci hanno licenziato, siamo scaduti, non puoi rientrare, e chi ti vuole che manco riesci a scaricare le app?.. hai trent’anni che durano un anno, e quest’anno è tutto ciò che abbiamo prima che sia troppo tardi, poi faremo sessant’ anni e avremo paura di noi, io non ho mai avuto trent’anni come adesso, a trent’anni mi sentivo vecchio, pensavo solo a lavorare, al mutuo e a mio figlio, non avevo paura del domani, ne ho più adesso perché c’è troppo domani trent’ anni ancora da qua a novanta, e poi saremo soli, completamente soli.
Elemento catalizzatore è proprio Elvis, che, ascolta le storie e le inquietudini di ognuno, senza quasi mai interrompere o svelare qualcosa di intimo e personale. Tranne in un’unica, amara confessione, in cui rivela la propria fragilità, la propria paura, il terrore sano che chiunque prova di fronte alla malattia. Ma anche qui, in questo momento di apertura e sincerità, si presenta con una saggezza e una generosità immense, fiera di essere lei quella malata, così che qualcun’altra possa essere – statisticamente e inconsapevolmente – sana.
Ma le parole più sorprendenti, che ci collocano in un perfetto equilibrio e ci rendono custodi di una civiltà in transito, vengono pronunciate in uno degli intensi dialoghi fra Cesare, l’amico filosofo, ed Elvis, nelle ultime pagine del romanzo:
… siamo gli ultimi a essere stati primi. È un gran peso, ma anche un privilegio, quello che c’è toccato. Essere i primi e gli ultimi dentro una sola vita. … Siamo gli ultimi che hanno usato la Lettera 32 Olivetti e i primi col computer, gli ultimi col telefono fisso e i primi col cordless, dal cellulare al iPhone, dalla carta carbone agli ologrammi, dalle cartoline a Skype, noi siamo stati gli ultimi del mondo vecchio e i primi del mondo nuovo … non siamo riusciti a mettere fine al capitalismo, ma abbiamo inventato il transumanismo, vogliamo capitalizzare vita, semi, embrioni, organi, diventare immortali, ibernazione criogenica, rigenerazione dell’identità in un software! È la fine del mondo, capisci? No, è solo la tua, e la nostra – ho detto. – E non coincide con la fine del mondo… Siamo i primi degli ultimi, deve bastarci. Abbiamo chiuso e aperto molte cose, ma non siamo la sigla finale.
Ancora due cose devono assolutamente essere dette: la prima riguarda la scrittura, perfetta, sapiente, ricca senza essere stucchevole; la seconda riguarda i luoghi, la Sicilia, finalmente diversa dai soliti ridicoli stereotipi, appena accennata quando si parla del vento, del rito della granita con la brioche, del mare, di una pescheria vuota, della pietra lavica, così familiare che pare di sentirne gli odori, i suoni.
Un libro inaspettato, che sorprende.
un libro per chi: non ha più trent’anni; ma anche per chi ce li ha ancora, così da riuscire a goderne appieno
autore: Elvira Seminara
titolo: I segreti del giovedì sera
editore: Einaudi
pagg. 190
€ 16.50