Articolo a cura di Paola Migliorino.
L’ultimo romanzo di Edoardo Albinati, Desideri deviati – Amore e ragione, edito da Rizzoli, si apre con un meraviglioso Preludio alla città del Nord, indiscussa protagonista del libro, mai individuata esplicitamente, ma in cui agevolmente si riconosce la Milano dei primi anni ’80.
Desideri deviati
La città del Nord è colta nel suo momento di transizione da città operaia e ricca di fabbriche a luogo in cui la ricchezza si ottiene grazie a una fatica più sottile, cerebrale: i colletti bianchi hanno ormai sommerso le tute blu, l’effimero prevale su tutto, mentre la città si avvia verso l’apice del suo splendore, al ritmo scandito da un’incredibile quanto indimenticabile colonna sonora.
Sullo scintillante palcoscenico di questa città, contesa fra cotechino e cocaina, in cui ancora tutto deve succedere e in cui tutto è ancora possibile, ma soprattutto in cui tutto sembra essere consentito, si muovono personaggi favolosi, animati da passioni insolite, desideri sfrenati e talora un po’ esibiti.
Il mito della concretezza, del realismo, tipico della città del Nord è adesso soppiantato da quello evanescente dell’apparenza, della pubblicità, dell’effimero.
Ciò che rende viva questa morta e minerale città del Nord è la ricerca di una ragione che renda tollerabile l’esistenza. La ricerca è ragionevole, ma la ragione non lo è quasi mai.
Albinati descrive così senza censure il mondo della moda, ma soprattutto quello dell’editoria, perfetta sintesi di cultura e industria, luogo simbolico in cui si combinano esigenze contrapposte: da una parte il potere e il denaro, dall’altra l’arte e l’anima.
Nello scenario di una casa editrice non troppo lontana dalla realtà, si presentano quindi via via i diversi personaggi del romanzo, talvolta semplici comparse, più spesso co-protagonisti della storia, ognuno diverso, ognuno descritto magistralmente, nessuno veramente eroico o totalmente cattivo, tutti in lotta con i propri desideri deviati, tutti portatori di profonde o assurde visioni filosofiche.
Ritroviamo così Nico Quell, il ragazzo d’oro, o ancora il “ragazzo senza qualità” già incontrato in Cuori fanatici, bello e apprezzato dalle donne e nel lavoro, conteso fra desideri opposti e forse a lui stesso ignoti.
Ma soprattutto conosciamo Coboldo, il rospo, l’eminenza grigia della casa editrice, tanto ridicolo nell’aspetto quanto temuto per le sue stroncature letterarie, che alla fine si rivelerà più principe di quanto avremmo mai potuto immaginare.
Il racconto prosegue incalzante e raggiunge intanto il suo culmine nella festa a casa di Igor e Vera, coppia riuscita di archistar che incarna l’ideale stesso del successo, in un’ambientazione che un po’ suggerisce le immagini di una altrettanto nota festa di un set romano: dialoghi surreali, accoppiate improponibili, potere e bellezza.
Della città del Nord si sente il fermento in ogni pagina, il friccicore, come direbbe lo stesso Albinati, e pian piano la capitale morale si denuda e lascia intravedere il suo potenziale, che da lì a pochi anni sarebbe esploso per poi crollare sotto i colpi di Tangentopoli.
Ma la città del Nord non è mai sconfitta, persino adesso – incredibilmente – pulsa di vita, qua fuori.
un libro per chi: cerca sempre di realizzare i propri desideri, anche quelli un po’ deviati
autore: Edoardo Albinati
titolo: Desideri deviati
editore: Rizzoli
pagg. 416
€ 20
Un aperitivo con Edoardo Albinati
In occasione dell’uscita del romanzo, lo scorso 15 ottobre abbiamo preso un aperitivo con l’autore.
Elegantissimo narratore, può parlare a lungo di qualunque cosa: un fiore, una statua greca, un semaforo, tutto può essere oggetto delle sue riflessioni, senza mai scadere nella banalità.
L’argomento centrale dell’incontro è stato sicuramente Milano, la città del Nord, anzi la terra promessa per tutti quelli che hanno cercato e cercano il luogo in cui “accadono le cose”, meta di un viaggio anche borghese della speranza, dove tutto è ancora possibile, anzi già possibile.
Milano, la città che non si è mai fermata nonostante la storia – anche recente – non le abbia risparmiato colpi bassi (Tangentopoli), fa quasi impressione vista adesso un po’ più vuota, un po’ più lenta; ma si sente comunque l’eccitazione sotto la pelle. Albinati, se non fosse romano, probabilmente vorrebbe essere milanese!
Alla domanda sul confronto fra la Milano degli anni ’80 e quella del 2020, e soprattutto sulla possibilità della Milano odierna di essere comunque la co-protagonista del libro, Albinati risponde che, per scrivere, ha bisogno di porre una certa distanza non solo geografica ma anche temporale fra sé stesso e le cose, per non essere costretto a inserire elementi attuali e disturbanti. Fino a qualche mese fa, tuttavia, Milano ha continuato a essere la città trainante, famelica, che assorbe le energie della Nazione, che porta avanti e in cui convergono le idee, i progetti, il denaro, la ricerca, e in cui si è costretti a venire per realizzare i propri desideri, in aperto contrasto con la decadenza di Roma. Proprio per questo la “botta” qui si avverte più forte, la punta di diamante si spezza con fragore. Ma il fervore di Milano è una bella occasione per chi deve scrivere.
L’autore ha poi parlato della musica, l’arte totalmente immersiva, diversa dalle altre che offrono una percezione tutto sommato forse non totalizzante, l’unica che ti avvolge e ti consente di continuare a immaginare.
E ancora della bellezza del corpo umano, anzi delle sue singole parti, non necessariamente dell’armonia dell’intero, ma della perfezione di un piede o di una natica. E del libertinismo settecentesco paragonato al rigore e alla repressione attuali.
Quanti mondi per un uomo solo!