È tabù anche solo pensarlo, ma la Germania e i tedeschi hanno mai veramente riparato ai catastrofici e dolorosi danni causati dal nazismo?
Viene spontaneo chiederselo dopo aver letto il magnifico graphic memoir Heimat, scritto da Nora Krug e pubblicato in Italia da Einaudi dopo essere stato eletto miglior graphic novel nel 2018 per The New York Time e The Guardian.
Heimat
Qui tutti, tranne me, sanno qual è il mio posto.
Nora Krug vive a Brooklyn e ha un marito ebreo.
Nemmeno per una frazione di secondo questa sua nuova condizione le rende possibile pensare di riuscire a mitigare la vergogna d’essere tedesca.
Perché Nora è ossessionata dal passato della propria famiglia, dalle radici forse insanguinate, dal timore di dover continuare a credere per sempre che le colpe dei padri ricadranno sui figli.
Nora ha bisogno di sapere, di fare pace con il proprio accento tedesco e con il desiderio di amare la propria Heimat, quella tanto desiderata patria fatta di familiarità, di spirito, di identità.
Vive una forte dicotomia: dopo anni negli Stati Uniti, svilita da una serie di continue e sottili accuse, Nora si sente profondamente tedesca, ma quel disagio, quel timore di avere dentro di sé i geni del nazismo, non le danno tregua.
Ed è così che inizia a ripercorrere il passato della sua famiglia, a scavare nei ricordi dei genitori, che mai prima d’allora aveva interrogato sulla questione “siamo stati complici dei nazisti?”.
Lungo il percorso dal Trattato di Versailles alla Conferenza di pace di Parigi, io e i miei compagni di classe adolescenti non ci lasciammo sfuggire niente. Analizzammo i discorsi di Hitler, allitterazione per allitterazione, tautologia per tautologia, neologismo per neologismo. Mettemmo in scena spettacoli teatrali d’avanguardia nell’anniversario della REICHSKRISTALLNACHT. Preparammo le domande da rivolgere alle anziane venute dall’America per raccontarci dei campi, ma non ci venne mai in mente di interrogarci fra noi sui rispettivi nonni. Imparammo che la nostra lingua, un tempo poetica, adesso era potenzialmente pericolosa. Leggemmo Schiller senza però imparare ad amarlo come Shakespeare. Bandimmo dal vocabolario le parole tedesche che significavano EROE, VITTORIA, BATTAGLIA e ORGOGLIO. Evitavamo i superlativi e usavamo la parola ZUSAMMENGEHÖRIGKEITSGEFÜHL, il senso di identificazione con un gruppo e la fede in un’idea che travalica il singolo, per definire l’identità culturale americana ma non la nostra.
Le indagini – accuratissime, sfiancanti, tavolta entusiasmanti – la portano a riallacciare rapporti familiari con quei rami mai nominati, come la zia Annemarie, sorella del padre e devota al ricordo di un altro fratello, morto in guerra e considerato eroe.
Sulle tracce del nonno materno Willi, autista che prestò servizio nell’esercito come insegnante di guida ai militari, la cui posizione nei confronti del regime nazista non fu mai veramente chiarita, Nora soffre e spera, s’indigna e rinasce.
Qui il fumetto si tinge di giallo, la tensione cresce e il lettore non può che sentirsi oppresso quanto l’autrice, diviso tra la speranza di trovare una prova che scagioni il nonno e la quasi certezza che egli non sia stato del tutto distante – come d’altronde quasi tutto il popolo tedesco dell’epoca – dagli orrori perpetrati da Hitler.
Cambierebbe qualcosa nella mia vita se avessi trovato le prove che Willi non portò mai la divisa, che i nazisti davvero espropriarono la latteria a sua moglie, che lui nascose il titolare ebreo in un capanno o che lui stesso era per metà o per un quarto ebreo? O sarebbe più facile gestire la mia vergogna se fossi riuscita a dimostrare la sua colpa, se avessi scoperto che fu in tutto e per tutto un nazista, senz’ombra di dubbio?
Nora Krug, mossa da una viscerale necessità di sentirsi libera dal peso di una possibile atroce eredità, scava a fondo negli anfratti più oscuri della famiglia, ricostruendo anche le vicende dei due paesi che diedero i natali ai suoi avi, Karlsrume – prima cittadina a essere dichiarata JUDENFREI nel 1940 – e Kulsheim.
Heimat è un’opera colossale e importante, narrata con una grafica capace di restituire in maniera più che efficace il senso di un passato che si vorrebbe ricordare diverso, per cui si desidera provare nostalgia e non certo vergogna.
Allora, se è vero che le colpe dei padri ricadono sui figli, è altrettanto vero che figli e nipoti come la Krug, con il loro lavoro intellettuale e l’impegno nella diffusione di opere come questa, aiutano ad assolvere quella parte di popolo che – seppur nel periodo post bellico venisse considerato mitlaufer (gregario del partito nazista) – non ha davvero più nulla da cui fuggire.
È un libro bellissimo e struggente, leggetelo.
un libro per chi: non si stanca mai di approfondire
autrice: Nora Krug
titolo: Heimat
traduzione: Giovanna Granato
editore: Einaudi
pagg. 288
€ 19