Nella geografia della narrativa italiana di questi ultimi dieci anni c’è un luogo sospeso, a metà tra la pace di Holt di Kent Haruf e l’inquietudine della Twin Peaks di David Lynch: che si chiami Croci – come nel suo romanzo d’esordio con Fandango – o Ponte o Cave – come negli ultimi due libri pubblicati da Einaudi -, quel paese circondato da boschi, dove d’inverno nevica copiosamente e le estati sono brevi e feroci, è il luogo da cui la scrittrice Elena Varvello parte per raccontarci storie che è difficile dimenticare.
Elena Varvello
Maestra nel raccontare l’irrequietezza dell’adolescenza, con le sue pulsioni, le fragilità, la voglia di sparire ma anche quella di apparire, Elena Varvello ha messo al centro dei suoi libri i meccanismi inconfutabili ma mai semplici e scontati su cui si regge la famiglia.
Famiglie legate, forse addirittura incatenate, ai luoghi in cui vivono.
Perché, come l’autrice scrive ne La luce perfetta del giorno, tutti hanno bisogno di un posto in cui stare.
Se quel posto poi è un minuscolo mondo immerso nella natura, tra boschi e campi coltivati, con strade isolate invase da insormontabili cumuli di neve o cangianti per il riverbero del caldo sole estivo, allora ecco emergere l’inquietudine profonda che ciascuno di noi occulta nel profondo di sé e imprigiona nelle mura di casa.
Vite comuni che Elena Varvello sa raccontare con una scrittura sublime e impeccabile, tagliente e cesellata, capace di riprodurre mondi con poche selezionatissime parole, senza alcun bisogno di eccessi, senza strafare.
Come solo i grandi autori sanno fare.
Solo un ragazzo
C’è un ragazzo in questa storia che non ci farà dormire.
Un ragazzo apparentemente placido e silenzioso, che nasconde dentro di sé una lava bollente e distruttiva.
È un vulcano silente questo ragazzo, nessuno a casa sua potrebbe mai dire quello che fa quando ne è lontano e si lascia esplodere commettendo atti via via sempre più gravi: entra in una casa abitata ma in quel momento vuota e riempie fino all’orlo la vasca da bagno, poi compie piccoli furti in altre case, a scuola appicca un piccolo incendio.
Qualcuno in paese dice di averlo visto accanto ai luoghi dei misfatti, ma lui nega, mente. Nemmeno lo sa perché fa quelle cose.
Poi, una notte, ecco l’eruzione più forte: il ragazzo entra nella casa degli amici di famiglia che l’hanno visto crescere e li prende in ostaggio, armato di un cacciavite.
Vaneggia, tanto da non essere preso inizialmente sul serio.
Poi, in un attimo, il terrore vero invade le stanze e il buio.
Poi c’è quello che ha fatto. Il bagno della scuola. Rubare in un cantiere e in quelle due villette, andare alla spiaggia. I suoi sogni cattivi. Urlare di rabbia, qualche volta, quand’è nella capanna. Prenderselo in mano, sul bordo della vasca in bagno o all’ombra del garage, quando non c’è nessuno in casa. Farlo nel bosco, dietro i cespugli e i rovi, guardando amoreggiare una coppietta, o tra i graffi di luce che filtrano dalle pareti sconnesse, pensando a Risata Singhiozzante o a qualche ragazza vista a Cave. Le dita appiccicose, tutto quell’ansimare, quei versi di cui poi si vergogna. Continuare a sorridere ed essere gentile. Mentire di continuo – un bugiardo del cazzo.
Di quella notte folle e inspiegabile rimarranno una madre disperata, che ha congelato il tempo e si dimostra ancora irragionevole su quei fatti, un padre un tempo arrabbiato e sempre divorato dal senso di colpa, due sorelle che hanno tentato di andare avanti, talvolta arrancando.
E il fantasma di quel ragazzo che ancora invade ogni anfratto, come il magma che si spande, brucia ogni cosa, la cristallizza e la rende eterna.
Un romanzo onirico che rapisce il lettore, intrappolandolo nel seducente turbamento di chi si trova a esplorare gli oscuri misteri che si nascondono in tutti noi.
titolo: Solo un ragazzo
editore: Einaudi
pagg. 181
€ 18.50
La vita felice
Ancora un ragazzo, Elia, ma questa volta non è lui a incarnare il male.
