Toccherà a tutti noi invecchiare.
Qualcuno sarà più fortunato, senza troppi acciacchi fisici e mentali, altri dovranno convivere con il feroce infierire del tempo, diventando un peso per chi gli è accanto.
Noi non abbiamo colpa, secondo romanzo di Marta Zura-Puntaroni pubblicato da Minimum Fax, ci parla anche di questo.
Noi non abbiamo colpa
Marta, alter ego dell’autrice, vive da tempo lontana da casa.
Ha un lavoro che molti definirebbero precario, ma che le consente facilità di manovra quando diventa necessario tornare frequentemente nella provincia marchigiana per aiutare sua madre Antea a prendersi cura di Carlantonia, la nonna affetta da Alzheimer.
Mi sento come le piante quando le prendono e trapiantano, che poi avvizziscono e hanno bisogno di stagioni intere prima di recuperare, riassestare le radici in un nuovo terreno, riprendere a vegetare.
Carlantonia – che ora grida, strepita, rifiuta aggressivamente l’accudimento, facendo scappare tutte le badanti – non è mai stata l’amorevole nonna delle fiabe. Dura e distaccata, come le donne d’un tempo abituate a farsi carico delle difficoltà, è stata presente nella vita delle nipoti ma non le ha mai viziate o vezzeggiate, nel timore di renderle vanesie, meno pronte ad affrontare la durezza della vita.
Come a volerle preparare al momento presente, che di tenero non ha proprio nulla.
Antea lavora sempre e quando non lavora è in perenne ricerca di qualcuno che possa stare vicino a Carlantonia, che possa assisterla senza lasciarsi avvelenare dalla cattiveria delle parole e spaventare dal vuoto di certi momenti sempre più frequenti.
E Marta le è accanto, consolandola con la più grande verità che dovrebbero sempre tenere a mente tutti coloro che si ritrovano in una simile situazione: noi non abbiamo colpa.
Non abbiamo colpa se Carlantonia non ha più memoria, se la parte peggiore di lei è quella ormai affiorata in superficie, visibile a tutti. Non abbiamo colpa se non troviamo un modo per farla sentire protetta, se questa malattia le fa credere d’essere abbandonata a se stessa.
Trovassero ora una cura per l’Alzheimer quale sarebbe: impedire che nonna si svuoti ancora di più? Darci la combinazione della cassaforte che ci renderà finalmente la sua memoria? Non si trovasse, come non si troverà, una cura per l’Alzheimer prima della morte di mia nonna cosa dobbiamo sperare? In una nonna che si è svuota ancora di più? In una nonna Alice, che continua a tentare di arrampicarsi lungo il gambo lucido e scivoloso del tavolino di vetro, la chiave a vista ma raggiungibile?
Cosa dobbiamo sperare?
Il tempo passa, Carlantonia peggiora, Marta vive nonostante il peso dei giorni.
Ritrova le amiche di sempre, anche quelle che aveva perso di vista ma a cui aveva continuato a pensare. Si rifugia in pochi attimi di serenità, in quella vita di paese che pare immobile e sempre uguale ma che, nei momenti più dolorosi, sa essere cura con la sua lentezza, con la sua piatta certezza.
Nel frattempo, sospesa nell’attesa di una qualche evoluzione, raccoglie i ricordi d’infanzia e le storie di famiglia che sembrano antiche leggende, le stringe a sé e le mette nero su bianco, prima che sfuggano come granelli di sabbia dalle mani, portati via dalla tempesta della vecchiaia. E si confronta con le donne dell’est che si avvicendano al capezzale della nonna, mettendo sul piatto anche il tema del privilegio di chi sottrae ai figli una madre per trasformarla in badante di vecchi.
Ma si sa che non c’è mai fine al peggio e nuovi dolori si affacciano su questa famiglia in cui i maschi sono figure a latere, in penombra, quasi del tutto assenti.
Dio le manda a chi le può sopportare, direbbe alzando i palmi e gli occhi al cielo qualche vecchia del paese, informata delle disgrazie che stanno colpendo la mia famiglia, ma io ora ti chiedo, Signore, non hai forse tu, nella tua infinita saggezza, sopravvalutato la nostra forza, la forza di mia madre, la mia forza? Sei davvero sicuro che noi possiamo sopportare tutto questo?
Marta Zura-Puntaroni, con una scrittura schietta, sobria, a tratti cinica come la giovinezza, racconta con onestà l’orrore di una malattia che ferisce soprattutto chi la vede avventarsi su qualcuno di amato, divorandone memoria e dignità.
Il tocco da maestra, che conferma la bravura dell’autrice già emersa con il romanzo d’esordio Grande Era Onirica, è quel velo di comicità tragica e grottesca che talvolta emerge laddove si dovrebbe solo piangere e sospirare, perché nulla è più umano del prenderla a ridere quando tutto va male.
Noi non abbiamo colpa è un romanzo che può far male ma che riesce anche a consolare.
un libro per chi: sa e vuole sentirsi meno solo
autrice: Marta Zura Puntaroni
titolo: Noi non abbiamo colpa
editore: Minimum Fax
pagg. 190
€ 16