Articolo a cura di Melina Spinella.
Ma siamo sicuri di vivere in una società all’avanguardia e proiettata verso il futuro?
Dopo aver letto Gli inganni di Pandora, il breve saggio di Eva Cantarella pubblicato da Feltrinelli, le certezze di sicuro vacillano.
Grazie alla sua profonda conoscenza delle nostre radici culturali, l’autrice accompagna il lettore in un interessante viaggio a ritroso nel tempo, all’origine delle discriminazioni di genere nella Grecia antica.
Gli inganni di Pandora
La grandiosità della civiltà ellenica è indiscutibile anche per l’eredità che ha lasciato all’umanità fino ai giorni nostri, permeando profondamente diversi ambiti culturali, dalla matematica alla filosofia, dalla scienza, al teatro e alla storiografia, tanto per citarne alcuni; e come non ricordare che l’idea stessa di democrazia affonda le proprie radici nella Grecia Antica?
È per questa ragione che, a più riprese, si resta amaramente sorpresi nel corso del viaggio, a dir poco avvincente, verso le prime tracce della discriminazione del genere femminile, che parte da tre fonti principali: i racconti mitici, le opere scritte dai medici e dai filosofi del tempo.
La prima traccia del pensiero sulle differenze tra genere maschile e femminile si ritrova nel racconto della nascita della prima donna, il famoso mito di Pandora, che ritroviamo nelle opere di Esiodo, vissuto nel VII secolo a.C.
Nel raccontare la storia di Pandora, Esiodo dice che da lei discende “il genere maledetto”, la “tribù delle donne”: un genere “altro” rispetto a quello maschile.
Nei miti emerge a chiare lettere che per i greci le donne fossero una razza a sé e già allora erano categorizzate in due distinte tipologie: quelle solo adatte a mettere su famiglia, cui il sesso era consentito solo all’interno del matrimonio e quelle non idonee per fini riproduttivi che, mettendo liberamente a disposizione il proprio corpo, permettevano all’uomo di continuare a vivere la propria libertà sessuale.
Tali categorizzazioni suonano così familiari perché utilizzate ancora oggi da uomini dalla mentalità maschilista della peggiore risma tanto che verrebbe voglia di far notare quanto le loro idee siano ormai antidiluviane e poco 2.0.
Un’altra importante fonte da cui attingere gli albori delle differenze di genere si ritrova nell’imponente raccolta di trattati di medici Corpus Hippocraticum (VI a.C.), avviata dal grande padre della medicina Ippocrate e giunta sino ai nostri giorni. Il trattato intitolato La natura della donna è emblematico del pensiero della comunità scientifica del tempo.
I medici greci pensavano che il processo riproduttivo avesse inizio solo se e quando il seme maschile veniva ricevuto dall’utero femminile e vi rimaneva aderendovi. Infatti, se il seme fuoriusciva o colava all’esterno “non vi era generazione”, e così come “non vi era generazione” se in altre, successive fasi delle gestazione il seme veniva diluito da un’altra sostanza (ad esempio il sangue), e di conseguenza non si coagulava: o ancora, se il feto veniva espulso da un utero pieno di phlegma o di acqua. Conseguenza: se un accoppiamento non produceva frutti, era a causa di un difetto della donna.
Anche i filosofi greci si sono parecchio interessati alle differenze di genere: per costruire un modello politico ottimale era fondamentale individuare le caratteristiche di entrambi i sessi.
Man mano che ci si addentra nella lettura dell’analisi ricca di interessanti dettagli essenziali condotta da Eva Cantarella, cascano totalmente i veli dell’illusione.
Si resta sorpresi del pensiero di un filosofo come Aristotele e non mancano nemmeno le sorprese sul conto di Socrate e persino di Platone, il cui pensiero era addirittura considerato dalle suffragette inglesi come rappresentativo del movimento femminista allora nascente.
L’autrice conclude l’illuminante disamina con la descrizione delle discriminazioni che la donna greca subiva nella sua vita quotidiana. L’ipocrisia del matrimonio monogamico era innegabile: l’adulterio era attribuibile solo alla donna in quanto l’uomo poteva godere pienamente della sua libertà sessuale e “l’omicidio per causa d’onore” restava impunito se commesso per mano di un maschio tradito.
Come non sussultare sapendo che il delitto d’onore in Italia è stato abolito agli inizi degli anni ottanta? La violenza sessuale veniva punita solo se commessa sulle donne cosiddette “oneste”, quelle che vivevano in famiglia, sotto il controllo e la protezione di un uomo.
E le altre? Le altre, anche se violentate, non erano protette dalla legge. Non era dunque il consenso femminile quello che interessava al legislatore ateniese. Era invece il consenso degli uomini, il cui onore veniva offeso e quindi diminuito se una delle donne che si trovavano sotto la loro autorità veniva violentata. Se non offendeva un uomo, la violenza sulle donne non era reato.
Eva Cantarella con Gli inganni di Pandora ci spinge a riflettere su quanto la società in cui viviamo – per quanto tecnologicamente avanzata, evoluta e aperta al progresso – conservi ancora i retaggi delle discriminazioni di genere esistenti nella società ateniese due millenni or sono e su quanto ancora oggi si faccia ricorso a forme di controllo neanche troppo sofisticate per ostacolare il cammino del genere femminile verso una reale condizione di emancipazione.
Assolutamente da leggere.
un libro per chi: vuole andare fino in fondo e aprire il vaso di Pandora
autore: Eva Cantarella
titolo: Gli inganni di Pandora
editore: Feltrinelli
pagg. 85
€ 12
Interessante analisi dei contenuti mitologici ben espressi dalla recensione proposta: si evidenzia in modo chiaro ed incisivo quanto ancora vi sia da revisionare nell’immagine del femminile in quest’epoca ancora fortemente orientata al patriarcato.
Grazie per gli spunti di riflessione forniti e per l’analisi proposta ai lettori,