Tradizioni e credenze religiose possono intrecciarsi con il pragmatismo della ragione, diventando quindi spunto di profonde e lucide riflessioni sul senso della vita?
È il caso del romanzo d’esordio della canadese Sigal Samuel, I mistici di Mile End, pubblicato dalla casa editrice Keller e meritato successo di critica e di pubblico.
I mistici di Mile End
A volte, se guardi bene, c’è una mappa invisibile nascosta sotto la superficie delle cose.
Si è più felici quando si ha fede?
È più semplice vivere per chi ha qualcosa di mistico in cui credere?
Di cosa abbiamo veramente bisogno per dare un senso alle nostre vite?
Sono questi i dubbi che si fanno largo nel lettore durante la lettura del romanzo di Sigal Samuel.
Mile End, quartiere di Montreal, si divide tra ebrei chassidici e hipster.
I primi, convinti che la presenza di Dio permei l’intero mondo, mostrano anche attraverso gli abiti, i copricapi e le acconciature tutta la loro rigidità religiosa; i secondi, invece, fanno bandiera del loro anticonformismo, sostenendo il libero arbitrio e le scelte individuali degli uomini.
Lev Meyer ha undici anni e ancora non sa se il suo cuore sarà mistico e devoto alle credenze chassidiche o se seguirà una via alternativa, forse più vicina alla scienza empirica.
L’unica cosa che Lev sente chiaramente è la mancanza della mamma, morta qualche anno prima.
Al fianco di questo ragazzino curioso e sensibile – che nelle stelle non vede solo ammassi di idrogeno ed elio, ma anche l’espressione più alta di un dogma magico e inspiegabile – c’è la sorella Samara, silenziosa e riflessiva, che cerca di colmare i vuoti affettivi dedicandosi segretamente alla preparazione del suo bat mizvah, la cerimonia con cui una bambina ebrea entra nel mondo degli adulti.
David, padre di Lev e Sammy, da quando è rimasto vedovo s’è chiuso ancor di più in se stesso, rifugiandosi negli studi cabalistici e coltivando con acrimonia tutto il suo scetticismo religioso.
Il profumo del pane appena sfornato mi ha raggiunto fluttuando dalla casa dei Glassman. Ho chiuso gli occhi e mi sono rivisto mentre rientravo a casa e trovavo Miriam in cucina intenta a insegnare ai ragazzi come fare la challah. Sam ridacchiava mentre provava e sbagliava e riprovava a imitare i movimenti della madre che intrecciava le cordicelle di impasto. Lev lavorava invano con le sue dita grassocce, battendo l’impasto tanto per divertirsi; poi prendeva il pennello e lo immergeva nel succo d’arancia e si avvicinava zitto zitto a Miriam e le spennellava la guancia e allora lei lo bloccava gli e gli strofinava la farina sul viso – infine a loro si univa Sam, che urlava di gioia e sporcava entrambi di farina, aranciata e impasto. Io me ne stavo lì, con la borsa da lavoro in mano, a guardare meravigliato tutti e tre, la loro robusta fisicità. Mi colpiva il fatto che nonostante fossero anche figli miei io non avevo la minima idea di come interagire con loro. Perlomeno non con quella semplice, solida fiducia di Miriam, una fiducia che era perfetta per i ragazzi ma a cui io sapevo, perfino allora, che non sarei mai stato in grado di accedere. È morta quell’estate, e un silenzio schiumoso ha riempito la casa, ed è cresciuto a poco a poco fino a colmare lo spazio tra di noi.
Anni dopo, un inaspettato problema di salute mette in crisi David, che inizia a porsi domande sul proprio inascoltato cuore, che ora gli appare come un forziere custode di significati divini e che gli fa mettere in discussione il significato della vita e il valore degli affetti fino a quel momento trascurati.
Mentre Lev e Sammy, ormai adulti, hanno preso strade diametralmente opposte, cercando ognuno a proprio modo di non perdersi nei vuoti che appaiono ormai incolmabili, la tragica evoluzione degli eventi avrà fine anche grazie al mistico vicino di casa Chaim Glassman, un ebreo scampato all’Olocausto e narratore di una delle più belle brevi storie d’amore mai lette.
I mistici di Mile End è un romanzo intessuto da grandi interrogativi e piccoli gesti; uno di quei libri lievi ma al tempo stesso potenti e profondi, che si rileggono per piacevole necessità, trovando ogni volta nuovi dettagli e infinite sfumature.
La sensibilità narrativa di Sigal Samuel tratteggia un mondo in bilico tra religione e scienza, tra ragione e sentimento, popolato da uomini e donne fragili e terreni ma proiettati verso il cielo, alla ricerca di risposte fondamentali per ricomporre quel complesso e infinito puzzle che è la vita.
Qui c’è della vera bellezza, quella da leggere per riempire gli spazi in cui si perdono i nostri dubbi più umani.
un libro per chi: ha sempre voluto cogliere i frutti dell’Albero della Vita
autore: Sigal Samuel
titolo: I mistici di Mile End
traduzione: Elvira Grassi
editore: Keller
pagg. 351
€ 18
[…] che fino a quando non ho letto il convincente post della sempre bravissima Elena Giorgi non conoscevo. Vi lascio quindi la sua recensione, perchè è fatta meglio di quanto potrei fare io […]