In quest’epoca di saghe familiari che invadono le librerie italiane, spicca per qualità Al di qua del fiume, romanzo d’esordio di Alessandra Selmi pubblicato da Editrice Nord, dedicato alla famiglia Crespi e alla ricostruzione della nascita del villaggio operaio di Crespi d’Adda.
Al di qua del fiume
Si parte da molto lontano, da quando nel 1878 Cristoforo Crespi – figlio di Toni Tengitt, quell’Antonio Crespi che portava avanti il lavoro del padre Benigno, tintore e operaio tessitore di Busto Arsizio – vede in un triangolo di terra fra Adda e Brembo il futuro: un moderno cotonificio circondato da un intero villaggio, un’utopia in cui far vivere gli operai per renderli parte di un qualcosa di grande, qualcosa che gli rendesse “comodo” lavorare.
Quello che stanno per costruire non è solo il primo villaggio industriale in Italia. Quando questi uomini non ci saranno più, quando anche Cristoforo sarà morto, e così pure i suoi discendenti e i discendenti dei discendenti, il villaggio ci sarà ancora. E sarà lì per sempre, in quel triangolo di ottantacinque ettari incuneato tra il Brembo e l’Adda, a ricordare a tutti il nome dei Crespi.
Per realizzare questo sogno Cristoforo si circonda di operai fidati che avevano già lavorato con lui in passato.
C’è il fedele Carlo Vitali, che considera alla stregua di un amico e che metterà tutto se stesso nei lavori di costruzione del villaggio, in cui poi andrà a vivere con la moglie Amalia – una donna intensa e magnetica, tormentata e considerata strana da tutti perché non nasconde di sentire la voce di Dio che la costringe a vedere le disgrazie future – e la piccola vivace e brillante figlia Emilia.
C’è l’Agazzi, l’oste generoso che crescerà da solo il ribelle figlio Rino.
Ci sono poi i Malberti, capeggiati dal manesco e rude Oreste che non perde occasione per malmenare la moglie Luigia, già madre di troppi figli, tra cui Fredo, il segretario particolare del padrone Cristoforo, da tempo allontanatosi dall’umile famiglia per vergogna e per opportunismo.
Reduce da una relazione clandestina con un marchese, Fredo sogna una vita lussuosa, covando dentro di sé una rabbia maligna e fagocitante, che lo rende il perfetto malvagio di questa saga familiare così drammatica.
Cristoforo è uomo tutto d’un pezzo, non esita a scontrarsi con la famiglia per portare avanti il sogno di un cotonificio avveniristico e produttivo, in cui gli operai siano parte integrante del processo grazie anche al trattamento a loro riservato.
E mentre il sogno diventa realtà, coinvolge sul campo il primogenito Silvio che alla fondazione del villaggio ha solo dieci anni e che un giorno dovrà portare avanti, volente o nolente, l’attività di famiglia.
«Le macchine sono tutte uguali; se una si rompe, ne compri un’altra e non noti nemmeno la differenza. Gli uomini, invece, sono unici. Se gli operai ti abbandonano, puoi avere la fabbrica più grande e moderna del mondo, ma non hai più niente. Non sei più niente. Noi siamo imprenditori del cotone grazie agli uomini, e agli uomini dobbiamo ogni cosa. Per questo è importante conoscerli tutti, di persona, i tuoi operai.»
Il tempo passa, il nuovo secolo si avvicina, i personaggi di questa lunga storia crescono, vivono, spesso muoiono in circostanze tragiche.
Mentre Silvio Crespi si avvicina sempre di più a Emilia Vitali, il mondo attorno a loro evolve e cambia vorticosamente.
La Storia che tutti conosciamo – le difficoltà politiche ed economiche dell’Italia postunitaria, la Prima Guerra Mondiale, le rivolte operaie, l’avvento del Fascismo – fa da sfondo alle vicende umane dei Crespi e degli altri personaggi di questo romanzo fiume drammatico, dove i veri protagonisti sono la fatica e il sacrificio tanto dei singoli quanto dell’intera comunità.
«Ed è ciò su cui loro fanno conto: che vi accontentiate. Una paga dignitosa, una casetta nuova, una festa di tanto in tanto, qualcosa che per un contadino abbia le sembianze di un lusso… Vi concedono quel poco che basta affinché non vi poniate domande, non alziate la testa, non guardiate fuori da questo villaggio, oltre il vostro naso al di là del fiume. A patto, naturalmente, che rispettiate le regole: altrimenti vi tolgono tutto – a voi, a vostra moglie, perfino a vostra figlia. Neanche ve ne rendete conto di vivere nel ricatto, nella paura di perdere ogni cosa. Siete così attaccato a quelle quattro cose che i Crespi vi fanno piovere dal cielo che fareste qualsiasi cosa. Per i padroni, che tanto osannate, voi siete un oggetto alla stregua dei fusi, siete uno strumento, siete solo una cosa di loro proprietà.»
Per quanto lungo e a tratti fin troppo drammatico, Al di qual del fiume è un romanzo da cui è difficile staccarsi, scritto con uno stile avvincente – i capitoli brevi sono di grande aiuto nel gestire il sovrapporsi delle linee narrative dedicate ai diversi personaggi – che rende questa lettura una vera e propria immersione in un tempo e in un luogo che, nonostante le innegabili difficoltà dovute alla povertà e alle vicende storiche, hanno tutto il fascino del passato.
Encomiabile l’attenta ricostruzione storica fatta dall’autrice, che fa di questo libro una saga familiare che resterà nel tempo, diversamente da tante altre che cavalcano l’onda delle moda temporanea.
A lettura terminata, una gita a Crespi d’Adda, per chi ancora non lo conoscesse e amasse, diventa un vero e proprio obbligo, per cercare nel reticolo di vie i volti dei personaggi della storia così ben raccontata da Selmi, ormai vivi oltre le pagine.
un libro per chi: ama la Storia d’Italia e le storie di famiglia
autrice: Alessandra Selmi
titolo: Al di qua del fiume
editore: Editrice Nord
pagg. 496
€ 19
Una delle cose che preferisco è leggere un bel romanzo attraverso il quale imparare a conoscere la storia d’Italia e delle famiglie,più o meno famose, che hanno aiutato a costruirla. Direi che questo titolo sembra fatto apposta per me. Grazie
Questo libro fa esattamente questo!
Te lo presterò.
L ho appena finito
Ricomincerò a leggerlo. Bellissimo
Ciao Gisella, sono contenta che ti sia piaciuto!
Appena terminato di leggere. Scrittura avvincente che ti invita a non lasciare il libro, a girare una pagina dopo l’altra per sapere cosa succederà. Crespi d’Adda l’ho visitata diverse volte, ma dopo questa lettura ci tornerò per guardarlo con gli occhi dei protagonisti del libro.
Eh Katia, anche io vorrei tornare a Crespi dopo aver letto il romanzo, sono certa che la troverei ancora più bella!