Articolo a cura di Metella Orazi.
Dalla Norvegia arriva la nuova storia di Helga Flatland che in Fino alla fine, edito da Fazi, ritrae due donne forti, una madre ed una figlia, messe di fronte a un momento cruciale della vita.
Fino alla fine
Sigrid è una dottoressa quarantenne che ha deciso di trasferirsi a Oslo con la famiglia, per allontanarsi dal paesino di campagna in cui è cresciuta. Dal secondo marito ha avuto un bimbo che ha ancora pochi anni, mentre Mia è la primogenita, ormai adolescente, avuta da una storia precedente.
Anche se all’apparenza la nuova vita di Sigrid in una città più grande è felice e appagante, un cumulo di ricordi ingombranti l’ha seguita fino a lì e ciò la rende facilmente irritabile a discapito della convivenza pacifica.
La figlia è sfuggente e sembra preferirle il vero padre ricomparso di recente; il matrimonio con Aslak ha delle tensioni represse e Sigrid è ancora arrabbiata con la madre Anne, colpevole di aver trascurato lei e suo fratello Magnus perché presa ad assistere il padre.
La serenità familiare viene scombussolata di colpo quando la madre settantenne – che è orgogliosamente rimasta a vivere da sola nella casa d’infanzia di Sigrid -, fa una telefonata.
Non è poi così strano che mia madre abbia telefonato a Mia: si sentono spesso, più di quanto ognuna delle due senta la sottoscritta. Però c’è qualcosa che non quadra nell’orario o forse in me. Diciamo che mi metto in agitazione ogni volta che mia madre mi chiama, ma poi il sollievo di sentire che non è successo niente di grave cancella il ricordo del precedente senso d’allarme. Comunque, non è inverosimile che lei mi telefoni per parlarmi delle galline.
È proprio con l’uccisione delle amate galline di Anne che si apre la narrazione che per tutto il libro si alterna tra la voce e i pensieri della madre e quelli della figlia che raccontano in prima persona.
Quello che succede nel pollaio acquista significato quando Anne annuncia alla figlia di avere una brutta malattia.
Sono ben consapevole della possibilità che questo sia il mio ultimo Natale, anche se non mi sto “arrendendo”, il verbo che usano tutti, sia che si parli di dolore, sia che si parli di rabbia, sia che si parli di stanchezza. «Non devi arrenderti», mi dicono Magnus, Aslak o Mia, non appena mi azzardo a fare un sospiro profondo o a reggermi la testa con le mani. In quei momenti mi viene una gran voglia di sbraitare, sbattere porte e mandare tutti all’inferno, ma mi trattiene la consapevolezza di dover lasciare loro un bel ricordo di me, un ricordo dolce, il ricordo di una mamma e nonna sorridente, amorevole, allegra, serena.
Madre e figlia da sempre in conflitto per nodi irrisolti del loro passato in famiglia sono costrette a tornare a parlarsi e in qualche modo a rappacificarsi prima che sia troppo tardi.
Fino alla fine non è un libro emotivamente semplice, perché composto da pensieri senza filtri di una madre e di una figlia testarde e diverse che potrebbero non avere più tempo per il rancore e devono superare i preconcetti che le tengono separate.
La bravura di Flatland risiede nell’acutezza di sguardo che senza censurarsi vede e va a toccare i nervi scoperti delle relazioni che si annidano in un contesto del tutto ordinario.
Il lettore viene trascinato dentro le emozioni – non sempre edificanti – di due donne che si scontrano ma si vogliono bene e non sanno come fare a dirselo senza sputare anche la bile insieme alle parole, come succede solo tra chi si conosce da sempre, parte e causa del tutto.
un libro per chi: vuole immergersi nella vita di una famiglia che per certi versi assomigli tanto anche alla sua
autrice: Helga Flatland
titolo: Fino alla fine
traduzione: Alessandro Storti
editore: Fazi
pagg. 284
€ 18,50