Sono passati sei anni da quando La treccia, l’emozionante romanzo di Laetitia Colombani, uscì in Italia per Editrice Nord, conquistando migliaia di lettrici e lettori.
Già allora si parlò di un film che, dopo diversi ritardi dovuti anche alla pandemia da Covid-19, uscirà finalmente al cinema il 20 giugno.
È la stessa Laetitia Colombani a dirigere il film che vede protagoniste tre attrici perfettamente calate nei ruoli delle protagoniste del suo struggente romanzo.
Mia Maelzer interpreta Smita, l’intoccabile indiana fuori casta, costretta per sopravvivere a pulire gli escrementi nelle latrine di chi è di rango superiore. L’attrice indiana riesce in poche asciutte inquadrature a rendere tutto il dolore e la rabbia che prova la giovane madre che tenta di dare un futuro diverso e migliore alla piccola figlia Lalita. Il loro travagliato viaggio per raggiungere il tempio a cui lasciare i loro splendidi capelli come offerta agli dei, ha i colori accesi e ad alto contrasto dell’India, paese dalle tante contraddizioni e in cui il divario tra ricchi e poveri è vertiginoso.
Tocca alla giovane Fotinì Peluso interpretare Giulia, erede della cascatura dei capelli, un’antica tradizione che prevede la sbiancatura e poi la colorazione delle chiome destinate a diventare parrucche.
La scena con lei si sposta a Monopoli (nel libro era Palermo) e questa volta è la luce bianca e calda del sole a far spiccare il bianco delle case e il blu del mare, a dare forza alla storia di questa ragazza che combatte contro i pregiudizi che non vogliono lasciarla libera di essere innamorata, felice e pronta a prendere in mano l’attività artigianale di cui è stata fino ad allora solo discepola.
L’interpretazione di Peluso è forse un tantino calcata, ma è anche vero che talvolta è proprio la drammaticità con cui i giovani prendono di petto la vita a svegliare e dare una scossa a chi è vecchio, dentro e fuori.
Ma l’interpretazione più forte e ben riuscita tocca a Kim Raver – la conosciutissima interprete di Teddy Altman in Grey’s Anatomy – che qui è la canadese Sarah, un’intraprendente e lanciatissima avvocata e madre di tre figli, la cui vita sarà sconvolta dalla malattia.
L’intensità con cui Raver interpreta la scena culmine del film si rileva nei pochissimi movimenti del volto, negli occhi che si bagnano lentamente e mostrano tutto il dolore di una donna ferita ma anche la speranza che piano piano rinasce grazie al rivedersi finalmente sé stessa ma con una nuova consapevolezza.
La luce nelle scene che la vedono protagonista è inizialmente fredda, asettica, come il mondo del lavoro che chiede sempre di più a chi vuole fare carriera e non può concedersi nemmeno un attimo di debolezza.
Laetitia Colombani, che appare anche sullo schermo in un piccolo cameo, con l’aiuto del direttore della fotografia Ronal Plante traccia tre linee narrative nettamente diverse, che facilitano lo spettatore nel seguire un’unica storia, quella delle donne che intendono riscattarsi, qualsiasi sia il loro substrato di provenienza.
Nonostante tutto questo impegno, il film non riesce a raggiungere l’elevata intensità che si ritrova tra le pagine del romanzo, pur rimanendo comunque un buon prodotto, che non annoia e stimola negli spettatori diversi moti di sincera commozione.
In occasione dell’uscita del film Editrice Nord ripubblica il romanzo con una nuova copertina.