Deve essersi divertito molto Piersandro Pallavicini scrivendo il suo ultimo romanzo Nel giardino delle scrittrici nude, pubblicato da Feltrinelli.
L’ho immaginato seduto nel suo studio, con l’aplomb raffinato che lo contraddistingue, a pescare tra le centinaia di aneddoti che avrà sentito o addirittura vissuto in questi anni da scrittore alle prese con un mondo, quello editoriale, pieno di difetti, raramente sospettati dalla stragrande maggioranza dei lettori.
Perché la storia raccontata nel libro scoperchia un bel po’ di non detti sulla questione premi letterari e sull’approccio ormai più imprenditoriale che culturale che ha fagocitato l’editoria italiana.
Nel giardino delle scrittrici nude
Sara Brivio non è sempre stata la milionaria proprietaria di un palazzo nella zona più bella e ricca di Milano. Non ha sempre posseduto una Jaguar e non è sempre stata avvezza a viaggiare per il mondo soggiornando in hotel di lusso.
Sara ha un passato da intellettuale povera e incompresa, con qualche (bel) romanzo alle spalle, alcuni articoli su riviste culturali e un paio di rassegne letterarie rivolte perlopiù alle signore agée della provincia pavese.
Per anni ha vissuto a Vigevano; è stata la moglie di un ambizioso professore di lettere, anch’egli scrittore, e ha avuto una figlia, Monica, con cui si sono rotti i ponti dopo un’improvvisata visita trasformatasi in tragedia.
Sara Brivio però oggi è ricchissima, al punto da potersi permettere di essere viziata e schizzinosa. Ha impiegato un po’ di tempo a rendersene conto, ma oggi sa di poter contare su una rendita mensile così alta da consentirle di acquistare le opere d’arte che ha sempre sognato, di avere enormi librerie piene di volumi rari e preziosi, di vivere in un luogo incantevole con le amiche scrittrici Fanny ed Elena, alle quali non fa mancare nulla, grazie anche alla presenza della brontolona e pragmatica cuoca tuttofare Gianna.
Sospiro, mi alzo, vado al telefono, chiamo il concierge. Ordino una bottiglia di champagne, sì, Dom Perignon va benissimo, e gli dico wait, aspetti, mentre scorro il menu del ristorante dell’hotel e non ci capisco niente, i piatti sono in danese, svedese, vai a sapere, forse finlandese, scelgo a caso, number two and four please, tanto mi piace tutto, tanto l’importante è la lontananza, la camera, il panorama, il lusso. Il guscio in cui la consapevolezza di essere infinitamente ricca ti racchiude scacciando l’ansia, lenendo il dolore.
Nonostante la vita da milionaria, il dolore di Sara è però sempre vivo; non solo per la perdita della figlia, che da anni non vuole più parlarle e la evita come la peste, ma anche per il ricordo dell’abbandono del padre, fuggito in Svizzera mentre la madre stava morendo.
Un padre escrementizio, come ripete Sara più e più volte, che però l’ha lasciata erede di un’immensa e inaspettata fortuna.
A cosa serve il denaro, quindi, se non basta a lenire il dolore e a cancellare il passato?
Forse è utile a vendicarsi.
Però aspetta: e se davvero comprassi la libreria, buttassi fuori questa proterva bouquiniste gauche-caviarissima, ottenebrata da decenni di letture così colte e noiose da averle praticamente essiccato il cervello, ma poi invece di chiuderla ci entrassi io e vendessi solo i libri che mi piacciono? Nuovi, usati, da collezione. La bibliografia completa di Arbasino, un intero scaffale con L’anonimo Lombardo, Fratelli d’Italia, Super Eliogabalo, tutto in tutte le edizioni incluse le prime con Feltrinelli, saranno anche rare a si possono trovare, basta cercare nelle librerie antiquarie o su eBay, io poi le rivenderei a prezzi popolari. Invece niente Pasolini, tò. Anzi meglio, uno scaffale dedicato a Pier Paolo Pasolini però completamente vuoto, impolverato, magari con in mezzo un bel cartoncino con scritto sopra “spiacenti, nisba Pasolini”.
Vendicarsi di chi, oltre alle libraie snob o alle commesse maleducate?
Del marito bugiardo, infido e pederasta, ma anche di un universo, quello dell’editoria, che ormai si basa su meccanismi che nulla hanno a che fare con il vero talento degli scrittori o con la bellezza dei loro libri.
Prendete El Panteron Castagner, per esempio, uno scrittore veneto privo di qualsiasi talento ma ben capace di leccare i deretani giusti, al punto da ritrovarsi pluripremiato e in cima alle classifiche di vendita.
Perché non creare, quindi, un premio letterario che possa ridare un sano equilibrio a un mondo ormai stantio, se non addirittura marcio?
Perché non mettere in luce il talento di scrittori veri, bravi e quasi del tutto sconosciuti e dimenticati, e magari allo stesso tempo umiliare i farlocchi che vengono spacciati come grandi geni della letteratura e posizionati sempre sugli scaffali più i vista?
Sara, Fanny ed Elena, aiutate dalla precisissima e impeccabile segretaria Kostanza, si divertiranno parecchio a scegliere le vittime della loro implacabile vendetta, non senza rivelarci i loro vizi più scabrosi, partendo proprio da quella necessità di prendere il sole completamente nude, nel giardino di casa.
Posso confessare questa semplice, materiale predilezione? È concessa una donna posata, sessantenne, ricca, ben vestita, colta, non ultimo scrittrice, ammettere che da giovane era molto interessata al cazzo? A uno in particolare, intendo, non è che andassi in giro a interessarmi di cazzi a destra e a sinistra, a uno in particolare e alla sua forma più che alle dimensioni, dunque alla sua curvatura aggraziata, al suo straripante turgore, ai gentili contrasti di colore tra le diverse parti. Posso dirlo o no? Almeno questa libertà sarà rimasta a chi riempie le pagine di un libro, o sbaglio?
Mischiando realtà e finzione (il Premio Bancarella diventa Scaffaletto e taluni scrittori citati sono chiaramente ispirati a nomi noti…), Piersandro Pallavicini si fa paladino – volontario o involontario, non è dato saperlo – di una questione che appassiona i molti lettori avvezzi alle cattive pratiche editoriali, puntando i riflettori sull’incontenibile proliferare di grandi geni letterari a discapito dei pochi veri talenti che a fatica riescono a raggiungere le librerie.
Irriverente ma pur sempre estremamente elegante, lo scrittore vigevanese si toglie qualche sassolino dalla scarpa, dando comunque il dovuto spazio a una storia che è anche fatta di dinamiche familiari e sentimenti dolorosi.
Un romanzo impeccabile, che dosa profondità e leggerezza, arguzia e sensibilità, comicità e dramma.
D’altronde, Pallavicini è uno scrittore vero. Ma questo, qui, lo sapevamo già.
un libro per chi: tutti gli anni prevede con largo anticipo il vincitore del Premio Strega
autore: Piersandro Pallavicini
titolo: Nel giardino delle scrittrici nude
editore: Feltrinelli
pagg. 238
€ 16
Una storia originale, critica nei confronti dell’ambito editoriale odierno, ma nello stesso tempo pulita e con sentimenti che fondamentalmente caratterizzano l’essere umano. Io questo libro l’ho visto in vetrina ma non l’ho preso, dopo aver letto questa recensione ci farò un pensierino.
Grazie Martina!
È esattamente come hai riassunto: un libro che diverte ma sa anche far riflettere, con molto garbo e intelligenza.