Immaginate un mondo in cui i corpi non esistano.
Un pianeta in cui le menti siano conservate in potenti macchine, una Terra popolata di robot che pensino e abbiano acquisito una coscienza, che forse era la nostra.
Questo è il mondo sognato dai transumanisti, coloro che credono che mente e corpo siano tecnologie obsolete, da superare con altre forme di vita.
È la realtà futura che ci racconta il giornalista irlandese Mark O’Connell, autore di un saggio di cui si parlerà molto, Essere una macchina, edito da Adelphi e in libreria da oggi.
Essere una macchina
Con un tono confidenziale che fa sentire il lettore direttamente coinvolto nella ricerca, O’Connell – che fin dall’inizio chiarisce di essere ben distante dal pensiero transumanista – ci accompagna alla scoperta di un mondo fatto di sognatori, visionari e folli, all’ossessiva ricerca dell’immortalità.
Veniamo quindi subito a conoscenza dell’esistenza della Alcor, un’azienda americana che attraverso la tecnologia crionica può surgelarci al momento della nostra morte, in attesa di essere riportati in vita dagli scienziati del futuro.
Il successo della procedura dipende quindi, in buona parte, dalla prevedibilità del decesso. Tutto sommato, quindi, un cancro va benissimo: per chi vuole avere buone possibilità di allungare la propria aspettativa di vita, un cancro terminale è un ottimo punto di partenza- Un attacco cardiaco va meno bene, perché è difficilissimo prevedere quando si verificherà. Un aneurisma o un ictus sono anche peggio, dato che, se sono abbastanza forti da risultare letali, provocheranno con ogni probabilità danni cerebrali che in corso d’opera renderanno le cose molto più complicate… anche se non impossibili, ovvio, perché qui si sta si sta parlando della scienza futura. Il peggiore degli scenari coincide con incidenti a calamità. Non c’è stato molto da fare, ad esempio, per il cliente Alcor morto al World Trade Center l’11 settembre 2001. Più di recente, un altro iscritto ai programmi Alcor è morto in un incidente aereo in Alaska.
Ovviamente la conservazione a tempo indefinito è estremamente costosa, per questo la Alcor ha pensato a una formula più economica, in cui solo la testa (ovviamente privata del corpo) possa essere congelata, in attesa di ingegnose operazioni future.
Questo perché tra qualche decennio la mente di un essere umano potrebbe essere sradicata dalla massa gelatinosa che ne contiene i dati, per essere poi installata su un supporto tecnologico molto più resistente di un corpo biologico.
Un’emulazione del cervello umano che diventerà a tutti gli effetti ciò che muove una macchina. O forse, a vederla in maniera decisamente più pessimista, una macchina che assorbirà ciò che resta della coscienza umana, trasformandola in qualcosa di probabilmente superiore ma di certo molto più asettico e insensibile.
La questione filosofica più perturbante e persistente è anche la più elementare: in quella forma, continuerei a essere me stesso? Se anche si riuscisse in qualche modo a mappare ed emulare l’incalcolabile complessità dei miei percorsi e processi neurali, e a caricare poi il tutto su una piattaforma diversa dal chilo e mezzo di tessuto gelatinoso racchiuso nella mia scatola cranica, in che senso quella riproduzione o simulazione coinciderebbe con «me»? Pur attribuendo al materiale trasferito su supporto artificiale una coscienza, e anche ammettendo che fosse indistinguibile dal modo in cui la mia si manifesta, potrei veramente dire che quella cosa è me e io sono quella cosa? Sarebbe sufficiente che la coscienza caricata su supporto credesse di essere me? (Ma anche, è sufficiente che io creda di essere me stesso, ora? E, anzi, ha davvero senso domandarselo?).
Durante la lettura di Essere una macchina prendiamo confidenza con un concetto più terrificante che entusiasmante: la Singolarità Tecnologica, ovvero l’avvento di un’intelligenza artificiale più brillante e scaltra di qualsiasi essere umano. In pratica, l’HAL 9000 di 2001 Odissea nello spazio di Kubrick, la cui serafica voce, devo ammetterlo, è stata spesso protagonista dei miei peggiori incubi.
Aggiungiamoci pure l’immagine del primo Terminator che si toglie un occhio dopo uno dei tanti scontri con Sarah Connor, ed ecco che la Singolarità non può certo sembrarci l’evoluzione delle specie.
Piuttosto, appare come la fine della civiltà umana.
Un finale che probabilmente molti temono, dato che O’Connell approfondisce anche il tema della sicurezza tecnologica, ammettendo che alcune grandi menti già investano parole e denaro per avanzare nella ricerca anche in questo campo.
Insomma, non tutti i futurologi sono pazzi scriteriati, anche se O’Connell ha confermato un mio sospetto: durante l’incontro che abbiamo avuto la scorsa settimana, gli ho domandato se la sensazione che tutti questi transumanisti siano persone molto sole ed egocentriche, decisamente egoiste e un tantino infelici, sia un dato di fatto oggettivo.
Ebbene, O’Connell ha confermato che nessuno dei ricercatori e scienziati incontrati durante le ricerche ha mai espresso d’avere a cuore l’immortalità di altre persone oltre sé.
I transumanisti sono quindi disposti a rinunciare a molto, se non tutto, pur di raggiungere il proprio obbiettivo.
Eppure, nonostante questa dura verità, i futurologi protagonisti dei suoi racconti non gli sono mai parsi infelici o tristi, bensì soddisfatti e appagati dalla loro ossessione, senza avere bisogno d’altro.
E questo, a mio avviso, è il vero aspetto gotico di tutta la faccenda.
Non mi dilungo oltre su ciò che leggerete nel libro, Essere una macchina è un pozzo infinito di dati da analizzare e di spunti su cui riflettere, una narrazione di fatti avvincenti, a volte ridicoli e spesso terrificanti.
Tra enunciazioni brillanti, toccate da una salvifica ironia, e profonde analisi psicologiche che arrivano a sfiorare il credo religioso, Mark O’Connell – ormai da me riconosciuto come l’Indiana Jones dei miei peggiori incubi tecnologici – ha scritto un saggio sorprendente e godibile, da leggere con attenzione per prepararsi al futuro in arrivo.
Dal canto mio, spero di essere già morta e polverizzata nel momento in cui il transumanesimo avrà raggiunto il suo scopo.
un libro per chi: è fan di Black Mirror ma anche per gli ottimisti che hanno sempre creduto che l’intelligenza artificiale si sarebbe manifestata con la parvenza del dolce Uomo Bicentenario immaginato da Asimov e interpretato al cinema da Robin Williams
autore: Mark O’Connell
titolo: Essere una macchina
traduzione: Gianni Pannofino
editore: Adelphi
pagg. 260
€ 19