In Emilia, in un vecchio cassetto di una camera da letto, è stata per anni custodita una lunga e pesante treccia di capelli castani dai riflessi dorati: la mia, tagliata quando avevo undici anni e conservata con amore da mia madre, perchè nella vita non si sa mai.
È stato questo pensiero a farmi sentire così vicina a La treccia, il romanzo della francese Laetitia Colombani, uscito per Editrice Nord.
Un libro che in Francia, dopo mesi in classifica, è diventato un caso editoriale, oggi tradotto in tutto il mondo.
Una storia importante e commovente, sulla grande forza delle donne e sulla nostra capacità di rinascere ed evolvere dopo ogni momento buio.
La treccia
Tre sono le protagoniste del romanzo della Colombani. Tre donne diversissime tra loro, che non si conoscono e che non s’incontreranno mai.
Smita vive in India. È una dalit, un’intoccabile fuori casta che vive ai margini della società, costretta a ripulire dagli escrementi le latrine degli appartenenti alle caste superiori. Il marito di mestiere scaccia i ratti dai campi e li porta in tavola per cena. Poi c’è la piccola Lalita che, per volere di Smita, dovrebbe iniziare ad andare a scuola: un evento importantissimo per una famiglia di questo infimo ceto sociale, una specie di piccolo miracolo tanto desiderato da una mamma che non si arrende alla condizione disumana in cui è costretta a vivere. Una situazione, quella indiana, che ogni tanto fa scalpore anche sui giornali occidentali e che, per alcuni dei suoi abitanti, è un continuo attentato alla vita.
Smita conosce bene quella storia non serve che gliela ricordi. Sa perfettamente che qui, nel suo Paese, le vittime di stupro sono considerate colpevoli. Non c’è nessun rispetto per le donne, men che meno se si tratta d’intoccabili. Quelle creature che non bisogna toccare, neppure guardare, vengono tuttavia violentate senza pudore. Per punire un uomo che ha contratto debiti, si violenta sua moglie. Per pulire un uomo che ha una relazione con una donna sposata, si violentano le sue sorelle. Lo stupro è un’arma potente, un’arma di distruzione di massa.
Giulia vive in Italia, a Palermo. È l’erede di un’antica tradizione, la cascatura dei capelli, che sta imparando dal padre nella piccola azienda di famiglia. Ama leggere e sogna un futuro emozionante, che improvvisamente appare negli occhi di Kamal, un giovane sikh di cui s’innamora perdutamente. Il destino, però, si mette di mezzo e Giulia, dopo un grave incidente che costringe il padre in un letto d’ospedale, si trova di fronte a una scelta difficilissima: mettere da parte la passione e sposarsi con un concittadino tanto facoltoso da poter mantenere l’attività che dà lavoro a donne di ogni età e condizione o seguire il cuore e lanciarsi in un’avventura impensabile fino a poco prima?
È qui che Giulia è cresciuta, tra capelli da districare, ciocche da lavare, ordini da spedire. Si ricorda delle vacanze e dei pomeriggi trascorsi in mezzo alle operaie, a osservarle lavorare. Le piaceva guardare le loro mani che si muovevano veloci come un esercito di formichine operose. Le osservava mentre posavano i capelli sui cardi – grandi pettini quadrati – per districarli, e poi li lavavano nella vasca fissata su due cavalletti (un’ingegnosa trovata di suo padre, cui non piaceva che le operaie si spaccassero la schiena).
Infine c’è Sarah, che vive a Montreal in Canada. Madre di tre bambini, divorziata due volte, avvocato di successo e donna determinata e stakanovista, Sarah scopre un mandarino nel seno e, nonostante combatta per non cedere nemmeno un centimetro della strada professionale che ha guadagnato in anni di fatica e rinunce personali, si trova improvvisamente dalla parte dei deboli.
Una condizione che non ha mai conosciuto, che la spaventa e che la trascina nel baratro della depressione. Riuscirà a ritrovare la voglia di combattere e di vivere?
Lei che ha sacrificato tutto in nome del lavoro, oggi viene sacrificata a sua volta sull’altare dell’efficienza, della produttività, del rendimento. Qui, o corri o muori. E allora che se ne vada pure a morire.
Con una prosa pulita e avvincente, Laetitia Colombani costruisce un racconto vivido e sentimentale che ci fa viaggiare tra tre continenti, per ravvivare in noi la certezza che un filo rosso – o meglio, un treccia – unisca i destini di tutti.
Che fine ha fatto oggi la mia treccia di bambina?
È stata donata un centro che si occupa di raccogliere i capelli, per trasformarli in parrucche per malati oncologici.
Perchè nei libri, spesso, troviamo la vita che vorremmo avere, ma anche quella che possiamo costruire.
un libro per chi: ama le storie al femminile, forti e profonde
autrice: Laetitia Colombani
titolo: La treccia
traduzione: Claudine Turla
editore: Editrice Nord
pagg. 288
€ 16,90
Laetitia Colombani
Da dove vengono i capelli delle parrucche? È stata questa semplice domanda, nata da un momento di sorellanza nei confronti di un’amica malata, ad accendere la fantasia di Laetitia Colombani.
Incontrarla personalmente e scoprire dalla sua voce che questo romanzo è stato scritto in omaggio al coraggio delle donne, ha chiuso il cerchio emozionale che s’era aperto alla prima pagina de La treccia.
Una sensibilità straordinaria e una particolare attenzione alla condizione femminile, unite alla visione di un documentario sull’India e sulla casta degli intoccabili, hanno dato il la alla costruzione della storia di Smita, mentre l’antica tradizione palermitana della raccolta dei capelli, di cui aveva sentito parlare da amici, è stato lo spunto per raccontare la storia di Giulia. Per la terza protagonista, Sarah, la Colombani aveva immaginato un’ambientazione parigina, ma ha poi preferito – per esigenze narrative – fare il giro del mondo, rimanendo però in una terra francofona e scegliendo quindi il Canada.
Presa dall’ansia di essere credibile nel raccontarci queste tre donne e i loro mondi, Laetitia Colombani s’è documentata a fondo, leggendo e studiando per approfondire ogni dettaglio.
Una ricerca e una cura che si percepiscono realmente e che fanno di questo romanzo – che diventerà anche un film – una vera fonte d’ispirazione e un profondo messaggio di speranza.
Ciao amichetta….
Mi apri sempre le porte di nuovi mondi…
Speriamo che siano più belli di quello in cui viviamo per buona parte della giornata…
Buongiorno Amichetta!