12 storie di dischi irripetibili, musica e lampi di vita di Carlo Boccadoro

12 storie di dischi irripetibili, musica e lampi di vita Carlo Boccadoro

Ci sono due modi per leggere 12 storie di dischi irripetibili, musica e lampi di vita di Carlo Boccadoro, uscito per SEM lo scorso gennaio.
Il primo è quello di prendersi qualche ora, per divertirsi nella lettura del saggio e memoir del compositore, musicista e musicologo Boccadoro.
Il secondo, un pochino più impegnativo, è quello di prendersi qualche giorno, per alternare la lettura di ogni capitolo all’ascolto del disco a cui è dedicato.
Io ho scelto la seconda modalità e devo dirvi, lettrici e lettori geniali, che oltre a essermi divertita tantissimo, adesso mi sento anche un pochino più colta, tanto da considerarmi addentro alle dinamiche musicali non convenzionali di questi folli artisti capaci di incidere dischi con il coro di trecento tacchini.

12 storie di dischi irripetibili, musica e lampi di vita

È decisamente un memoir quello che Boccadoro ha scritto, riportando su carta i ricordi legati ai suoi primi approcci alla musica ma anche le vicende quotidiane del compositore. Ritroviamo quindi aneddoti spiritosissimi del giovane Carlo che va a comprare dischi (e forse, seppur negandolo fermamente, uno di quei vinili era inciso nientepopodimeno che dai Ricchi e Poveri!), ma anche dello studente che impara a contare le battute e che diventa, con dedizione che va a perfezionare il grande talento innato, l’uomo che è oggi.
Non mancano nemmeno le critiche, e infatti Boccadoro si toglie lo sfizio di mirare qualche fendente puntuale e sarcastico, come quello in memoria dell’ormai defunta Orchestra Sinfonica della Rai di Milano, assassinata dalla supponenza di politici e burocrati musicalmente analfabeti.

Il libro, però, va oltre il racconto personale dell’autore, che con la dote dei grandi maestri divulgatori, ci accompagna alla scoperta e nell’analisi di alcuni dischi che difficilmente – ammettiamolo – avremmo ascoltato.
Oltre ai tacchini, ai lupi e alle orche di Jim Nollman, scopriamo il grande dolore della bistrattata Yoko, che per interminabili minuti pronuncia la parola WHY? in uno dei brani di “Yoko Ono / Plastic Ono Band”, poi arriviamo alla musica nella pancia di Karlheinz Stockausen, quasi irriproducibile dal vivo.

Il capitolo più vivido e intenso è dedicato a “Event ‘76” degli Area, con il racconto dettagliato e senza filtri, di un loro mitico concerto milanese.

Il 27 ottobre del 1976 l’Aula Magna dell’Università Statale di Milano era strapiena di gente. C’ero pure io r ricordo bene la confusione che regnava ci si accalcava in ogni angolo, c’erano persone sedute, in piedi, tutti compresse l’inverosimile per poter ascoltare il concerto gratuito di uno dei gruppi più popolari all’epoca tra i ragazzi del Movimento Studentesco, gli Area.

Il fascino della radio di notte anticipa la dettagliata analisi di “Disoccupate le strade dai sogni” di Claudio Lolli, mentre la magica e unica atmosfera di New York fa da sfondo al ritratto che Boccadoro traccia del grande Philip Glass e della sua musica minimalista.

Per chi ama il jazz, New York e il Village Vanguard sono mete imprescindibili, ed è seguendo Boccadoro nel mitico locale che ha visto suonare i più grandi musicisti del genere che veniamo di fatto introdotti alla scoperta del bizzarro solista di cornamusa jazz, per di più afroamericano, Rufus Harley.

Ascoltando i musicisti appare evidente come l’esperienza del jazz dal vivo sia fondamentale per la comprensione di questo linguaggio musicale. Non a caso quasi tutte le persone che trovano questa musica noiosa hanno avuto modo di conoscerla solo attraverso l’ascolto di dischi, senza mai partecipare a un concerto. Anche la musica classica si apprezza meglio dal vivo, ma il jazz ha assolutamente bisogno di essere vissuto in questa maniera, nessuna registrazione potrà mai rendere appieno l’elettricità che si addensa nell’aria, la telepatia tra i musicisti, l’energia continuamente travasata tra il palcoscenico e gli ascoltatori.

Sono veramente tantissimi gli aneddoti personali e musicali che l’autore cita per avvicinarci all’ascolto di dischi come “Luxa” di Harold Budd o “Jamming with Edward” di Mick Jagger, Charlie Watts, Bill Wyman, Ry Cooder e Nicky Hopkins, fino ad arrivare agli episodi che raccontano più intimamente i timori, le gioie, le delusioni e pure le arrabbiature del Boccadoro compositore, e che ci introducono alle opere di due grandissimi maestri della musica contemporanea e d’avanguardia, come Luciano Berio e John Cage.

Merita particolare attenzione il capitolo dedicato al misterioso “The black album” di Prince, che per il Maestro Boccadoro è l’occasione per ricordare, con tanta ironia, alcuni concerti non portati a termine.

Carlo Boccadoro, forte di una curiosità e di una sete di conoscenza non certo comuni, si conferma un luminare nel racconto musicale, capace di fare luce su dischi troppo spesso dimenticati e riuscendo ad avvicinare i lettori alla musica contemporanea, solitamente considerata troppo eccentrica per essere realmente apprezzata da un pubblico più popolare e comune.
Intento bello, anzi bellissimo, e qui perfettamente riuscito.
Chapeau.

12 storie di dischi irripetibili, musica e lampi di vita di Carlo Boccadoro

un libro per chi: ama la musica e ha voglia di uscire dagli schemi, per addentrarsi in quella non convenzionale

autore: Carlo Boccadoro
titolo: 12 storie di dischi irripetibili, musica e lampi di vita
editore: SEM
pagg. 222
€ 16

Chi ha scritto questo post?

Emiliano-romagnola, ragazzina negli anni ’80, si è trasferita a Milano nel 2008 e per molto tempo è stata un "angelo custode di eventi".
Da anni si occupa anche di libri: modera incontri letterari, ha ideato e realizzato la rassegna Segreta è la notte e conduce diversi gruppi di lettura.
Pratica mindfulness dal 2012, sogna sempre le montagne e ascolta musica jazz.
È meno cattiva di quello che sembra e vorrebbe morire ascoltando “La Bohéme” di Puccini.

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