Non è solo un romanzo I ragazzi della Nickel, opera ultima di Colson Whitehead appena pubblicata da Mondadori.
Come già accaduto con La ferrovia sotterranea – Premio Pulitzer nel 2017 – tra le righe di questo nuovo libro si scorge un minuzioso lavoro di ricerca storica e di denuncia sociale, sulla scia della grande letteratura afroamericana di cui l’immensa Toni Morrison è stata una dei più noti rappresentanti.
I ragazzi della Nickel
Potevi cambiare la legge, ma non potevi cambiare le persone e il modo in cui si trattavano fra loro.
Un ragazzino nero nell’America dei tempi di Martin Luther King dovrebbe sapere che non c’è nulla di utopico nel mondo.
Dovrebbe mantenere alta la guardia e fidarsi più del proprio istinto che della ragione dei puri.
Elwood Curtis è giovanissimo quando scopre il pensiero e le parole del reverendo King, da cui si lascia ispirare fino a diventare un militante dei diritti civili, nonostante il dissenso della nonna Harriet, con cui vive da quando i genitori lo hanno abbandonato fuggendo chissà dove.
Secondo Harriet, Elwood dovrebbe accontentarsi di non essere ucciso, come è accaduto ai suoi avi, rei di essere negri in un mondo di oppressione e malvagità.
Dovrebbe compiacersi di vivere una vita tranquilla e senza ambizioni, lasciando che i bianchi gli offrano un mestiere da bravo ragazzo nero.
Il signor Parker non era l’unico ad avere visto in Elwood un dipendente capace. I bianchi gli facevano continuamente offerte di lavoro, riconoscendone la natura solerte e il carattere posato, o almeno riconoscendo che si comportava in modo diverso dagli altri ragazzi di colore della sua età, cosa che prendevano per un segno di solerzia.
Ma Elwood vuole di più dalla vita.
Vuole studiare, emanciparsi, diventare una persona migliore, entrare in un locale senza rischiare la vita, camminare per strada a testa alta senza dover mai abbassare lo sguardo.
Vuole smettere di essere segregato al ruolo di negro, per diventare un uomo libero di sognare come tutti, di aspirare a fare ciò che realmente desidera per se stesso e per la sua gente.
Elwood si atteneva a un codice, e il Dottor King dava a quel codice forma, espressione e significato. Ci sono grandi forze, come Jim Crow, che vogliono tenere sottomessi i neri, e ci sono piccole forze, come la volontà degli altri, che vogliono tenere sottomesso te, e di fronte a tutte queste cose, grandi e piccole, devi drizzare la schiena e rimanere consapevole della tua identità. Le enciclopedie sono vuote. Ci sono imbroglioni che ti offrono il vuoto con un sorriso, mentre altri ti rubano il tuo amor proprio. Devi ricordarti chi sei.
Grazie al sostegno di un professore illuminato, Elwood emerge nello studio fino ad arrivare all’iscrizione al tanto agognato college, dove potrà finalmente studiare letteratura inglese e iniziare il viaggio verso la vita che sente di meritare.
Purtroppo, però, il beffardo destino gli fa lo sgambetto il primo giorno di scuola: Elwood accetta un passaggio su un’auto guidata da un afroamericano, che si scoprirà rubata.
Considerato complice dal giudice, nonostante lo stesso ladro lo scagionasse, Elwood viene spedito alla Nickel, una scuola fondata decenni prima da un uomo senza alcuna esperienza pedagogica, ma ben visto dai membri del Ku Klux Klan.
Una scuola che nasconde un riformatorio. Vecchie mura di pietra che si riveleranno un inferno, capeggiate da un insospettabile aguzzino.
Maynard Spencer era un bianco vicino ai sessanta, con fili d’argento tra i corti capelli neri. Un vero “gallo del mattino”, come diceva Harriet, che si muoveva con ponderatezza come se provasse ogni gesto davanti a uno specchio. La sua stretta faccia da procione, con il naso minuscolo, le occhiaie scure e le sopracciglia folte e ispide, attirò l’attenzione di Elwood. Spencer aveva grande cura della sua uniforme blu; ogni piega era così netta da sembrare affilata, come se quell’uomo fosse una lama vivente.
Se i ragazzi bianchi della Nickel possono passare indenni attraverso quegli anni di reclusione, i neri devono sperare di non essere mai portati nella Casa Bianca, un luogo da cui si potrebbe non uscire vivi, da cui di certo si uscirà cambiati.
