Articolo a cura di Metella Orazi.
Il blues, la musica nata dagli afroamericani in schiavitù, fa da ideale sottofondo a Corregidora di Gayl Jones, uscito originariamente nel 1975 grazie al sostegno di Toni Morrison e pubblicato ora in Italia da Feltrinelli.
Corregidora
Ursa Corregidora ha venticinque anni e nel 1948, in Kentucky, lavora come cantante blues all’Happy’s café. È lei in prima persona a raccontare cosa le succede la sera in cui, dopo il lavoro, ha una discussione con il marito, Mutt, sposato l’anno precedente.
A lui non andava che cantassi dopo che ci siamo sposati perché diceva che mi aveva sposato proprio perché così poteva mantenermi.
Geloso degli sguardi sulla moglie, Mutt diventa violento e causa l’incidente che segna tutta l’esistenza di Ursa: una caduta dalle scale dalle conseguenze irreversibili.
Da questo trauma, fin dal suo letto di ospedale Ursa comincia a ripercorrere la storia delle proprie origini e del nome che porta, arrivatole non come un dono ma come una costrizione violenta dallo schiavista portoghese Corregidora.
Corregidora. Il Vecchio Corregidora, il riproduttore di schiavi e puttaniere (non è così che si dice?) portoghese. Si scopava le sue puttane e generava la propria stirpe. Loro facevano le scopate ed erano costrette a dargli i soldi. Mia nonna era figlia sua, ma lui se la scopava lo stesso.
Anche se la storia è terribile, infarcita di crudeltà e soprusi, va raccontata: le donne Corregidora vogliono tramandare il ricordo di ciò che hanno subito e sentono l’esigenza di “creare generazioni”, perché solo così ci può essere riscatto.
Quando non si ha nulla, solo i corpi possono testimoniare quello che le canzoni blues suonano nel vento.
Quando ti racconto qualcosa non ti azzardare più a chiedere se è un bugia. Perché loro non volevano lasciare nessuna prova di quello che avevano fatto… così non poteva essere usata contro di loro. E io sto lasciando le prove. E quando sarà il momento di tirar fuori le prove, dobbiamo avere delle prove da tirar fuori. È per questo che hanno bruciato tutti i documenti, così non ci sarebbe stata nessuna prova da tirare fuori contro di loro.
Ursa ha ricevuto il racconto della madre, che a sua volta è stata testimone di quello della sua, fino alla bisnonna, una stirpe cresciuta nello stupro e senza avere scelta.
Generazioni di donne pesano sulla protagonista costringendola a un’appartenenza dalla quale si vuole riscattare. Sesso e sopraffazione sono però degli schemi duri da evitare quando si è sempre vissuti credendo che i desideri intimi siano emozioni da assoggettare al controllo.
Ogni volta che lo voleva lui e io no, andava avanti, perché sapeva già che non avrei detto no, no, Mutt; ma, anche se l’avessi fatto, mi chiedo se mi avrebbe presa comunque. Però le volte che lo volevo io, e lui lo capiva, erano quelle in cui mi respingeva.
Jones utilizza un linguaggio diretto e scarno, privo di ogni formalismo, atto a rendere la realtà vissuta dalla protagonista e voce narrante quanto di più credibile la narrativa possa regalare.
Corregidora è un libro duro la cui struttura fatta di frammenti può sembrare poco coinvolgente, ma a lettura conclusa si comprende come le lame del racconto siano affondante in profondità creando delle cicatrici che rimangono per non dimenticare.
un libro per chi: ha letto James Baldwin, Toni Morrison, Colson Withehead ma non conosceva ancora una grande voce della letteratura afrodiscendente
autrice: Gayl Jones
titolo: Corregidora
traduzione: Sara Antonelli
editore: Feltrinelli
pagg. 190
€ 17