Il 18 gennaio al cinema arriva Ella & John, il primo film americano di Paolo Virzì.
Un film da Oscar.
Ella & John
Helen Mirren e Donald Sutherland, due stelle del cinema che recitano come dèi dell’Olimpo, sottotitolati in italiano perché non si perda nemmeno un’incrinatura della loro voce, mettono in scena un road movie ammericano con due emme, che fai fatica a pensare che sia stato scritto da alcuni dei più sensibili sceneggiatori italiani e girato da Paolo Virzì. Non perché la sceneggiatura non sia piena di grazia e intelligenza (lo è) e non perché non si tocchi con mano la capacità extra-ordinaria che ha Virzì nell’impastare vita e morte (la si tocca), ma perché il camper, il whisky, gli orizzonti larghi, i tramonti sui ponti infiniti, le strade (e lo vedi subito che non sono strade ma road), i filari di palme gigantesche lungo il mare (e lo capisci subito che non è mare ma oceano), Hemingway e Melville citati ogni due per tre, definiscono perfettamente i confini tradizionali del genere, quello che ogni tanto il protagonista si ferma nella piazzola davanti a un lago che sembra mare mentre sotto parte Sittin on the dock of the bay o Georgia on my mind. Che è sicuramente America, poi, lo sai anche perché in controluce, sullo sfondo, si intravede la beceraggine della campagna presidenziale di Trump e dei suoi supporter.
Ella & John è road movie nella forma e nel respiro (e nella fotografia di Luca Bigazzi, peraltro), ma la sostanza è una spremuta di vita per come dovrebbe essere, una sorta di manuale di educazione sentimentale da mandare a memoria come una poesia del Manzoni alle medie.
Ella e John si amano da sempre e hanno due figli ormai adulti, di cui lui non ricorda più i nomi perché ha l’Alzehimer e lei pensa che siano sufficientemente grandi per non occuparsene più come una chioccia. Quindi partono nottetempo e alla chetichella con il loro ormai sgarrupatissimo camper, battezzato “The Leisure Seeker”, infischiandosene dei protocolli anticancro che vorrebbero Ella barricata in ospedale in terapia intensiva.
Obiettivo Keywest, dove si trova la casa di Ernest Hemingway, scrittore adorato da John, ex ma sempre appassionato professore di letteratura, per “la sua prosa semplice che in realtà è poesia”.
La fuga manda in panico i figli, che perdono completamente il controllo dei genitori, mentre consente a Ella e John un ritorno al loro amore senza le distrazioni procurate dagli altri, dalle cose da gestire, dalle cure da fare. Un amore non così perfetto, come si scoprirà nel corso del film (ma quale lo è?), ma vivo e vegeto. Filemone e Bauci sono i riferimenti greci della faccenda, per dare un’idea del livello.
Niente femminismi, niente maschilismi: ciascuno dei due sorregge con una mano l’altro quando sta per cadere, stendendo a terra un impermeabile là dove sul cammino dell’altro si trova una pozzanghera. Vicinanza, attenzione, grazia e delicatezza da commozione permanente attraversano tutte le due ore di film.
Ma attenzione, non è un mélo, non si tratta di un racconto decadente degli ultimi giorni di una vecchia coppia malata. C’è ironia (perfino goliardia), gelosia (perfino furore), passione (perfino abbandoni), rabbia (perfino disperazione), coraggio (perfino temerarietà).
E alla fine si esce dal cinema con la leggerezza di chi ha visto Il tempo delle mele o giù di lì, perché il talento di Virzì – anche in questo simil roadmovieammericano – è quello di saper raccontare la folle felicità che spunta nei momenti più tragici, e l’incanto di una gioia inattesa nel dolore più grande. In equilibrio perfetto.
Il libro di Michael Zadoorian
Pubblicato in Italia da Marcos y Marcos nel 2009, il romanzo di Zadoorian sembrava scritto proprio per diventare un film.
A distanza di nove anni, Paolo Virzì ha preso tutta la tenerezza e la sfrontatezza dei due anziani protagonisti e l’ha portata sul grande schermo, dando loro l’aspetto fisico, emotivo ed espressivo che meritavano.
Alla trasposizione cinematografica non si può davvero rimproverare nulla, mentre il libro rimane, anche per chi vedrà il film scoprendone la trama, una lettura piacevole ed emozionante, tra la leggerezza di un sorriso compiaciuto e un fugace momento di commozione.
autore: Michael Zadoorian
titolo: In viaggio contromano
traduzione: Claudia Tarolo
editore: Marcos y Marcos
pagg. 282
€ 18
Ah, ecco, dure righe di trama e ho pensato “ma questo è In viaggio contromano” un libro che mi è stato regalato anni fa, l’ho letto ma non credo di averlo apprezzato appieno. Poi sono stata anche a un incontro di bookcoaching a tema viaggio, dove appunto si parlava di questo romanzo e ho colto nuove sfumature che forse in maniera superficiale non avevo considerato. E’ tanto bello quando le storie tornano e ritornano e fanno ancora compagnia. Buona settimana, Elena. (Barcellona si avvicina a grandi falcate)
Io il libro l’ho letto e m’è molto piaciuto, per questo quando la mia amica Elena mi ha detto di aver visto il film in anteprima, le ho chiesto di scrivere un post per raccontarcelo.
A quanto pare, la trasposizione cinematografica è addirittura più bella del romanzo.
Accade così di rado, che mi sembrava giusto celebrarlo.
Barcellona è sempre più vicina, non vedo l’ora!
Buona settimana cara Sandra.