È suo padre, che dopo aver perso il lavoro ha iniziato a mostrare segni di un disagio psicologico che fino ad allora era stato solo sopito.
Sparisce per ore, vaga senza meta sul suo furgone. Scrive lettere ossessive e si sente perseguitato da tutti.
Eppure è un uomo molto amato. Ha una moglie che lo cerca, lo stringe, lo consola, lo veste e lo nutre.
Una moglie che giustifica ogni stranezza, come se avesse stretto un patto di eterno e infrangibile mutuo soccorso. Un salvarsi vicendevolmente che procede per vie a noi oscure.
Una compagna che non vuol vedere ciò in cui si sta trasformando l’uomo a cui ha scelto di stare accanto.
Piú tardi l’auto di mia madre imboccò il vialetto.
Restò seduta a lungo, con il motore acceso, e non si accorse che io ero lí a guardarla, in piedi sulla porta. Infine scese, raggiunse il prato nella luce bassa e calda, poi spalancò le braccia.
A che stava pensando, in quel momento?
I suoi segreti e tutte le speranze e le paure, il posto in cui l’amore la teneva: mia madre era una donna complicata, sebbene allora avessi l’impressione che fosse piatta e trasparente.
Quello che so di noi, di quel che ci è accaduto, è chiuso in quella scena: le braccia spalancate, nessuno che lei possa stringere o afferrare, l’unica cosa di cui fosse capace, e io che mi allontano.
Elia, trent’anni dopo, ripercorre le vicende di quell’estate del 1979, cercando di colmare le crepe che spezzarono la sua famiglia dopo che una ragazza fu rapita e tenuta in ostaggio per ore.
E raccogliendo le briciole dei ricordi della sua bruciante passione per Anna Trabuio, la giovane madre del suo amico Stefano.
Un romanzo di formazione che cattura l’attenzione come un thriller e sapientemente punta il faro sul male oscuro e sull’incapacità – talvolta volontaria – di riconoscerlo e accettarlo.
titolo: La vita felice
editore: Einaudi
pagg. 186
€ 18.50
La luce perfetta del giorno
La luce perfetta del giorno è quella che permea le nostre vite imperfette.
Quella che illumina le nostre scelte, i nostri tentativi, gli errori, i baci, i lutti, i sogni irrealizzati e i desideri a due passi da noi.
La luce che segue la vita di Matilde e della sua famiglia, degli amici che frequenta e con cui condividerà anni di piccole cose, di grandi dolori.
Ma non c’è sentimentalismo in questa storia, non c’è alcuna battuta facile e risolutiva, nessuna pacca sulla spalla che cancella tutto ciò che è andato storto e fa male.
Perché la vita sa essere crudele e feroce e Matilde lo comprende subito, sbattendo la faccia sull’inspiegabile lutto che colpisce i suoi vicini di casa.
Lo capisce dallo sguardo che il marito le riserva dopo l’incontro di salvifica passione che ha vissuto con un altro uomo.
Ne è certa quando un brutto male la colpisce e la costringe a contare i giorni che la separano dalla fine di tutto ciò che ha vissuto.
La sua storia e le storie di sua figlia Monica, che si sente da sempre inadeguata e ancora di più crede d’esserlo perché non ha avuto figli, o di Clara, l’amica che può contare su una solida fede, e nemmeno di Aurora, che scompare travolta da una setta e riappare senza dare troppe spiegazioni, o ancora di Anna che dalla scomparsa della sorella ha ricavato modi irriverenti e un’apparente durezza, non sono singole protagoniste di questo romanzo che parte lento per diventare poi travolgente.
È il loro intrecciarsi che sta al centro di tutto, che rende possibile la luce perfetta del titolo.
Il giorno, la notte e poi di nuovo il giorno, la luce perfetta del giorno, ecco quello su cui potevi contare davvero, si disse. Il fatto che, poco prima, fossero stati tutti seduti intorno a quel tavolo, si disse.
Con una prosa trasparente e icastica, Elena Varvello nel suo romanzo d’esordio ci fa vivere fianco a fianco dei suoi personaggi per oltre trent’anni, senza stancarci mai.
titolo: La luce perfetta del giorno
editore: Fandango
pagg. 332
€ 10