L’educazione affettiva e sentimentale di chi ha origine da una famiglia disfunzionale è un percorso talvolta tortuoso, impervio, in alcuni casi addirittura un travaglio più che doloroso, quasi lancinante.
Lo percepirà immediatamente chi ha compiuto il medesimo viaggio emotivo del protagonista di Corpi minori, alter ego dello stesso Jonathan Bazzi, ma anche chi ha avuto il privilegio di una crescita meno difficoltosa, più protetta, saprà cogliere la disarmante, a tratti disturbante schiettezza che emerge dalle pagine scritte dall’autore dell’amatissimo Febbre.
Corpi minori
Siamo geografia di noi stessi, portatori di mappe non lineari che indicano le tappe della nostra crescita.
Siamo geografia del mondo che ci portiamo dentro, che abbiamo visto, vissuto, interpretato.
È così anche per Jonathan, ventenne che sogna di lasciare la casa materna e le brutture della periferia milanese per entrare nel cuore della metropoli, al centro di una Milano seduttiva soprattutto per chi non l’ha ancora veramente vissuta.
Milano che abbaglia con i suoi palazzi di specchi e affascina con le sue dimore più antiche; Milano arrogante e impietosa con chi non ha ancora scelto quali ambizioni nutrire e amplificare, ma anche inesauribile fucina di opportunità per chi, inquieto e insicuro, si sente trottola impazzita, sempre in bilico sul bordo di un mortale precipizio.
Confondo in me l’amore e Milano, mischio, combino gli interessi. Peccato contro lo spirito, l’unico che non sarà perdonato: non sono innamorato di Pietro.
Jonathan si muove animato dal desiderio di trovare l’amore e il proprio spazio in quel mondo, ed è grazie alla relazione e alla convivenza con un ragazzo decisamente più benestante di lui che può quindi permettersi di stare a Milano, di abbandonare i margini della vita per diventarne, forse, un protagonista.
Che importa poi se, una volta arrivato lì, l’amore viene a mancare, se il sesso non è più un piacere ma solo un pesante fardello, se il sogno di coppia finisce per diventare mera e grigia sopportazione?
Basta restare aggrappati al divano, alle pareti, al letto, alle strade di quella che finalmente è anche la sua città.
Non ve ne andate, vorrei dirgli, intimargli in ginocchio, sbarrargli la strada: non ve ne andate, mai più restare soli, che quella porta non si richiuda di nuovo lasciandomi qui, nella ripetizione dell’errore che ho scelto. Ho abdicato alla visione individuale, sono fidanzato più con tutta la mia nuova vita che con una singola persona: questo è un progetto collettivo, una storia d’amore diffusa.
Ma non si smette mai di desiderare e cercare l’amore, l’altra metà della mela, la persona con cui fondersi in un unico essere, da cui bere e nutrirsi, a cui dedicare ogni pensiero, ogni battito del cuore, ogni orgasmo.
Così un giorno arriva Marius, il bello con gli occhi all’ingiù, capace di scovare nei mercatini più zozzi gli abiti più adatti a farsi stile, così come di vedere nel pulcino nero Jonathan un principe azzurro carnale e sensuale.
Allora sì che le emozioni del ragazzo di Rozzano si ripuliscono dallo strato di untuosa polvere dei fallimenti precedenti, purificandosi per donarsi nuove di zecca all’amore vero.
Quando ti innamori ti si centuplicano le forze e insieme rischi il collasso, hai dei giri armonici bellissimi installati nella camera timpanica: bellissimi e poi, a tratti, angoscianti, quando finisci assediato dalla paura di dire la cosa sbagliata, oppure ti convinci di aver colto in un gesto, in un suo movimento inatteso, il segno irrimediabile del ripensamento. Bellissimi e poi, a tratti, abrasivi, contundenti: perché innamorarsi significa in ogni caso spaccare il guscio, lasciare la polpa esposta, offrirla, come la carne di Prometeo.
L’inebriante incertezza del corteggiamento, il friccicore di un messaggio inaspettato, quando ormai si pensava di non aver fatto breccia in quel cuore e invece sì, il timore di dire e fare qualcosa che provochi un allontanamento, il voler piacere agli amici, così da suggellare con affetti comuni l’unione, nel romanzo sono raccontati in pagine talmente vivide che non possono non colpire chiunque si trovi a leggerle, pur nella loro costante narrazione convulsa, a tratti tanto drammatica da essere quasi respingente.
Poi i dubbi, i ripensamenti, il chiedersi se sia amore vero o solo prigione, chi di noi non ha sentito le stesse voci farsi strada tra i pensieri?
Potremo poi vedere i nodi si sciogliersi, le tensioni scemare? Avremo diritto anche noi lettrici e lettori a prendere fiato, sentire una certa rilassatezza – che non sia noia, chiaro – dopo le continue montagne russe emotive dei capitoli precedenti?
Bazzi tiene il punto della propria narrazione intima e personale già percorsa in Febbre, mettendosi qui ancora più a nudo anche nei suoi più umani difetti, nelle vulnerabilità e nei desideri di chi è costretto, per natura, a combattere ogni giorno con i propri demoni.
Corpi minori è un romanzo che assolve gli imperfetti, i veri.
un libro per chi: ancora non sa che l’amore vero è costruzione quotidiana e lenta
autore: Jonathan Bazzi
titolo: Corpi minori
editore: Mondadori
pagg. 320
€ 19