Articolo a cura di Metella Orazi.
Dolce, dolce terra, scritto a ottantuno anni da A. B. Guthrie, conclude un ciclo di romanzi sulla conquista del Nord-Ovest americano da parte dei coloni, iniziato nel 1947 e concluso nel 1982; come i precedenti libri la pubblicazione è a cura di Mattioli 1885, casa editrice sempre punto di riferimento per chi ama la narrativa americana.
Dolce, dolce terra
Dick Summers salì il crinale che sovrastava la valle di canyon, ben felice di lasciarsi l’Oregon alle spalle. Era partito senza nemmeno dire addio ai pionieri che lo avevano assunto come guida. Gli addii lo facevano pensare alle lapidi. Sì, riposate pure in pace, zappaterra. Che il Signore vi benedica, uomini buoni e deboli. Speriamo che i vostri aratri vi ripaghino con fragole o meloni, o mele o altro.
La vicenda che vede il mountain man Dick Summers, spostarsi a metà del diciannovesimo secolo, fra gli avvallamenti dell’Ovest, nelle zone di Oregon e Montana, si apre con il senso di un addio.
Dick ha qualcosa che lo divora, un’incapacità a fermarsi a lungo nello stesso luogo anche se ormai è cominciato il tempo di guardarsi indietro. Gli accade spesso di far ritorno con i pensieri all’infanzia e alle cose passate; questo confronto tra ciò che era e non sarà più rende evidente un fatto ineluttabile, tutto sta cambiando sotto i suoi occhi.
E quanti anni aveva ormai? Solo Dio lo sapeva. Non dovevano essere molto più di quarantacinque, probabilmente, ma i venti dell’Ovest scrivevano il tempo sul viso di un uomo, e il sole e il vento schiarivano quei capelli che ancora non erano diventati bianchi, e chiunque avesse trascorso più di una stagione sulle montagne, probabilmente si ritrovava con l’aggettivo ‘vecchio’ attaccato al nome.
Dick ha un obiettivo: ritrovare il suo antico compare e nemico Bone Caudill e vendicarsi.
Condivide la vita fatta di caccia e spostamenti con un uomo più giovane di parecchi anni, Higgins, anche se l’aspetto malconcio gli ha gettato addosso decenni in più, e con lui parla dell’amore per la terra e il rispetto di ciò che li circonda.
A volte Higgins si chiedeva per quale motivo continuasse a trascinarsi in giro. Certo, per andare sempre da qualche altra parte, raggiungere un laggiù. Per vedere cose mai viste prima. Per il semplice gusto di andare avanti, spensierato. Per sentirsi libero, sereno, lontano dalle persone e vicino a Dio, se ce n’era uno. Tuttavia non sarebbe stato lì se non fosse stato per Summers e per la sua natura.
Stagioni e anni si susseguono veloci ma il ritmo della narrazione è pacato seppure coinvolgente, le descrizioni della natura selvaggia sono portentose, Guthrie anche quando racconta scene crude di caccia mostra rispetto verso gli animali che vengono uccisi, perché lo servono per il sostentamento e Summers da novello ambientalista cerca anche di salvarli, come accade a un orso in un passaggio memorabile a metà libro.
Dolce, dolce terra parla di amicizia e convivenza, dell’invasione senza scrupoli da parte degli occidentali bramosi di sfruttare le terre incontaminate degli indiani americani, scalzati o uccisi, depredati del loro mondo. Racconta di una possibile integrazione che l’ignoranza prepotente del conquistatore – che sa vedere solo la possibilità di guadagno nel prendere i frutti di una terra ricca di risorse naturali – rende ardua.
Era la scomparsa di quel mondo a tormentarlo: vedere la fine di ciò che era esistito preparandosi a dire addio a ciò che esisteva ancora.
Guthrie ha il grande merito di farci vedere, attraverso splendide descrizioni un mondo in declino, le storie di indiani spinti nelle riserve e l’estinzione di animali come il bufalo, veramente accadute e raccontate senza utilizzare il mito stereotipato del West fatto solo di pistolettate e cavalli al galoppo.
Quello che rimane sedimentato dopo la lettura è il senso di potenza della natura selvaggia ma anche l’infinita stoltezza dell’uomo che non sa cogliere con rispetto quella forza naturale.
un libro per chi: vorrebbe tanto fuggire dal cemento delle città e ritrovarsi a respirare appieno la natura
autore: A.B. Guthrie
titolo: Dolce, dolce terra
traduzione: Nicola Manuppelli
editore: Mattioli 1885
pagg. 254
€ 15