Impossibile non farsi travolgere dalla storia raccontata da Valeria Usala nel suo romanzo d’esordio La rinnegata, pubblicato da Garzanti.
Una vicenda che sottolinea quanto la libertà delle donne sia sempre stata osteggiata, spesso anche dalle donne stesse, e quanto sia tuttora necessario ricordare che l’autodeterminazione e l’emancipazione femminile non siano conquiste da dare mai per scontate.
Ne parleremo durante l’incontro del gruppo di lettura Absolute Beginners del prossimo 7 luglio.
La rinnegata
Siamo lontani nel tempo, in anni in cui la vita era più difficile per tutti.
Siamo a Lolai, un piccolo e pigro paese dell’entroterra sarda, una terra antica e brusca, pregna di fatica e superstizioni, di destini segnati e di peccati da scontare.
Teresa è diversa dalle altre donne del paese.
La sua bellezza è una condanna, la sua fierezza è un’aggravante.
E quello spiccato senso degli affari che, mischiato alla fatica, l’ha resa proprietaria insieme al marito Bruno di una taverna, è mal visto da tutto il paese, donne e uomini, che hanno sempre giudicato la giovane come scomoda e fuori luogo, diversa e colpevole.
Teresa lasciò la piazza e percorse l’ultimo tratto di strada, lungo due file di cipressi che conducevano al cancello in ferro battuto del cimitero. Sposando Bruno era diventata ufficialmente la signora Murru, e con i soldi della liquidazione del marito i due avevano comprato un piccolo terreno nella parte alta del paese. Ma a Lolai erano stati in pochi a credere che la giovane coppia avesse fatto tutto da sola. Si era iniziata a spargere la voce che i due avessero trovato i soldi in uno scrixoxu – un forziere – sotterrato in mezzo ai campi da qualche brigante in fuga. O che il signor Collu, in punto di morte, avesse regalato una piccola fortuna i giovani sposi, elevando Teresa dalla condizione di serva a quella di benestante da un giorno all’altro. Che fosse stata l’ennesima gentilezza del padrone di casa, il lavoro di Bruno in miniera o un tesoro nascosto, era la ricchezza di quella nuova famiglia a dare fastidio. E in paese, così si diceva, «chi ha i soldi, dal processo esce sempre innocente».
Bruno a volte si assenta per lavoro e le malelingue, in primis le donne, infieriscono e massacrano, mentre i maschi, soprattutto i minatori che arrivano da fuori e che frequentano la taverna, non lesinano apprezzamenti volgari e indiscreti rivolti a Teresa, infischiandosene della sua volontà ma anche dei suoi tre figli spesso presenti accanto a lei.
E il sentimento di ingiustizia, che fin dal potente prologo di questo straordinario esordio colpisce lettrici e lettori, si fa sempre più largo, fino a diventare una voragine che inghiotte ogni speranza.
La congiura del paese intero nei confronti di Teresa diventa ancora più soffocante e pericolosa quando la disgrazia colpisce la sua famiglia, come un atteso pretesto che dà manforte ai sospetti, ai pettegolezzi, a quella superficialità malevola in grado di distruggere vite.
A subire la stessa sorte, in passato, era stata Maria, altro personaggio cardine, altra rinnegata.
Una giovane di belle speranze sedotta dalla passione e gettata poi nello sconforto più profondo e intollerabile, compromessa e tradita dall’amore, destinata a essere additata da tutti fino a scegliere per se stessa la via di una feroce misantropia.
L’avevano rinominata la bruja, un appellativo comune per le donne vecchie e folli, simili a delle streghe. Anche lei, a seconda dei racconti, diventava esperta di malocchi e altri sortilegi in una baracca rivestita di licheni, a due passi dal cimitero, nella zona in cima alla collina che tutti chiamavano su cuccuru. La sua precarietà le restituiva di rado qualche ricordo alla mente; ma quando capitava, Maria si esibiva in monologhi ingiuriosi verso gli abitanti di Lolaii con la stessa furia di un vulcano in eruzione.
Unite da un legame antico e dalla stessa sorte, Teresa e Maria scontano la pena di essere donne libere in un luogo e un tempo in cui il desiderio d’indipendenza non può essere perdonato, in cui diventa arroganza agli occhi degli altri.
Nessuna clemenza per loro da parte dei compaesani, nessuna possibilità di essere comprese e accolte, come sovente accade a chi con la propria diversità squarcia il velo d’ipocrisia che ammanta una società retrograda e omertosa.
L’innegabile verità, che valeva tanto ieri quanto oggi, esce dalla bocca di Gavina, unica amica di Teresa:
«Se vuoi andartene, Tere’, fallo prima di cambiare idea», disse, mentre la bocca le si chiudeva in una linea severa. «Ma ricordati che la libertà non ha terra promessa, è una lotta continua. La gente continuerà a fare finta di nulla, non importa quanto grande è l’ingiustizia. Tocca a te rimanere in piedi.»
Per la sua libertà Teresa pagherà un pegno altissimo, che difficilmente sarà dimenticato da chi conoscerà la sua storia.
Valeria Usala, con una lingua limpida e matura, talvolta aspra come la terra che racconta ma anche aggraziata come una mano che sfoglia un album dei ricordi, racconta e tramanda una vicenda realmente accaduta, tramutandola in memoria collettiva e rendendo giustizia a tutte quelle donne, e non solo, che hanno sfidato il subdolo conformismo dei benpensanti.
Amaro e dolorosissimo, La rinnegata è un romanzo destinato a restare a lungo nei pensieri di chi lo legge.
un libro per chi: detesta la gente che mormora
autrice: Valeria Usala
titolo: La rinnegata
editore: Garzanti
pagg. 195
€ 16