Perchè hai scelto Milano?
Questa è una domanda che mi sono sentita fare per parecchi anni, dopo essere arrivata in città nel 2008.
Le persone, di solito, si spostano per lavoro o per amore.
Nel mio caso, nessuna delle due motivazioni è mai stata la risposta giusta.
Nel 2008 ho scelto di trasferirmi a Milano perchè la mia vita romagnola mi annoiava un bel po’.
Un grande amore era finito, un altro non era riuscito ad attecchire, il lavoro era fatto di facce sempre uguali e di azioni ormai mosse dall’inerzia.
Era ormai giunta l’ora di partire e di trasferirsi in una nuova vita dai ritmi più frenetici e sicuramente ricca di possibilità di vivere nuove avventure.
Arrivata da poco, una sera di primavera mi ritrovai a passeggiare per il centro di Milano con quell’amore che non era mai veramente sbocciato.
Una serata imbarazzante, pregna dei silenzi di chi non aveva ben chiaro se lasciarsi andare o passare oltre.
In nostro aiuto arrivò Piazza Duomo, desolata e spenta a quell’ora buia. La attraversammo in diagonale, come per affrettare l’arrivo alla fermata del tram che mi avrebbe riportata a casa, ancora una volta perplessa dai silenzi carichi di tutto e di niente.
Lui si fermò, si voltò verso la statua del buon Vittorio a cavallo e mi disse: “Quando ero piccolo, la facciata di quel palazzo era piena di insegne luminose!”.
Lo disse con la gioia innocente di un ritrovato bambino e il mio cuore, che fino a un attimo prima non sapeva più che fare, in quell’istante si sciolse, un po’ perchè quel tipo buffo io credevo proprio d’amarlo, un po’ perchè la ritrovata tenerezza di quel fanciullo quasi quarantenne disarmò definitivamente le mie rigide aspettative.
Oggi posso dirlo con un certo sollievo: l’amore tra noi non attecchì mai.
Ma Piazza Duomo, da quella sera, ai miei occhi appare sempre così.
Sarete perplessi di trovare un mio pensiero così intimo e inusuale, in questo piccolo angolo di rete riservato ai libri.
È che in questi giorni sto leggendo in anteprima un libro che mi ha rammentato il mio amore per Milano, che ogni tanto giace sopito sotto montagne d’inutile stress.
Milano di carta
Michele Turazzi, come me, non è nato a Milano.
È mia ferma convinzione che chi arrivi qui per scelta o per necessità, provi per questa città un sentimento molto più profondo di chi ci nasce. Costretti a imparare a conoscerla, volenti o nolenti, noi immigrati sviluppiamo nei confronti di Milano il desiderio di una profonda intimità, che chi qui è nato spesso tende a dare per scontata, con un pizzico di giustificata superficialità.
Turazzi, laureato in Letteratura e arrivato a Milano tredici anni fa, ha imparato a conoscerla attraverso lunghe passeggiate, che lo hanno inevitabilmente condotto a guardare scorci, strade e quartieri con gli occhi dei grandi scrittori del Novecento. Autori indimenticabili, che in questa città sono nati, hanno vissuto o, semplicemente, sono passati.
Nasce così questa guida letteraria che è un piccolo gioiello preziosissimo per chi ama leggere e in questa città vive o per chi da qui vuole passare, tralasciando i banali itinerari turistici.
In Milano di carta troviamo il Duomo e il Teatro alla Scala visti da Hemingway, la Brera del toscano Luciano Bianciardi, la Comasina dell’adorato Buzzati, Scerbanenco e le anime nere di Lambrate e Città Studi, via Paolo Sarpi raccontata da Lalla Romano.
Poi ancora la Milano di Vittorini, Testori e Gadda, i Navigli della poetessa più amata, Alda Merini, gli anni Ottanta da bere di Emilio Tadini.
Ogni capitolo contiene pure una bonus track, perchè Turazzi di Milano sa ormai quasi tutto ed è così generoso da condividere con tutti i lettori altre fondamentali curiosità.
La vita agra comincia nel cuore di Brera, ma Milano non è nominata neppure una volta in tutto il romanzo. Le vie e le piazze vengono occultate dietro a nomi inventati, seguendo un procedimento simile a quello compiuto da Gadda per la Brianza della Cognizione del dolore. Bianciardi si diverte a giocare con la toponomastica, ma per chi conosce le regole del gioco non è difficile intuire quali sono i luoghi cui si riferisce. Così, dietro via Adelantemi si nasconde via Fiori Oscuri (adeloi anthemoi in greco), mentre il punto in cui questa inverte il suo nome altro non è che l’incrocio con via Fiori Chiari. Allo stesso modo via Brera diviene via della Braida, mentre la strada dal nome risorgimentale in cui, «al terzo piano del numero otto», abita il protagonista è via Solferino che, all’estremità opposta, accoglie anche la sede del «Corriere della Sera».
All’incrocio tra via Brera, via Fiori Chiari e via Fiori Oscuri sembra tutto come allora, almeno al primo sguardo: i caffè e le trattorie, i ciottoli sul selciato spezzati da due strisce di pietra liscia, l’Accademia e la Pinacoteca. Soltanto lo spirito è diverso.
Milano di carta fa parte della collana Le città di carta edita dalla casa editrice palermitana Il Palindromo, che cura pubblicazioni davvero particolari e molto interessanti.
I disegni di copertina dell’intera collana (Palermo, Catania e Roma) sono di Simone Geraci.
Il libro sarà presentato sabato 24 marzo alle ore 18 a Bookpride, in via Bergognone 34 a Milano.
Domani sera, venerdì 23 marzo, l’autore sarà presente alla passeggiata per la città.
un libro per: il turista letterario e per i milanesi, di nascita o d’arrivo, che vogliano giurare amore eterno a questa magnifica città.
autore: Michele Turazzi
titolo: Milano di carta
editore: Il Palindromo
pagg. 168
€ 15
la dattilografa di fronte al Duomo della Kores che si muoveva sul serio e per me bambina, in un’epoca non tecnologica, era già magia. Grazie per avermi restituito un pezzo della mia amatissima Milano perduta. Continuo ad amarla nelle sue evoluzioni e con le sue contraddizioni, se ci fosse un mare vicino sarebbe perfetta (anche un clima migliore non guasterebbe)
Anche “l’amore che non attecchì mai” mi parlava sempre della dattilografa!
Cara Sandra, so per certo che ameresti la guida di Turazzi, ricca di citazioni letterarie e di storie milanesi.
P.S. io non amo il mare, Milano mi va benissimo così!
A 8 anni Milano era enorme e una passeggiata in Duomo una vera e propria gita. Che non poteva finire senza dare un saluto alla “Signora che scrive”, prima di scendere in metrò.
Ciao TIPO, volevo dirti pubblicamente che ti amo un bel po’!
Sono arrivata a Milano quasi 24 anni fa e, in tutto questo tempo, ho provato qualunque tipo di sentimento per questa città. Ancora oggi non ho capito che specie di rapporto abbiamo messo in piedi noi due, ma una cosa la so: quando vado via mi manca. E’ qui che mi piace tornare, anche quando scappo. Non vedo l’ora di avere tra le mani questo libro. Ci vediamo domani alla presentazione!
Ste, il libro è speciale, come la nostra Milano! Sono sicura che lo amerai quanto me.
Ci vediamo domani!