Skellig di David Almond

Sulla copertina di Skellig di David Almond c'è un disegno che rappresenta un grosso uccello nero, un gufo e un bambino appoggiati sui rami di un albero

Ricco di simbolismo e mistero, Skellig di David Almond è il classico romanzo per ragazzi e ragazze che si rivela attraente anche per un pubblico più adulto, soprattutto per l’affascinante e originale trama, e per la ficcante capacità di destare diverse riflessioni sulla malattia e sulla solitudine.

Skellig

Chi è Skellig?
Il suo nome viene rivelato solo a metà romanzo e fino ad allora non sarà facile per chi legge affezionarsi a questo personaggio oscuro e respingente.

A incontrarlo per la prima volta è Michael, che da poco si è trasferito in una nuova casa con i suoi genitori e la sorellina appena nata e molto fragile.
Il ragazzino convive con il peso e l’incertezza di non sapere se la piccola, ancora senza nome, sopravviverà alla malattia che il Dottor Morte, così lo chiama Michael, cerca di curare tra una visita casalinga e un ricovero.

Allo stesso tempo, il nostro piccolo protagonista deve ambientarsi nella nuova casa, ed è proprio quando entra di nascosto nel garage pericolante che incontra un essere strambo e inquietante, che si nasconde nel buio e si ciba di insetti.
Chi è costui? O meglio, che cos’è?

Lentamente e con molta delicatezza, Michael si avvicina alla creatura, la sfama, cerca di farla parlare, di comprendere da dove venga e perché sia proprio lì, nella vecchia casa che prima apparteneva a un vecchio malato; al suo fianco c’è Mina, la ragazzina della casa casa accanto, con una mente sveglissima e aperta a tutto, forse perché non incasellata nei dogmi della società, dato che la madre la educa a casa e l’ha avvicinata allo studio della natura, della filosofia e delle arti.

«Dicono che le scapole sono il punto dove avevamo le ali, quando eravamo angeli. Dicono che sono il punto in cui ci ricresceranno, un giorno».
«È solo una storia, però. Una favoletta per bambini, no?»
«Chi lo sa? Forse una volta avevamo tutti le ali e forse un giorno le avremo tutti di nuovo».
«Secondo te la bambina aveva le ali?»
«Ah, sono sicura di sì. Basta  guardarla».
«A volte penso che non se ne sia mai andata del tutto dal paradiso e non sia mai arrivata del tutto qui sulla terra».

Se è vero che quasi sempre i bambini sono privi delle sovrastrutture che rendono timorosi e intolleranti gli adulti, la giovane Mina ha quella marcia in più che muove chi crede nell’impossibile, non certo per mancanza di razionalità ma proprio perché padrona del proprio sapere.
Lei e Michael riusciranno a percepire la realtà magica di Skellig, pur non rivelando mai apertamente né i propri dubbi né le certezze.

«Che cos’è?»
«Non si può sapere. A volte dobbiamo solo accettare che ci sono cose che non si possono sapere. Perché tua sorella è malata? Perché mio padre è morto?» Mi prese la mano. «A volte pensiamo che dovremmo essere capaci di sapere tutto, ma non è così. Dobbiamo contentarci di vedere quello che c’è da vedere e il resto dobbiamo immaginarlo».

Al di là del lato mistery della trama e del talento di Almond nel maneggiare abilmente una scrittura indubbiamente evocativa e ammaliante, il romanzo cattura soprattutto perché non nasconde la sofferenza, non elude la fragilità, non sconta nulla della fatica quotidiana di chi presta accudimento e cura ai malati.

Skellig è la storia perfetta per affrontare questi temi con i lettori ed le lettrici più giovani, ma può anche essere quel momento di comprensione e respiro che meritano gli adulti che, ogni giorno, hanno a che fare con il dolore altrui e, soprattutto, con il proprio.

Sulla copertina di Skellig di David Almond c'è un disegno che rappresenta un grosso uccello nero, un gufo e un bambino appoggiati sui rami di un albero

un libro per chi: cerca un’insolita storia che coinvolge giovani protagonisti alla scoperta del dolore

autore: David Almond
titolo: Skellig
traduzione: Paolo Antonio Livorati
editore: Salani
pagg. 150
€ 13

Babele il gruppo di lettura disordinato

Chi ha scritto questo post?

Emiliano-romagnola, ragazzina negli anni ’80, si è trasferita a Milano nel 2008 e per molto tempo è stata un "angelo custode di eventi".
Da anni si occupa anche di libri: modera incontri letterari, ha ideato e realizzato la rassegna Segreta è la notte e conduce diversi gruppi di lettura.
Pratica mindfulness dal 2012, sogna sempre le montagne e ascolta musica jazz.
È meno cattiva di quello che sembra e vorrebbe morire ascoltando “La Bohéme” di Puccini.

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