Tra i grandi capolavori dello scorso secolo c’è un romanzo che null’altro fa oltre a raccontare puntualmente l’intera vita di un uomo.
Sto parlano del famosissimo Stoner di John Williams, pubblicato in Italia da Fazi e diventato libro del cuore per migliaia di lettori.
Williams ha catturato l’attenzione puntando il riflettore sulla lunga esistenza di William Stoner, professore universitario che vive tra alti e bassi, come tutti noi. Nessun evento particolare scandisce la vita del protagonista, eppure questa è resa straordinaria dalla capacità di Williams di descriverla con cura compassionevole.
Pensando a Stoner e alla sua vita, ho letto con piacere i due romanzi d’esordio di due autori che con Williams hanno in comune il voler raccontare la straordinaria banalità dell’umana esistenza.
Seminario sulla nostalgia di Roberto Tatarelli
Il romanzo breve scritto dal neuropsichiatra e psicoanalista Roberto Tatarelli è il racconto di un professionista ormai giunto alla pensione, che si trova a fare i conti con quel tipico senso di vuoto lasciato dalla cessazione del proprio quotidiano lavorativo.
Ora è veramente finito tutto.
L’uscita di scena credevo di averla preparata bene. Negli ultimi mesi mi avevano tolto tutti gli incarichi, universitari e ospedalieri, avevo pure dato un rinfresco d’addio. Sarebbe bastato, il giorno dopo, restare a casa.
È in questa situazione che ho imparato crudelmente che l’autoinganno ha, come certe bugie, le gambe cortissime. Almeno per me. La fine si precipita in realtà come un fulmine senza tuono. Una specie di sudore senza sudore, che scende rapido dalla testa fino al perineo, dove si ferma con un fastidioso senso di costrizione. Tutto insieme perdo cinquant’anni intensi. Dall’iscrizione a medicina del 3 novembre 1959.
Dopo una pungente introduzione che ben delinea il vassallaggio accademico che circola nelle università italiane, la narrazione diventa un inarrestabile flusso di coscienza in cui Ernesto, il protagonista, ripercorre le tappe della propria vita, intervallate da interessanti puntualizzazioni sul valore della psicanalisi e il significato della nostalgia.
L’idiosincrasia per lo studio della lingua tedesca, la depressione della madre, le sfide a tennis, gli studi in medicina fianco a fianco con l’amico Umberto, la passione mai ammessa per la moglie di quest’ultimo, tutto scorre sotto gli occhi del lettore, soggiogato dalla raffinatezza della prosa e mai annoiato dal racconto-fiume, che punta dritto a far riflettere sull’effimera condizione umana.
Tutto ha una fine e Tatarelli lo racconta amaramente e senza remore.
autore: Roberto Tatarelli
titolo: Seminario sulla nostalgia
editore: Aguaplano
pagg. 144
€ 15
Abbiamo fatto una gran perdita di Alberto Cellotto
È un lungo monologo epistolare quello di Martino Dossi, un flusso di parole incontenibili che Alberto Cellotto registra sapientemente sulla carta.
Viaggiando in auto lungo la penisola, Martino soggiorna in diversi hotel e da lì scrive lettere ad amici, parenti, persone che in realtà non ha mai conosciuto davvero, infarcendo ogni missiva di sagaci dissertazioni su diversi aspetti della vita.
Ho stazionato sulla sensazione di essere torturato, qui da solo, in questa stanza. Quel che vivo non è un rituale di tortura e nemmeno l’ubbia che ci sia qualcuno che mi perseguita da lontano con qualche maleficio. La tortura è quella che mi porto in serbo da troppi anni, è essere attorcigliato tra dire e non voler dire più nulla. Una postura insulsa che ormai è diventata il mio tono di voce. A volte è il desiderio di togliermi dalle spese, sebbene io non sia mai andato vicino al suicidio. Di qua passa questo stordimento che avanza come un’auto di notte in una strada di campagna, tra le rane, le bisce e i ricci investiti che provocano una lieve scossa sotto i pneumatici.
Un monologo che diventa delirio, una valanga di parole che verosimilmente servono a celare una profonda solitudine, un disagio verso la società e anche un pizzico di snobismo, che Martino cerca di superare attraverso la scrittura di queste lettere che restano ferme in un faldone nell’attesa, sempre procrastinata, d’essere spedite.
Ed è attraverso questi fiumi di parole che impariamo a conoscere il mittente, un uomo semplice, con una compagna e tre figli, oggi senza lavoro e con poche pretese.
Un infelice, forse, che mira però alla felicità.
Un uomo che si chiede dove lo abbia portato e dove lo stia portando la vita, e che lotta – inutilmente – contro quel senso d’incompiuto insito nell’essere umano.
Alla fine anche un infelice è un apprendista felice.
autore: Alberto Cellotto
titolo: Abbiamo fatto una gran perdita
editore: Oèdipus
pagg. 102
€ 12,50