Quel posto era il motivo per cui la scuola non era circondata da muri, recinti o filo spinato, il motivo per cui così pochi ragazzi scappavano: era quello, il muro che li teneva prigionieri.
Elwood si trova di fronte alla sconvolgente realtà di cui aveva sempre sentito parlare: chi ha la pelle scura è inutile feccia, destinata a rischiare di scomparire da un momento all’altro, senza che qualcuno si domandi il perché.
È il compagno e amico Turner, per la seconda volta alla Nickel, ad aprirgli gli occhi sulla dura verità.
Non bastano i bei discorsi del reverendo, non bastano le nuove leggi, non bastano nemmeno le manifestazioni e le lotte, è la testa della gente comune che non è cambiata e che forse non cambierà mai.
«Non puoi sapere cosa stimola gli altri. Una volta pensavo che fuori era fuori, e poi una volta che sei dentro sei dentro. Che alla Nickel la gente era diversa, per via di quello che ti succede quando sei qui. Anche Spencer e quegli altri… forse là fuori, nel mondo libero, sono brave persone. Sorridenti. Gentili con i loro figli.»
Non c’è futuro per i ragazzi afroamericani della Nickel.
Non c’è più vita per quelli torturati, uccisi e sepolti nel campo della scuola e non c’è speranza per quelli sopravvissuti e gettati in un mondo che non li perdonerà mai.
La scuola accompagnava alla porta i ragazzi il giorno del loro diciottesimo compleanno, con qualche spicciolo e una rapida stretta di mano. Liberi di tornare a casa o di trovare la propria strada in un mondo incurante, probabilmente deviati su uno dei binari più difficili della vita. I ragazzi arrivavano alla Nickel già guastati in vari modi, e subivano altri danni mentre erano lì. Spesso li attendevano passi falsi più gravi e istituti più spietati. I ragazzi della Nickel erano fottuti prima, durante e dopo il periodo che trascorrevano alla scuola, se si voleva descriverne la traiettoria generale.
Il romanzo di Whitehead sconvolge e gela il sangue, perché ispirato alla vera storia dell’Arthur G. Dozier School for Boys di Marianna, in Florida, istituto correttivo chiuso solo nel 2011, di cui le feroci violenze furono scoperte solo anni molti più tardi.
Le centinaia di corpi rinvenuti nel terreno sulla collina – prologo del romanzo – hanno raccontato un’inconcepibile storia di disumanità, che lo scrittore americano – con quella sua prosa limpida e solenne – è riuscito a concentrare in poco più di duecento indimenticabili pagine.
Il sorprendente finale è un pugno nello stomaco che addolora al punto di renderci tutti feriti, ma anche colpevoli di continuare a non capire che la storia può ripetersi all’infinito.
un libro per chi: ha amato i film Sleepers e Brubaker
autore: Colson Whitehead
titolo: I ragazzi della Nickel
traduzione: Silvia Pareschi
editore: Mondadori
pagg. 210
€ 18.50
Due domande a Colson Whitehead
Con la scomparsa di Toni Morrison il mondo letterario ha subito una grande perdita, in particolare per quanto riguarda la rivendicazione dell’identità dei neri e la conservazione della memoria dei soprusi subiti. Rincuora sapere che un autore come lei con gli ultimi due romanzi abbia intrapreso lo stesso importante percorso di denuncia della condizione afroamericana.
Oggi sente il desiderio di scrivere qualcosa che si discosti da questi temi o proseguirà su questa strada?
Mi piace raccogliere la sfida di scrivere romanzi di genere diverso. Il prossimo sarà un giallo ambientato ad Harlem negli Anni 60, meno incentrato sulla razza e più sulle differenze tra classi sociali.
La situazione politica americana mi ha spinto a concentrarmi sui temi de La ferrovia sotterranea e I ragazzi della Nickel, ma ora sono contento di tornare a dedicarmi a un romanzo più leggero, dove non si parli di torture e violenza ogni due pagine.
Leggendo il romanzo, a un certo punto mi sono detta “Ehi, quello che accade in queste pagine l’ho visto in Brubaker, uno dei miei film preferiti!”, per poi scoprire che nei ringraziamenti finali lei stesso cita il film e il libro da cui è tratto, come fonti per alcuni accadimenti vissuti da Elwood e Turner.
Se le chiedo di consigliarci un film recente che rappresenti l’attuale condizione degli Stati Uniti, cosa risponde?
Mad Max: Fury Road.